ALTO TRADIMENTO (fr. haute trahison; sp. traición; ted. Hochverrat; ingl. treason)
Occupa il primo posto nella scala dei delitti, appartenendo a quella categoria di azioni punibili che attentano allo stato, come organizzazione politica, mediante atti specifici e diretti.
Fino dalle prime consociazioni familiari, che si venivano formando allo scopo precipuo di rendere possibile la difesa contro gruppi esterni, è da presumersi si venissero costituendo autorità alle quali fosse delitto non prestare obbedienza e rispetto tali da assicurare il concorso di tutti i consociati nelle lotte necessarie a rendere vittoriosa la propria associazione.
Nella storia primitiva di Roma, era alto tradimento qualunque atto contro lo stato, contro la pace pubblica, contro l'integrità, l'indipendenza, la dignità della patria. Il perduellis era equiparato all'hostis: questi era il nemico esterno, quegli il nemico interno. Sul finire della repubblica, al concetto di perduellio si aggiunse e quindi si sostituì quello della maiestas: donde il crimen maiestatis (fatti di tradimento, riunioni sediziose, congiure per rovesciare la costituzìone, usurpazione di potere, abusi da parte dei magistrati, attentati, offese alla vita dei magistrati superiori, e così via). Durante l'impero, la maiestas populi Romani si trasferisce e raccoglie tutta nell'imperatore; onde, sotto le sanzioni di maiestas, cadono le più lievi offese e perfino la mancanza di rispetto e di devozione alla persona del principe. Pene ordinarie la interdictio aquae et ignis e la morte, spesso inasprita e congiunta alla damnatio memoriae. Attraverso il diritto barbarico, feudale e della Chiesa, la materia dei delitti di stato venne assumendo caratteri terribili per le pene gravissime e comminate in eguale misura agli autori materiali e immediati, ai mandanti, agl'istigatori, ai complici, ai ricettatori; per l'obbligo della delazione sotto minaccia di gravi sanzioni penali; per le forme straordinarie e arbitrarie del processo penale; per le conseguenze penali della condanna, anche rispetto alla famiglia del colpevole; per la imperscrittibilità dell'azione penale; e infine per l'ammessa consegna, da stato a stato, dei rifugiati politici colpevoli di maestà.
La filosofia e la politica della seconda metà del sec. XVIII iniziarono un movimento di riforma, dal quale cominciarono a definirsi criterî e concetti che influenzarono profondamente varie legislazioni italiane e straniere: importantissime esplicazioni pratiche del nuovo indirizzo furono l'instaurazione del giudizio popolare (giurati) per i reati politici, in essi compreso quello di alto tradimento, e il principio della non estradizione per gli stessi. Nello stato odierno della scienza e della legislazione, si riconosce che lo stato ha una propria personalità internazionale e interna, che è caratterizzata da attributi e da facoltà che necessita difendere contro ogni tentativo di sopraffazione non solo da parte di altre organizzazioni statali, ma altresì da parte degl'individui, dei gruppi, delle classi, dei partiti che in esso vivono, si muovono e agiscono per conseguire scopi che lo stato organizzato politicamente può ritenere e dichiarare non legittimi.
Infatti si tratta di assicurare non solo la costituzione politica che il popolo si è data, e le istituzioni fondamentali che ne sono la forza e la vita, ma la sua esistenza stessa fra le nazioni.
Sono quindi specificatamente reati di stato gli attentati contro la vita, l'integrità personale del sovrano (cod. pen., art. 117) e del capo del governo (legge 25 nov. 1926, n. 2008, per la difesa dello stato, art. 1); gli attentati contro l'indipendenza e l'unità della patria (cod. pen., art. 104, 105, 106); la violazione dei segreti concernenti la sicurezza dello stato (cod. pen., art. 107-109, 110, 111, 114); lo spionaggio militare (cod. pen. mil. eserc., art. 71-77; codice pen. mil. mar., art. 71-78); gli attentati contro la pace interna (codice pen., art. 118, 120, 131-133, 135, 252, 255); le organizzazioni sovversive; la propaganda delle dottrine e dei metodi di azione da esse propugnate; la propaganda e l'azione antinazionale, commessa sia all'interno che all'estero (legge cit., art. 3, 4, 5, e r. decr. di attuazione, 12 dicembre 1926, n. 2062).
Soggetti attivi di questi reati possono essere tanto i cittadini quanto gli stranieri: le pene, si riconosce universalmente, debbono avere carattere di particolare intimidazione, onde possono giungere alla pena di morte, alla confisca dei beni, alla perdita della cittadinanza (legge cit., art.1, 2, 4; r. decr. cit., art. 1, 2); la procedura, pur senza diminuire le garanzie dovute agl'imputati, non può essere che una procedura speciale, sollecita, esemplare, sul tipo dei procedimenti che si adottano in tempo di guerra (legge citata, art. 7; r. decr. cit., art. 5-11). Si ammette tuttavia la non estradizione dei colpevoli (cod. pen., art. 9, capov.1).
Bibl.: E. Brusa, Dei segreti politici, in Riv. pen., 1877, p. 782; id., Dell'attentato politico contro il sovrano, i poteri, la costituzione e l'integrità dello Stato, in Riv. pen., 1879, p. 127; P. Grippo, Dei reati di guerra civile, strage, devastazione e saccheggio, Napoli 1881; A. Capocelli, Alto tradimento, in Enciclopedi giuridica italiana, Milano 1892; P. Nocito, Alto tradimento, in Digesto italiano, Torino 1893; P. Nocito, I reati di Stato con speciale riguardo all'alto tradimento, Torino 1893; R. Crespolani, Dei delitti contro i poteri dello Stato, in Riv. pen., Suppl. VII (1898), p. 44.