FOSCARI, Alvise
Terzo dei figli maschi di Alvise, detto Giovanni di Alvise, del ramo a S. Simeon Piccolo, e di Marta Dal Poggio, nacque a Venezia il 3 ag. 1724. La famiglia (quella paterna, giacché la madre rientrava nel ceto dei cittadini) era tra le più prestigiose della Repubblica, ma l'alto numero dei componenti che aveva caratterizzato le ultime generazioni ne aveva indebolito notevolmente le capacità economiche. Questo può forse contribuire a spiegare la precoce scelta del F. di intraprendere la carriera militare nell'armata marittima: il 4 maggio 1743 accettò l'elezione a nobile di nave, entrando a far parte della flotta sottile che operava nell'Adriatico, il cui dispositivo era stato allora rafforzato, in conseguenza della neutralità armata proclamata dalla Repubblica nel corso della guerra di successione austriaca; quindi, il 13 dic. 1747, diventava governatore di nave, ossia comandante.
Rimase nella flotta sino alla cessazione delle ostilità, dopo di che trascorse alcuni anni a terra, ricoprendo la carica di patrono all'Arsenale (dal 24 giugno 1753 al 23 febbr. 1756) e poi quella - che possiamo immaginare meno consentanea ai suoi interessi - di depositario al Banco Giro, dal 6 ott. 1756 al 5 gennaio dell'anno seguente.
Ma si trattò solo di brevi parentesi nell'arco di una carriera destinata a svolgersi in gran parte sul mare, e il 17 maggio 1759 (era in corso la guerra dei Sette anni) il F. accettava la nomina a comandante della nave patrona (in sostanza, di una parte dell'armata grossa), dopo di che otteneva, in rapida successione, l'incarico di almirante (28 apr. 1762) e di capitano delle navi (13 apr. 1765). Il ripristino della pace, cui fecero seguito gli accordi commerciali con i Barbareschi, consentì al F. di riprendere per qualche tempo il suo posto nel Maggior Consiglio, dove ottenne gli incarichi di conservatore del Deposito (2 dic. 1773-30 ag. 1775) e di esecutore contro la Bestemmia (31 ag. 1775-30 ag. 1776), allo scadere dei quali, il 3 ag. 1776, veniva eletto provveditore generale in Dalmazia e Albania.
Vi rimase dal settembre 1777 all'ottobre 1780, cimentandosi con gli endemici mali che affliggevano la provincia: la peste anzitutto e poi ancora la siccità, con l'inevitabile conseguenza della carestia. Gravi problemi, peraltro puntualmente ricorrenti nei dispacci dei provveditori. Dove invece il bilancio conclusivo del reggimento, letto dal F. in Senato il 14 dic. 1780, presenta ai nostri occhi elementi di novità è nel modo in cui viene denunciato il malessere delle popolazioni, condizionate dal persistere di una economia rurale quanto mai depressa.
Esigui, o nulli del tutto, apparivano infatti i risultati delle pur "virtuose viste" del predecessore Francesco Grimani, autore, un quarto di secolo innanzi, di una serie di leggi che avrebbero dovuto incentivare l'agricoltura del paese, così come velleitari e inconcludenti si dimostravano gli ingenui entusiasmi degli animatori delle accademie agrarie, che da qualche anno sorgevano a Zara, Spalato, Sebenico, Traù. Non su tale base, a parere del F., si sarebbe verificata l'auspicata ripresa economica della regione; il punto nodale stava invece nel legare i Morlacchi alla terra, affidandola loro non in semplice concessione, come accadeva, ma in proprietà: si avverte in qualche modo nello scritto l'eco delle teorie dibattute in quegli anni e, forse, la reminiscenza di letture di ispirazione fisiocratica.
Tornato in patria, il 19 genn. 1782 fu eletto provveditore generale da Mar; giungeva così all'apice della carriera militare, proprio nel momento in cui i rapporti tra Venezia e i pirati barbareschi andavano rapidamente deteriorandosi. Lasciò la città il 7 sett. 1782 e a fine mese era a Corfù.
Della sua permanenza nell'isola restano due filze di dispacci spediti al Senato: tra le abituali occupazioni il F. trovò modo di stilare dettagliati elenchi di militari, munizioni, approvvigionamenti, scorte relative alle navi, all'arsenale, alle fortezze dislocate nelle isole Ionie; inoltre la lucida drammatica descrizione dei guasti causati dal terremoto che devastò Santa Maura nel febbraio, e poi ancora nel giugno del 1783.
Inviò il suo ultimo dispaccio da Argostoli, in Cefalonia, il 16 dic. 1783, annunciando l'imminente rientro a Corfù. Invece cadde malato e morì qualche giorno dopo, nella notte tra il 27 e il 28 dic. 1783.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta, 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, p. 515; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni Maggior Consiglio, reg. 28, c. 9; ibid., Elezioni Pregadi, regg. 23, cc. 123, 147; 24, cc. 98, 118 ss.; 25, cc. 20, 56, 99, 144, 177. Per il servizio prestato nella flotta come almirante, Ibid., Provveditori da Terra e da Mar, f. 1360; per il provveditorato in Dalmazia e Albania, ibid., ff. 636-640; sul provveditorato generale da Mar, ibid., ff. 1042 s.; la relazione in Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Cod. Cicogna 3543/31. Cfr. inoltre: S.S. Minotto, Nella partenza dell'ecc.mo sig. A. F., III provveditor generale in Dalmazia, et Albania. Orazione…, Zara 1780; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v., tav. II.