ALTORILIEVO (fr. hautrelief; sp. alto relievo; ted. Hochrelief; ingl. highrelief)
Neologismo non accolto dalla Crusca, ma passato nell'uso per significare il tutto rilievo o rilievo vero (Baldinucci). Esso si distingue dal gruppo sintario, perché le figure vi sono subordinate a un piano di fondo; dal mezzo, basso e basso stiacciato rilievo (v. bassorilievo) per la mancanza di riduzione prospettica. L'altorilievo rappresenta un ordine solo di piani; gli oggetti posteriori o vengono sovrapposti convenzionalmente, o sono espressi con le regole del medio e bassorilievo.
Sculture dipendenti da un fondo, senza diminuzione di profondità, ne fecero già gli Egiziani: tali, per esempio, sono le figure nella stele di Ptah-Nefer-Seshem che risale alla VI dinastia, benché lavorata in tutto tondo, tali i colossi scolpiti nella roccia, che formano la facciata del tempio a grotta d'Abū Simbel, della XIX dinastia, modellati soltanto nella parte anteriore (v. abū simbel). Non si conoscono veri altorilievi nelle civiltà del gruppo mesopotamico: qualche particolare appare assai raramente in figure di bassorilievi presso gli Assiri e gli Ittiti. Lo sviluppo di questo genere d'arte si compì presso i Greci per l'applicazione della statuaria all'architettura. Circa dei tempi di Pisistrato è il frontone in calcare dell'Acropoli, con Eracle accolto nell'Olimpo, e l'altro più grande con la lotta dello stesso eroe con Tritone (v. acropoli). Parzialmente in altorilievo è la metopa selinuntina del Museo di Palermo, dello stesso periodo, con la quadriga di fronte: la parte anteriore dei cavalli è plasticamente completa, ma si avverte nel resto una riduzione di volume. Lo stesso modo di lavorare fu adoperato più volte nel sec. VI: così è in altorilievo la testa femminile della base di colonna di Efeso dedicata da Creso (v. bassorilievo). Il gruppo funerario di Dermys e Kitylos, lavoro d' arte beotica della prima metà del sec. VI, ci mostra pure l'esempio di statue aderenti a un fondo (v. grecia: Arte). Nel frontone del vecchio tempio d'Atena sull'Acropoli, la figura del gigante caduto è presentata secondo la prospettiva allora vigente nella pittura e, in tal senso, per nulla differenziata dalla concezione del bassorilievo, per quanto sia lavorata in tutto tondo (v. acropoli). Nel timpano del tesoro di Sifno, a Delfi, sono lavorate come statuette le figure dalla cintola in su.
Il sec. V, perfezionando la prospettiva e lo stile, diede nuovo carattere a questa sorta di opere. Ricordiamo una figura tombale del Museo Vaticano, appartenente all'indirizzo plastico del trono Ludovisi (v. bassorilievo); l'originale può datarsi circa al 470 a. C.: nella testa sono applicate le regole dello scorcio statuario, in rapporto alla veduta principale. Sul tempio di Zeus a Olimpia, mentre v'è riduzione di profondità in alcune figure del frontone, le metope presentano mirabilmente collegato il rilievo pieno a quello ridotto. Lo stesso possiamo dire di quelle del Partenone, tralasciando i timpani che hanno carattere pienamente statuario. Nel sec. IV l'altorilievo trovò in Atene una frequente applicazione nelle edicole dei monumenti funerarî, nelle cui rappresentazioni figurate è manifesto l'influsso dello stile di Scopa. Due figure con pochissima contrazione di profondità ci presenta l'edicola di Demetria e Panfile (v. grecia: Arte), lavoro che molto conserva della grandiosità del sec. V. Sul sarcofago sidonio d'Alessandro (v. bassorilievo) sono numerosi gli elementi isolati nello spazio, specialmente nella scena di caccia.
L'età ellenistica produsse un capolavoro non mai superato per mole e grandiosità di stile: il fregio della grande ara di Pergamo, dedicata dal re Eumene II verso il 180 a. C. Ogni figura può dirsi una statua, benché faccia massa col fondo; la fantasia delle mosse e dei raggruppamenti non potrebbe essere più ricca, né l'armonia delle linee e dei volumi più felice. S'aggiunga la scienza completa delle forme e la più poderosa efficacia degli scuri. Talune parti digradano in bassorilievo.
Gli Etruschi seguirono i metodi tecnici dell'arte greca nella decorazione fittile dei frontoni. Un esempio notevole di fregio in altorilievo di carattere tuscanico e d'età ellenistica in paese piceno, è quello del tempio di Civitalba, poco lungi da Sassoferrato; rappresentava la fuga dei Celti dal santuario delfico, e ne restano frammenti notevoli. Dello stesso periodo, forse un po' anteriori, sono pure le Lase (genî femminili della morte); scolpite sopra un'urna cineraria della tomba dei Volumnî presso Perugia (v. etrusca, scultura).
A Roma, verso l'inizio dell'Impero, invalse l'uso di scolpire busti di fronte, entro nicchie quadrangolari sui monumenti funebri. Siffatta moda si sviluppò e si propagò alle provincie. Più tardi i ritratti delle are funerarie e dei sarcofagi furono scolpiti entro tondi (imagines clipeatae). Nei grandi rilievi di soggetto imperiale troviamo spesso figure o parti di esse modellate senza riduzione di profondità. Ne hanno, per citare degli esempî, il fregio di Augusto a Ravenna e i quadri dell'attico sull'arco traianeo di Benevento (v. romana, arte). In altorilievo è scolpita la Parata di cavalleria sulla base della colonna funebre d'Antonino Pio.
Nel sec. II si fecero sarcofagi con figure entro arcate intorno alla cassa; l'esemplare più importante è quello di Melfi databile verso i tempi di Marco Aurelio. Il tipo continuò con soggetti cristiani. Parti notevoli isolate nello spazio ha pure il sarcofago di porfido della madre di Costantino, al Vaticano, ma il restauro, eseguito verso la fine del sec. XVIII, poco o nulla ha lasciato delle superficie originali, mentre l'affinità di stile con la base antoniniana sopra ricordata rende assai discutibile la datazione del lavoro.
L' altorilievo è comune nei sarcofagi romano-cristiani del IV e V secolo. In alcuni esemplari il piano di fondo si incurva a gola, come nei rilievi classici; in altri le figure s' innicchiano a guisa di statuine fra colonnati, simulanti una fronte di scena o un portico classico (cfr. i sarcofagi del tipo detto di Sidamara). Questa disposizione si ripete nelle colonne del ciborio di S. Marco, in avorî e in opere di oreficeria e toreutica, lungo tutto il Medioevo e sino al Rinascimento.
L'arte bizantina e la barbarica, caratterizzate da visione pittorica, non usarono l'altorilievo, che ricompare nella plastica romanica d, oltralpe o nell'italiana, e specialmente lombarda sotto l'influsso del nord. Le scene, ora s'incuneano nell'ombra, ora si prospettano sopra un piano liscio di fando. Fra l'alto e il mezzorilievo stanno le figure di Santa Maria in Valle a Cividale (sec. XII), la cui regolare frontalità richiama i rilievi orientali. L'altorilievo trionfa nella plastica gotica del Nord, francese e tedesca; ed è trattato con grande ardimento compositivo dagl'intagliatori di legno della Germania meridionale e dei paesi alpini, nelle ancone e negli sportelli d'altare o d'organo. Prevale sul mezzo e bassorilievo nell'arte dei Pisani e massime di Nicola. In questi pannelli in profondità uguaglia le altre due dimensioni; le figure si staccano quasi dal fondo. Tutte le forme sono più o meno inclinate verso il punto di vista dello spettatore, tanto che nel pulpito di Siena le linee architettoniche risultano oblique. Le teste dei primi e degli ultimi piani stanno sopra una stessa linea verticale. La proporzione delle figure non è in rapporto con le distanze; i piani di posa sono occultati, fuorché sul davanti. Nonostante questi difetti di chiarezza e di logica, l'effetto è possente e decorativo, grazie anche al raro virtuosismo nella trattazione del marmo. Fra i seguaci dei Pisani, solo Guglielmo e Giovanni di Balduccio ne mantengono i canoni compositivi; gli altri tornano alla semplicità romanica, riportando le figure sopra un unico piano di posa. Così Tino da Camaino, che proietta le scene su fondi oscuri: così Goro di Gregorio che le dispone in architetture sfondate, a guisa di presepio, con piano di posa orizzontale. L'Orcagna fa emergere teste tondeggianti dalle cornici a rombi dorati e graffiti, come nell'età romanica. È frequente l'altorilievo anche nelle opere gittate in bronzo nell'età gotica (paliotti, paci, reliquarî), nelle cassette d'osso alla certosina, ecc.
Lo sviluppo della prospettiva e il prevalere della visione pittorica rendono nel primo Rinascimento alquanto più raro l'altorilievo, che però fu trattato mirabilmente insieme col mezzo e basso rilievo (v. bassorilievo) dal Ghiberti, nella sua prima porta, da Donatello nella cantoria, da Luca della Robbia in molte delle sue terrecotte e nella cantoria dell'Opera di S. Maria del Fiore. Sensibile è il contrasto tra le parti a tutto rilievo e a stiacciato, in una stessa opera d'arte. Sciolto dal suo fondo, l'altorilievo si risolse in gruppi statuarî già nell'arte romanica assai prima che nelle plastiche di Nicolò dell'Arca, del Mazzoni, di Gaudenzio Ferrari. Al principio dell'altorilievo s'ispira tutta la decorazione plastico-architettonica della matura Rinascenza. Nella sagrestia nuova di Michelangelo la statua, sebbene isolata dal fondo, forma un tutto decorativo con la parete. Gli stucchi assumono l'importanza di gruppi statuarî, che si sovrappongono alle architetture e ne spezzano le sagome. Una nuova concezione pittorica e quasi scenografica diffonde l'uso dei drappeggi scolpiti ad altorilievo. Gli elementi paesistici, un tempo appena rilevati o graffiti, prendono corpo. Torna in onore la pala d'altare plastica, creata dalla scultura gotica.
Gli altorilievi secenteschi, concepiti pittoricamente, non sono senza qualche riduzione prospettica, che li apparenta ai mezzi rilievi. L'intaglio in legno, che sostituisce nell'arte del mobile la pittura o la tarsia, accentua, per la natura stessa della materia, questo carattere plastico, comune alle arti del bronzo, dell'avorio, dell'oreficeria e della ceramica. Nel rococò, reazione alla turgida età barocca, i rilievi rimpiccioliti e ridotti al puro ornameritale si riaccostano al bassorilievo e allo schiacciato.
Il gusto neoclassico bandisce l'altorilievo, salvo dove sia richiesto da ragioni d'effetto. Esso riappare nella scultura romantica, pervasa di spirito gotico, e nella realistica, che da quella deriva. Le Départ di Rude sull'Arco di trionfo a Parigi è un gruppo statuario addossato ad un fondo a modo d'altorilievo. Il Vela preferì il rilievo misto con parti in alto, mezzo e bassorilievo. Così fece Bartholomé nel monumento ai morti del cimitero di Père Lachaise a Parigi. Così Meunier nei suoi pannelli, che già sentono l'indefinitezza impressionistica.
Nel monumento a Federico il Grande di Rauch a Berlino gruppi statuarî circondano il basamento, mentre in quello a Federico Guglielmo di Drake il rilievo misto si riallaccia alla tradizione francese del '700. L'impressionismo, sostituendo ai piani prospettici gli effetti della prospettiva aerea, sovverte profondamente la teoria del rilievo. Le distinzioni tradizionali non hanno più luogo in opere subordinate alla sola visione illusionistica e pittorica. I grandi portali gotici ispirano ancora a Rodin la Porta dell'Inferno. Il ritorno ad un altorilievo arditissimo, con potenti sottoquadri, caratterizza l'arte di Adolfo Wildt.
L'altorilievo si riscontra nelle arti orientali, che sentirono l'influenza greco-romana. Tali i rilievi brahminici di Ellora e i buddistici di Boro Budur a Giava. L'appiattimento del piano anteriore conferisce alle stupe indiane una certa affinità con la plastica dei bizantini. L'altorilievo è raro nella scultura messicana, che anche nella pietra mantiene i caratteri dell'intaglio a piani geometrici. (v. tavv. da CXLI a CLII).
Bibl.: Data la promiscuità della tecnica, valgono le indicazioni che son date sotto la voce bassorilievo, che comprende anche la produzione in cui si svolse episodicamente l'altorilievo.