CANAL, Alvise
Nacque a Venezia, intorno all'anno 1465, da Luca. La vita politica e militare cominciò ad assorbirlo assai presto: il 28 settembre del 1481 infatti, viene nominato "caput sexteriorum", e "consiliarius Corphorum" il 2 apr. 1491. Nell'aprile del 1500 è inviato alla guardia del castello di Corfù, in un momento in cui la presenza turca si rende minacciosa per tutto il sistema commerciale e militare veneziano in Levante, ed una riorganizzazione delle principali piazzeforti si fa vieppiù necessaria.
L'impegno di rendere il castello "inexpugnabele cumpocha spexa et brevissimo tempo" gli si presenta impellente. Ma l'impresa diviene ben presto assai difficile per la mancanza di denaro e per l'estrema povertà del luogo. Come è possibile, scriveva a Venezia il 1º sett. 1501, analizzando acutamente una difficile situazione, rendere sicuro un castello, una base qualsiasi, senza preoccuparsi della vita della popolazione, senza investire denaro per fornire lavoro a dei "poveri provisionati che da grandissima necessità per la penuria de ogni cossa... fugino alla giornata", ed in terre misere e spoglie? Sì, in un anno di permanenza al castello è riuscito a provvederlo "del tuto, dentro e modificate le cisterne, per cui vi è "aqua per ogni occurentia per mesi viginti" mentre in precedenza "erano putride e piene de fango"; costruiti due "lochi abillissimi" a conservare quantità notevoli sia di biscotto che di polvere, in quanto reputa il "pane, l'aqua, ella polvere le prime cose siano necesarie in una forteza"; infine, ha migliorato sia le mura che le "retrate" traendole dal "saxo vivo". Tuttavia, tutto ciò restava insufficiente; e qualora, ribatteva, non si fosse provveduto, ed in tempo breve, alla vita materiale del popolo, ai suoi bisogni di ogni giorno, al suo lavoro - e per questo occorreva denaro, molto denaro - queste opere di difesa, tecnicamente perfette, al primo urto avrebbero ceduto. Si muti, pertanto, politica, si sensibilizzino i vari provveditori ("Da mi, scriveva, non mancherà ogni solicitudine, pur habia el modo"), se non si voleva mandare alla rovina il complesso sistema difensivo veneziano.
Ma l'interessante, aperta problematica del C. viene troncata dalla fine del suo mandato, quando l'8 ottobre dello stesso anno abbraccia la vita di mare con la nomina a sopracomito. D'altronde, un filo diretto lega l'analisi compiuta nell'esperienza di provveditore all'azione di sopracomito prima, e poi di uno dei maggiori responsabili della flotta veneziana, cioè il tentativo di rinnovare oltre alle strutture militari, ed in particolare quelle navali, anche gli uomini, renderli servi fedeli del "ben" della Repubblica. A lungo, del resto, resta sopracomito, dall'ottobre 1501 al 4 apr. 1510, con un breve intervallo, compreso fra il 31 dic. 1509 e il 23 genn. 1510, quando deve restare in Istria con la sua galea "sotil", fare il punto della situazione navale ed esporre una relazione al provveditore dell'armata. Segue la breve parentesi (agosto-novembre 1511) caratterizzata dalla difesa di Treviso insieme a Vitello Vitelli: il "ben" di Venezia lo trascina ovunque sia necessario difenderlo. Infatti, giunge a Treviso "con 10 homeni et 2 cavalli", ma gran parte delle spese risulta a suo carico. Anzi, avendo terminato il mandato, che aveva la durata di un solo mese, lo prolunga spontaneamente di un altro sempre con "10 homeni" ed il completo carico delle spese.
Il ritorno a Venezia il 9 nov. 1511 lo immerge di nuovo nei problemi orientali, quei problemi la cui soluzione toccava direttamente il destino di Venezia. Ed immutato è il modo di affrontarli: il 6 giugno 1512, infatti, assieme a Domenico Zorzi, in qualità di "provedador sora i officii e cosse dil regno di Cypri", emette sentenza "contra li capitani stati in Candia", imponendo il rendiconto del loro operato alla Signoria. Il 20 febbr. 1513, infine, vede il suo ritorno al mare come sopracomito. Sensibili mutamenti, nel frattempo, sono avvenuti nel Mediterraneo. Non solo il pericolo turco è aumentato, ma pure la pirateria ha assunto un ruolo decisivo nella vita economica mediterranea, con le sue infiltrazioni nel Mediterraneo centrale e orientale. Essa non èpiù un pericolo lontano per Venezia, come solo qualche decennio prima; ormai le sue stesse vie marittime sono intaccate, scalfite. Il C. vive questi tempi "difficili" della storia veneziana con grande impegno. Nell'aprile del 1517, pur avendo ricevuto una somma di quattrocento ducati, e dopo aver "posto bancho zà assa' mexi" nel tentativo di armare una galea in vista del trasporto degli oratori al Turco, è sul punto di desistere per la notevole difficoltà di reclutare "zurme". Finalmente, il 3 giugno, è in grado di trasportare gli oratori, e il 25 è a Corfù. Nell'ottobre, tuttavia, riceve l'ordine di restare "in armata" per i bisogni navali sempre più impellenti; e il 15 nov. 1518 lo raggiunge la nomina diviceprovveditore in armata.
Ma già il 1º dicembre deve partire "con 3 galie et do di Alexandria grosse... a Saragosa, di Barbaria", per soccorrere "le galie di Baruto" attaccate e predate. Dopo un viaggio "asprissimo", il 29 può comunicare che "quelle navi di corsari, capitanio fra' Ianuzo, se erano levate et do andate verso Malta, et una venuta inver Levante, qual bombardò questa nave... Si tien le galie di Barbaria sarano levate e presto sarano de qui".
Le vicende seguenti sottolineeranno una congiuntura navale assai tesa per la Repubblica. Pur avendo il C. una galea vecchia e "mal in ordine" (mancherebbero cinquanta uomini d'equipaggio), gli impegni aumentano di giorno in giorno. Il 22 marzo 1519 si trova, solo, e con un'unica galea, alla difesa di Argirocastro "loco di Corphù... nudo di ogni presidio... poche monition"; nell'aprile, anche Corfù risulta a una visita "mal in ordine", mentre verso Modone "14 fuste turchesche... oltra li corsari" determinano pericolo e preoccupazione. Gli impegni del novembre e dicembre 1519, che lo vedono diviso fra Trapani, Tunisi e Corfù occupato nel trasporto di oro e argento in quantità, mettono in luce ulteriori debolezze nel sistema navale veneziano, in particolare la scarsità di biscotto negli approvvigionamenti, il caos delle informazioni sui movimenti delle navi turche e corsare, per cui i sopracomiti, sovente, dovevano basarsi solo sul "rumor de zurme", e la discontinuità degli ordini ricevuti. E nel lasciare l'incarico, il 17 dic. 1519, non poteva mancare una sua decisa presa di posizione per un insieme di provvedimenti che divenivano, ormai, indilazionabili.
Nei primi mesi del 1521 il suo nome compare ripetutamente nelle "ballottazioni" dei numerosi scrutini, come in quello di provveditore generale in Dalmazia; e il 24 ottobre è nominato provveditore di Asola. Un incarico di breve durata (termina il 28 giugno 1522) a cui segue, il 25 genn. 1523, la nomina a capitano del Golfo. Ormai il ruolo di direzione, e di denuncia, lo occupa interamente. Avverte profondamente l'importanza di una carica che lo pone alla difesa della parte più intima e vitale della Repubblica, una parte per il momento ancora fuori dalla minaccia corsara, dove però, gradatamente, cominciano ad avvertirsi i segni dell'allargamento della generale crisi mediterranea. Se il 1º febbr. 1523 è ai vespri in S. Maria Formosa, in assenza del doge, vecchio e malato, "a portar la spada vestito di scarlato", i mesi seguenti lo vedono tenacemente alla difesa delle coste dalmate.
Le denunce non trovano soste, si infittiscono drammaticamente, segno di una crisi che avanza; come il 23 maggio 1524 quando, da un attento sopraluogo in Arbe, risulta che "le mure" minacciano "ruina" e manca ogni efficace difesa. Certo, aggiunge, la vittoria di Clissa contro i Turchi dell'aprile 1524 riportata da Pietro Crusich ha allontanato il pericolo di un totale assoggettamento della Dalmazia al Turco, e "se pol dir tutta Dalmatia esser libera"; tuttavia, il pericolo è sempre in agguato, e può avvenire l'irreparabile se non si procede a una radicale azione di rafforzamento delle linee difensive e a una riforma delle strutture navali che elimini i numerosi abusi che vi allignano. E analoghi saranno gli accenti nella relazione presentata in Collegio, il 30 apr. 1525, terminato l'incarico essendo stato "assa' tempo fuora": necessità di rafforzare il porto di Sebenico, cardine del sistema difensivo dalmata contro i Turchi: se cadesse, il Turco "el potria passar in Italia a maxima ruina de christiani et presertim de questo illustrissimo stado"; analogo bisogno per Zara. Ma, soprattutto, erano i bisogni materiali della flotta a rendere particolarmente acceso il suo resoconto: la "bona, quantità" di biscotto, e "tenir li... poveri galioti ben contenti, dandoli li sui danari almeno de do mesi in do mesi, et metter qualche bon ordine alli suoi biscotti, deli qual si fanno mercantie". Era un sottolineare la precarietà di strutture di cui la sconfitta della Prevesa, appena un decennio più tardi, contribuirà a lumeggiare l'intrinsecadebolezza.
Morì nel luglio 1528, in Puglia, a Pulignano, di peste, appena nominato, ancora una volta, provveditore. Aveva sposato una figlia di Marc'Antonio Malipiero da Corfù.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di Rettori, b. 291; Segretario alle voci, reg. 6; Venezia, Civico Museo Correr, ms. Cicogna 2889: G. Priuli Pretiosi frutti del Maggior Consiglio..., I, Venezia 1619, c. 121v; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. It., cl. VII, 925 (= 8594): M. Barbaro, Geneal. di fam. patrizie venete, II, c. 206r; M. Sanuto, Diarii, IV-XLVIII, Venezia 1880-1897, ad Indices;E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, pp. 291 s.; Commissiones et relationes venetae, a cura di S. Ljubić, I, Zagabriae 1876, pp. 168 s.