alto
1. Vocabolo molto frequente in Dante. In un gran numero di casi ha valore proprio, come in If IV 107 alte mura, VIII 2 alta torre; XI 1 alta ripa; e ancora in IV 116, IX 133 e 36, XV 11, XVIII 8, XXVI 134, XXXI 20, XXXII 18, Pg I 13, III 15 e 71, IV 35 e 40; V 86, X 23, XXII 137, XXXII 148, Pd I 138, X 7, XI 45, XVII 134, XXII 119; Cv II XIII 28, IV VI 20, Rime CI 30 (al superlativo: altissimi colli); Detto 426. In Pg XII 108 ma quinci e quindi l'alta pietra rade, alta pietra designa le alte pareti di roccia tra le quali D. e Virgilio salgono per passare dal primo al secondo girone del Purgatorio. Uguale valore ha l'espressione alta grotta di Pg XXVII 87. L'alta terra di Pg XXVIII 69 è il Paradiso. terrestre, posto in alto sulla cima del Purgatorio. Nel caso di Pg XXXII 31 l'alta selva potrebbe significare o la selva formata di alberi a., come intende il Tommaseo che rimanda a " nemora alta " di Virgilio (Aen. XII 929), o la selva a. in quanto posta sulla cima del Purgatorio: " Alta selva, qua nulla est altior, quia propinqua coelo " (Benvenuto); " alta, dice perché è in su la cima del monte " (Buti).
Come attributo di vele, in due luoghi del Convivio (IV XXVIII 7 o miseri e vili che con le vele alte correte a questo porto; XXVIII 8 Certo lo cavaliere Lancelotto non volse entrare con le vele alte, né lo nobilissimo nostro latino Guido montefeltrano) vale " a. sull'albero " e quindi " ben spiegate ": tutta l'espressione allude, sotto forma di metafora, a coloro che si approssimano alla morte " con superbia e con le passioni non dome " (Busnelli). Dice infatti D. stesso in Cv IV XXVIII 3: come lo buono marinaio, come esso appropinqua al porto, cala le sue vele... così noi dovemo calare le vele de le nostre mondane operazioni e tornare a Dio.
In Pg XXVII 3 alta detto di Libra (la costellazzione della Bilancia) è generalmente inteso come " allo zenit ", ma il Pietrobono suggerisce l'interpretazione (ripresa dal Mattalia) " celeste ", " del cielo ". Di altezza sull'orizzonte si tratta certamente in Pg IX 44 'l sole er 'alto già più che due ore, e in XIX 38. Non tutti i commentatori concordano sul significato da assegnare ad alte cose, in Pg XXIX 58 Indi rendei l'aspetto a l'alte cose. Per alcuni D. si volge a guardare i candelabri, o meglio ancora le luci che fiammeggiano sulla loro cima (cfr. la successiva domanda di Matelda, Perché pur ardi / sì ne l'affetto de le vive luci, ecc.). Altri dà all'aggettivo il valore generico di " meravigliose ", " stupende ", " arcane ", e ne allarga l'area di riferimento a tutta la processione che si presenta agli occhi del poeta. Nella domanda di D. agli spiriti mancanti ai voti, disiderate voi più alto loco (Pd III 65), il termine sfuma da un valore proprio (se si tien presente la gerarchia dei cieli come D. la disegna nel Paradiso) a uno figurato di " glorioso ", " sublime ", " eccelso ". Lo stesso accade in Pd VIII 27 lasciando il giro / pria cominciato in li alti Serafini, dove alti specifica il grado che i Serafini occupano nell'ordinamento angelico e insieme la loro sovrana perfezione. Tale pregnanza semantica torna in altri luoghi, come in Pg XXX 113, Pd XV 54, XVI 27, XXV 50. In If XXVIII 11 con alte spoglie si traduce il " tantus acervus " che secondo il racconto liviano (XXIII XII 1) espressamente ricordato da D., si formò con le ‛ anella ' tratte dalle dita dei Romani uccisi nella battaglia di Canne (cfr. anche Cv IV V 19). Infine l'espressione alta camera di Vn II 5 designa il cervello, sede dello spirito animale (cfr. la precedente espressione secretissima camera de lo cuore).
2. Con un valore che già aveva in latino, a. spesso significa in D. " profondo ": così troviamo alta valle (If XII 40); alte fosse (VIII 76); alto burrato (XVI 114); alto mare (XXVI 100 e Pd XI 120); alto sale (nel senso di " mare ", Pd II 13), e anche Alto sospir (Pg XVI 64, e alti sospiri, XIX 74) e alto sonno (If IV 1: cfr. Virg. Aen. VIII 27). A proposito di Pd XII 99 quasi torrente ch 'alta vena preme, il Buti spiega: " Quasi fiume che scende di monte, che vena d'acqua, che venga d'alto, spinga: quando la vena dell'acqua del fiume viene d'alto, allora corre più rapidamente e più fortemente ". Questa interpretazione, che potrebbe ricollegarsi a Virg. Aen. II 305 " rapidus montano flumine torrens " (a sua volta derivato da Lucrezio I 282-284), meglio che a Is. 59, 19 " venerit quasi fluvius violentus quem spiritus Domini cogit ", non è condivisa da alcuni commentatori moderni (Torraca, Sapegno) che danno all'aggettivo il senso di " profondo ".
3. Vastissima è la gamma degli usi figurati che il termine di volta in volta assume nelle scritture dantesche. Talora, riferito a un suono o a una voce, indica altezza di tonalità e corrisponde ad " acuto ", oppure a " sonoro ", " dalla forte risonanza ": alti guai (If III 22); voci alte (III 27, in opposizione a fioche); alte strida (XII 102); alte grida (Pd XI 32, XV 133); alto suono (Pd XXI 140); alto corno (corno dal suono a. e forte, If XXXI 12).
Altre volte specifica il grado elevato di una virtù o qualità o facoltà o sentimento: alta virtù (Pg XXX 41); alta carità (Pd XXI 70); alto ingegno (If II 7); alta mente (Pd X 112); alto disio (XXII 61); e così ancora in Pg VI 43, X 42, XXVI 72, Pd III 97, V 26, VIII 85, XIV 84 e 124, XXIII 104 e 125, XXIV 74, XXX 70; Vn XXII 2 (due volte, di cui una al superlativo), XXXI 11 35, XXXIII 8 25; Cv II Voi che 'ntendendo 50 (ripreso in XV 11), III Amor che ne la mente 43, XIV 14. In tal senso è usato anche al superlativo nella prosa del Convivio: altissimi... concetti (I X 12); altissime considerazioni (III XII 3); piacere altissimo (III XV 2); si manifesta la imperiale maiestade e autoritade essere altissima (IV IV 7); altissima autoritade (IV VI 5).
Analogamente denota la nobiltà, l'eccellenza di una persona, di una condizione, di un ufficio, di un atto: alta... creatura (detto di Maria, Pd XXXIII 2); alti Fiorentini (XVI 86); alto dottore (Virgilio, Pg XVIII 2); alto Bellincione (Pd XVI 99); alto Arrigo (XVII 82); alto preconio (XXVI 44); e così pure in If I 128, II 17, XXVII 111, Pg X 73, XXIV 15, XXXI 130, Pd 1106, VI 24, VII 113, ne 122, XVIII 40, XXII 35, XXIV 59 e 112, XXV 50, XXX 98 e 137; Rime XC 36, CIV 75; Vn XVIII 9; Cv II XIII 30 (5 volte, di cui una al superlativo), III VII 6, IV III 3, IV 10, VIII 9; Detto 64; Fiore X 11, LXXXI 3, CXCIX 4, CCXXXI 1.
In Cv III VIII 2 Più alte cose di te non dimanderai, è traduzione di Ecli. 3, 22 "Altiora te ne quaesieris ".
In If I 47, riferito alla testa del leone (con la test'alta), mette in evidenza il valore simbolico della fiera, la superbia. Si noti che la ‛ testa a. ' è connotazione fisica della superbia abituale alla fantasia di D.: essa è attributo, in Pd IX 50, dell'arroganza spavalda di Gherardo da Camino: tal signoreggia e va con la testa alta; simile è il senso di If VI 70 Alte terrà lungo tempo le fronti, dove si allude alla Parte dei Neri che " insuperbirà sopra quella dei Bianchi " (Scartazzini). Non dissimile il significato di ‛ altero ', che fu in antico anche sinonimo di ‛ alto ': Or superbite, e via col viso altero, / figliuoli d'Eva, e non chinate il volto, Pg XII 70-71. E infatti la posizione dei superbi del Purgatorio consiste nell'essere obbligati da gravi pesi a tener la testa bassa. Omberto Aldobrandeschi, uno tra essi, dice appunto, in esatta relazione col passo prima citato: s'io non fossi impedito dal sasso / che la cervice mia superba doma, / onde portar convienmi il viso basso (Pg XI 52-54).
Indica un'altezza superiore ai limiti umani, quindi vale " celeste ", "divino ", in alta provedenza (If XXIII 55, Pd XXVII 61); alto proveder (Pd XXXII 37); alta luce (XXXIII 54); alto fattore (If III 4); alto Sol (Pg VII 26); alto lume (XIII 86, Pd XXXIII 116); alto Sire (If XXIX 56, Pg XV 112); alto Padre (Pd X 50); alto filio (XXIII 136); alto segnore (Rime XC 6); alto regno (Vn XXXII 28 82); alto cielo (Vn XXXI 10 15). In questo senso è spesso usato al superlativo: altissimo lume (Pd XXXII 71); altissimo sire (Vn VI 2); altissimo signore (XXXIV 7 3); altissimo... consistorio de la Trinitade ( Cv IV V 3); ne l'ordine intellettuale de l'universo si sale e discende per gradi quasi continui da la infima forma a l'altissima [e da l'altissima] a la infima (III VII 6); altissimo abitaculo (IV XXI 9); altissimo... seminadore (IV XXIII 3). Superlativo sostantivato è l'Altissimo di Vn XL 7, che significa " Dio ".
In Cv IV XX 4 non paia troppo alto dire ad alcuno, quando si dice: Ch 'elli son quasi dei, troppo alto vale " eccessivo ".
L'aggettivo è in due luoghi (Pg XVII 25 e Pd XXXIII 142) attributo di fantasia in quanto promotrice di visione mistica. In genere, i commentatori interpretano qui a. nel significato di " profondo " (Buti, Porena, Mattalia, Chimenz), ma il Lombardi distingue i due casi, e per quanto riguarda il passo del Purgatorio nota: " fantasia, dai sensi staccata e sollevata ", seguito dallo Scartazzini e dal Casini-Barbi, mentre nel passo del Paradiso pensa che D. abbia usato un 'ipallage: " l'epiteto di alto, proprio del veduto obbietto, alla fantasia, congiungendo ". Così pure lo Scartazzini: "Dice ‛ alta ', in quanto che, essendo altissimo l'oggetto da lui intellettualmente veduto, voleva una fantasia altrettanto alta, e forte per idoleggiarlo ". Ma nel passo del Paradiso (A l'alta fantasia qui mancò possa) si potrebbe anche vedere un senso concessivo: " Alla fantasia, che pure s'era sollevata così in alto, mancò il potere di rappresentare Dio ". Inoltre a. è adoperato per qualificare l'altezza dello stile letterario, in Cv I IV 13; e più propriamente dello stile tragico, in If XX 113 l'alta mia tragedia (l'Eneide), e XXVI 82 quando nel mondo li alti versi scrissi (ancora con riferimento all'Eneide). Tale significato ha anche in If IV 80 Onorate l'altissimo poeta, e in Cv IV XXVI 13 altissimo poeta (in ambedue i passi con riferimento a Virgilio). Nel caso di quel segnor de l'altissimo canto di If IV 95, numerosi codici e il Boccaccio leggono que' o quei segnor, comprendendo nell'espressione anche gli altri poeti che sono con Omero. Ma poiché non tutti questi poeti possono essere considerati di stile tragico, e poiché l'idea di una scuola (v. il verso precedente) si lega alla preminenza di un maestro sui discepoli, si deve intendere che il segnor de l'altissimo canto sia Omero: " Omero cronologicamente è il padre e per valore poetico è il sovrano di quel ‛ canto ' a cui solo si addice l'epiteto di altissimo, perché per dignità e nobiltà vola com'aquila sopra gli altri " (Parodi, Lingua 342; e vedi Omero).
In alcuni casi a. è unito a sostantivi come guerra (If XXXI 119), passo (II 12, XXVI 132), cammino (II 142), periglio (VIII 99) che contengono l'idea di un rischio o di un impedimento, con sottinteso riferimento alla difficoltà dell'impresa e alla gloria che se ne otterrebbe; in tal caso corrisponde ad " arduo " (così nella variante ad alto forse di If XVII 95; cfr. Petrocchi, ad l.).
Nell'espressione alto leon di Pd VI 108 l'aggettivo vale " potente ": " potens et formidatus ", nota Benvenuto, mentre detto di fato (Pg XXX 142) significa " arcano ", " imperscrutabile ". In If VII 11 vuolsi ne l'alto, là dove Michele / fé la vendetta del superbo strupo, ne l'alto vale " nel cielo ".
Spesso a. ha valore di avverbio: levò 'l braccio alto (If XXVIII 128); Colui che più siede alto (Pg VII 91); parla... alto (XX 118); gridavano alto (XXV 128); gridavan sì alto (If IX 50); il ciel che più alto festina (Pg XXXIII 90); si leva un colle, e non surge molt 'alto (Pd IX 28); possa con li occhi levarsi / più alto verso l'ultima salute (XXXIII 27); tien alto lor disio [la cosa desiderata] e nol nasconde (Pg XXIV 111); si alto chiama (Rime dubbie XIII 13); Più alto non ti puo ' tu imparentare (Fiore XLIV 14).
Infine entra in molte locuzioni avverbiali come guardai in alto (If I 16); la lucerna che ti mena in alto (Pg VIII 112); Di che l'animo vostro in alto galla (" Si erge in superbia ", X 127); l'occhio nostro non s 'aderse / in alto (XIX 119); Questi che guida in alto li occhi miei (XXI 124); e come abete in alto si digrada (XXII 133); li tira suso in alto (Rime c 55); vide in alto una palla di fuoco ( Cv II XIII 22); de l'alto scende virtù che m'aiuta (Pg I 68); e vidi uscir de l'alto e scender giùe (VIII 25).