LUNA, Álvaro de
Figlio naturale di Álvaro de Luna, rico hombre d'Aragona, signore di Juvera, Alfaro, Cornago e Canete, e della moglie dell'alcaide di Canete, nacque a Canete nel 1388. Uno zio paterno, don Pedro, arcivescovo di Toledo, lo condusse alla corte del re di Castiglia, e qui seppe conquistarsi l'animo del monarca, Giovanni II, sì che in breve tempo poté assumere le redini del governo dello stato. Qui ardeva viva la lotta con i due infanti d'Aragona don Giovanni e don Enrico, e la nobiltà castigliana ne traeva profitto per conservare e rafforzare la sua indipendenza dal sovrano. Il de L., che nel 1423 fu nominato contestabile di Castiglia, riuscì a far prigioniero Enrico, e la nomina a re di Navarra di Giovanni per il momento richiamò altrove l'attenzione di quest'ultimo. Ma allora in difesa dei fratelli si schierò il re d'Aragona Alfonso V, che attribuì al de L. la causa della rovina del partito aragonese in Castiglia; e si finì per ottenere l'allontanamento del contestabile dalla corte (1427). Tuttavia l'esilio durò poco tempo, ché per i gravi disordini scoppiati nel paese dopo la partenza del de L., anche la nobiltà a lui ostile ne domandò il richiamo, ed egli in ricompensa fu posto alla testa dell'Ordine di Santiago (1429). Seguirono anni di congiure e di conflitti con i principi aragonesi e con l'aristocrazia, e di guerre con i Mori di Granata, che il 10 luglio 1341 furono rudemente sconfitti nella battaglia de La Higuerula. Se Alfonso V si allontanò dalla contesa, in lizza restavano il re di Navarra e don Enrico, e ad essi si aggiunse anche Enrico principe delle Asturie. Nel 1439 il de L. fu di nuovo esiliato, ma ancora una volta riprese il sopravvento e la vittoria di Olmedo (19 maggio 1445) parve dovesse assicurargli per sempre il potere. Sennonché, schieratasi contro di lui la regina, Isabella di Portogallo, che egli riteneva sua sostenitrice perché opera sua era stato il suo matrimonio, e che agì sull'animo del sovrano, e da tutti abbandonato, ai primi di aprile del 1453 si diede prigioniero e il 2 giugno fu giustiziato nella piazza pubblica di Valladolid.
Perfetto cavaliere in pace ed in guerra, come disse un cronista, "más usó de poderío de Rey que de caballero", fiero nemico dell'anarchia nobiliare e dell'intervento dello straniero nel governo dello stato, può considerarsi il vero precursore dei re cattolici, anche se l'opera sua, alla quale diede tutto sé stesso e anche la vita, non ebbe per il momento lo sperato effetto; scrittore e musicista, anche nelle belle arti rivelò il suo talento e scrisse il Libro de las virtuosas é claras mujeres, di notevole interesse per le idee morali e politiche che furono in esso sviluppate. La fantasia del popolo s'impossessò della sua memoria, e, come vittima della fatalità, considerò il suo martirio come "ultima consacrazione della sua gloria".
Bibl.: Il suo Libro è stato pubblicato dalla Sociedad de bibliófilos españoles, Madrid 1891; per la Crónica de D. Álvaro de Luna, cfr. l'ediz. di J. Miguel de Flores, Madrid 1874; e per la figura del de L. cfr. J. Rizzo Ramírez, Juicio critíco y significación politica de D. Á. de L., Madrid 1865; M. J. Quintana, Vidas de los españoles celebres, II, Madrid 1898; J. Amador de los Rios, in Rivista de España, 1871; L. de Corral, D. A. de L., Valladolid 1915.