BRAGADIN, Alvise
Figlio di Francesco di Vittore e di Elena di Nicolò Molino, nacque nel 1432, poiché il 20 nov. 1450 lo zio paterno Nicolò, in luogo del padre defunto, lo presentava all'Avogaria di Comun per concorrere all'estrazione della "balla d'oro", che dava diritto all'anticipato ingresso nel Maggior Consiglio di Venezia, avendo egli compiuto i diciotto anni d'età.
Poco sappiamo della sua giovinezza e dei primi cinquant'anni della sua vita, ed è assai probabile che il silenzio delle fonti significhi che, secondo le migliori tradizioni del patriziato veneziano, si fosse dedicato interamente alla mercatura, per volgersi soltanto in età matura alla vita pubblica. L'unica notizia di questo periodo concerne il suo matrimonio avvenuto nel 1455 con Cecilia di Francesco da Canal.
Se questa ipotesi è esatta, certo il suoingresso nella politica avvenne con tutti gli onori che spettavano ad un patrizio ricco ed influente. Lo troviamo infatti podestà e capitano di Treviso nel 1482, poi avogadore di Comun e nel 1484 savio di Terraferma. Fu poi eletto tra i quattro oratori straordinari che nel principio del 1485 andarono a Roma per rendere omaggio al nuovo papa, dopo che Innocenzo VIII, per assicurarsi la benevolenza della Repubblica nel conflitto che si profilava contro re Ferrante di Napoli, aveva revocato le sanzioni ecclesiastiche inflitte da Sisto IV a Venezia. Giunti a Roma il 27 marzo, gli ambasciatori prestarono obbedienza al papa nel concistoro del 27 giugno, e poi si affrettarono a lasciare la città dove cominciava a serpeggiare la peste, ritornando a Venezia il 4 luglio.
Il B., affermatosi ormai come uno dei più autorevoli uomini politici veneziani, era destinato a sedere in permanenza nei consigli che costituivano il governo della Repubblica, con la sola interruzione dei periodi in cui fu inviato a reggere alcune città suddite. Rieletto al suo ritorno savio di Terraferma, poi savio del Consiglio e successivamente nel Consiglio dei dieci, nel 1489-90 fu luogotenente della Patria del Friuli, nel 1490 venne eletto consigliere ducale per il sestiere di Castello, poi savio del Consiglio, finché nel gennaio del 1492 assunse la carica di capitano di Padova, che tenne sino alla fine di maggio o al principio di giugno del 1493. Ritornato a Venezia riprese il suo posto nel governo della Repubblica, alternando di anno in anno l'ufficio di savio del Consiglio con quello di consigliere ducale.
Quando il 12 nov. 1497 fu eletto procuratore di S. Marco, il Sanuto lo definì "patricio di buona fama, catholico et molto religioso, et etiam in collegio operato e consejer et savio del consejo". Nelle questioni politiche più delicate, infatti, il suo consiglio era tra i più autorevoli e ascoltati. Nel gennaio del 1496, assieme a Giovanni Morosini e Lorenzo Priuli formava la delegazione che trattò con successo per conto della Repubblica con gli oratori del re di Napoli i capitoli della lega in base ai quali Venezia inviò un'armata navale e truppe nel Regno per scacciarne i Francesi, ottenendo in compenso Trani, Brindisi e Otranto. Il 1º giugno 1498 il Senato lo elesse in una zonta del Collegio: infatti "per le cosse di stato bisognava molto consultar" a causa della guerra di Pisa, che Venezia sosteneva contro i Fiorentini, determinando una grave tensione nei rapporti col duca di Milano. E quando nel settembre di quell'anno furono avviate, per la mediazione dell'ambasciatore spagnolo, trattative con gli oratori fiorentini nella speranza di pervenire ad una composizione del conflitto, il B. fece ancora parte della delegazione veneta.
Aggravatosi intanto il contrasto con Ludovico il Moro, e succeduto Luigi XII sul trono di Francia Venezia veniva maturando una svolta politica decisiva per la storia d'Italia. Nelle appassionate discussioni che si svolsero nel Senato veneziano dal 15 al 21 nov. 1498, il B., allora savio del Consiglio, sostenne la necessità di concludere l'alleanza con la Francia, sancita poi nel patto di Blois (4 febbr. 1499): anch'egli probabilmente come quasi tutti i senatori veneziani, non prevedendo le gravi conseguenze che ne sarebbero derivate per Venezia e per tutta l'Italia, coltivava nel suo intimo la convinzione che i Francesi non sarebbero riusciti a mantenersi a lungo in Lombardia, e che tutto si sarebbe risolto con un nuovo guadagno territoriale per la Repubblica di S. Marco.
Il 31 dic. 1498 il B. esce dal Collegio e non vi viene più rieletto, fors'anche perché la sua salute ormai era in netto declino. Nell'ottobre del 1499, infatti, essendo stato eletto tra i cinque deputati ad ascoltare i "capitoli" proposti dagli oratori di Cremona, recentemente conquistata, ne impediva i lavori a causa della propria malattia. Ormai infermo, compare rare volte in pubblico. Il 30 sett. 1501 è eletto tra i quarantuno elettori del doge, segno del prestigio che continuava a godere, ma deve rinunciarvi perché malato. Il 21 marzo 1503 è designato insieme con Domenico Morosini a trattare col legato pontificio a proposito di certi benefici.
La morte lo colse a Padova il 4 sett. 1503. Lasciò tre figli: Andrea, Francesco e Antonio, che, essendo nel 1509 podestà e capitano di Rovigo, all'inizio della guerra di Cambrai fu catturato dal duca di Ferrara e morì in prigionia.
Fonti eBibl.: Arch. di Stato di Venezia Avogaria di Comun, reg. 163 (Balla d'oro, II)c. 52r; reg. 107 (Cronaca matrimoni), c 23v; Ibid., M.Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p. 138; Ibid., G. A. Capellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, c. 520; Venezia, Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, pp. 93 s.; D. Malipiero, Annali veneti, in Arch. storico ital., VII (1843), p. 298; M. Sanuto, Diarii, I-V, Venezia 1879-1881, ad Indices; I libri commem. della Repubblica di Venezia, a cura di R. Predelli, VI, Venezia 1903, p. 16; Iohannis Burchardi Liber notarum, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXXII, 1, a cura di E. Celani, pp. 114, 116 s.; A. Gloria, Dei podestà e capitani di Padova dal 1405 al 1509, Padova 1860, p. 34; L. v. Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1942, p. 217.