alterare
L'atto del " mutare le qualità sensibili " di un corpo, secondo il linguaggio aristotelico scolastico (latino alterare, greco ἀλλοιοῦν). Nei quattro luoghi del Convivio in cui è presente, la voce assume un valore specificamente filosofico con riferimento al concetto aristotelico dell' ἀλλοίωσις (v. ALTERAZIONE): cfr. Tommaso Gener. et corrupt. I 2 a. Ad Aristotele D. si richiama esplicitamente in Cv IV X 9 ogni cosa che è alterata conviene essere congiunta con l'alter[ante cagi]one, sì come vuole lo Filosofo nel settimo de la Fisica e nel primo De Generatione (l'edizione Simonelli accetta l'emendamento del Vandelli alterante cagione, in luogo di alterazione dell'edizione del'21): cfr. Arist. Phys. VII 2, 244b 2-5 (t.c. 11) " neque inter id, quod alteratur, et alterans quippiam medium est... In omnibus enim simul esse accidit alterans ultimum, et primum, quod alteratur "; v. anche 242b 59-61 (t.c. 8); e Gener. et corrupt. I 6 322b 21-24 (t.c. 43). Una ripetizione del precedente concetto è in Cv IV X 11 per la ragione prenarrata che [ciò che] altera o corrompe alcuna cosa convegna essere congiunto con quella.
Analogo valore ha la parola in Cv II XIV 3 con ciò sia cosa che, dal diece in su, non si vada se non esso diece alterando con gli altri nove e con se stesso (per la spiegazione del passo si rimanda ancora alla voce ALTERAZIONE).