ALTEMANNO
Ultimo discendente dei conti di Lurn in Carinzia (distretto di Spittal), come sembra accertato, fu eletto vescovo di Trento nel 1124 e consacrato nel 1126.
La tradizione, che lo considera figlio di Iuta, di sangue reale, e di un conte bavarese di Sulzbach, sebbene antica, va respinta come falsa per le ragioni indicate, tra gli altri, dal Cusin.
La sua elezione ebbe luogo in un momento assai delicato della vita del Trentino, ove si ripercuotevano gli aspri contrasti della Germania fra guelfi e ghibellini, favorendo la tendenza di A. a costituire intorno al suo vescovado un organismo politico coerente con l'aiuto delle forze locali disponibili, specialmente religiose. In questa direzione, che giustamente è stata chiamata (F. Cusin, p. 109) arcaica e conservatrice, è caratteristicà la restaurazione di S. Lorenzo al di là dell'Adige, ove trovarono dimora i benedettini provenienti da Vall'alta (Bergamo).
Nei riguardi dell'imperatore Lotario A. mantenne un'ininterrotta fedeltà, tenendogli libero il transito fra la Germania e l'Italia, accogliendolo (1132 e 1136) e difendendolo nei suoi viaggi dall'ostilità dei Comuni di Val d'Adige e dei conti di Lodron e Castelbarco.
Nei riguardi della feudalità locale egli si sforzò di imporre la sua autorità, come risulta dai numerosi atti che di lui ci son rimasti, in cui egli ci si mostra come alto signore feudale.
Uno dei suoi primi atti di governo è la concessione fatta, il 5 ag. 1123, ai "vicini"di Riva di costruire in loro difesa un castello vicino al lago, che dà poi loro in feudo "salva domo et omni honore episcopi in eodem castro et extra castrum".Lo vediamo più tardi (1132-1149) a Bolzano assistere quale giudice alla deposizione di testimoni in una lite tra il conte Arpone di Flavon e Beatrice badessa del monastero di Sonnenburg in Pusteria, concernente il possesso di una terra in VaIdagno (Aldein), e successivamente (1140-1147) far permute di persone "ad legitimum ius ministerialium"col vescovo Hartmann di Bressanone. Il 23 nov. 1147, nel suo palazzo di Trento, "habito consilio multorum vassalloruni curiae Tridenti et aliorum pluriuni sapientuni., sentenzia in favore di Arco in una lite fra Arco e Riva in materia di pascoli. Infine il 5maggio 1147 investe delle decime di Mezzocorona Giovanni dì Faio e Giovanni Colerio.
Ma, più che singoli atti di governo, ci interessano i criteri coi quali provvedeva alla sicurezza della sua diocesi. Qui, da buon costruttore, dimostrò una grande saggezza politica nel saper impostare su basi più solide la forza del vescovado che dopo la lotta delle investiture non poteva più contare sull'appoggio dell'imperatore nella lotta contro i grandi vassalli intenti più a depredarlo che a difenderlo - fondandola sulla fedeltà dei suoi "ministeriales", dei vassalli minori, degli uomini liberi e anche di qualche comunità, come si è visto nella concessione fatta nel 1142 ai "vicini" di Riva.
Tale politica fu seguita nel corso del sec. XII anche dai suoi successori, che comperavano per notevoli somme castelli per disporne a loro arbitrio dandoli in feudo .a persone fidate, con l'obbligo di costruirvi per loro una "domus" o un "casamentum" e di tenerli sempre loro aperti in caso di guerra ("ius aperturae"). Si venne così formando nel corso del sec. XII una consorteria di vassalli in difesa della Chiesa nota sotto il nome di "homines de niacinata (masnata) S. Vigilii",che sarà il nerbo della futura nobiltà trentina. Le basi erano buone e promettenti. Ma l'opera costruttiva di A. sarà frustrata nel sec. XIII dalle arti con le quali i conti del Tirolo, incominciando da Alberto I, seppero irretire e asservire al loro dominio il principato. Ma ciò non diminuisce i meriti di quel grande vescovo.
Munificentissimo, prodigò il suo patrimonio a beneficio e decoro di chiese e monasteri. Della sua opera caritativa di pastore d'anime abbiamo parecchi documenti: dotazione di monasteri, consacrazioni di chiese (per es. nel 1136 a Cavalese e Tesero in val di Fiemme), cappelle, altari. Sono da notare prima di tutto e in modo speciale i suoi generosi contributi alla fabbrica della cattedrale di S. Vigilio, che consacrò nel 1145 o 1146 assieme con Pellegrino patriarca di Aquileia, di origine trentina, e col vescovo di Concordia. Di lui si dice a questo proposito nel dittico Udairiciano: "...qui (Altemannus) ecclesiam beati Vigilii noviter renovavit, consecravit reliquiisque martyrum Vigili, Sisiii, Martyrii et Alexandri et aliorum martyrum summa cum reverentia honorifice iibi collocavit". Qui pare si tratti della seconda fase della costruzione del duomo: "muratura generale su tutta la pianta del Duomo (eccettuati i pilastri) fino all'altezza della cripta" (Albertini, pp. 28-30). Nella cripta collocò poi, sotto l'altar maggiore, la salma di s. Massenza, madre di S. Vigilio, trasportata a Trento da Maiano, presso Castel Toblino, ora S. Massenza. Il 29 sett. 1145 consacrò pure la chiesa della prepositura di S. Michele all'Adige dei canonici regolari di S. Agostino e la beneficò con lasciti annuali assieme con Uldarico, conte d'Appiano. E donò al capitolo del duomo il 20 nov. 1147 le parrocchie di S. Paolo d'Appiano e diS. Maria in Trento.
Tutti questi atti di generosa pietà fanno apparire calunniosa l'accusa di simonia mossagli per aver dato per quattro staie di frumento a un "presbiteri Paulo" la chiesa di S. Pietro di Povo. Se ne parla in una lettera di papa Innocenzo II (12 marzo 1138-42) al patriarca di Aquileia e ai vescovi di Mantova, Vicenza e Gurk, nella quale vengono incaricati di invitarlo a scolparsi ("se expurgare") e di rimetterlo nel suo ufficio episcopale qualora si fosse giustificato (Kehr, p. 492). Ne dimostra l'innocenza il fatto che restò al suo posto fino alla morte.
Egli fu inoltre, come pare, accanto all'arcivescovo Hartmann di Salisburgo, fautore della corrente di riforma gregoriana. Testimonianza insieme del. suo fervore religioso e della sua continuata fedeltà all'imperatore è la sua partecipazione alla crociata di Corrado III (1146-1147).
Morì a Trento il 27 marzo (o 3 aprile?) 1149 e fu poi sepolto nella tomba dei suoi padri al monastero di Suben nella valle dell'Inn.
Insigne per viva e sincera pietà e per sereno equilibrio politico, fu tra i più grandi e benemeriti vescovi di Trento, anche se la sua fama, offuscata dalla magnificenza rinascimentale dei Clesio e dei Madruzzo, non è stata pari alla sua importanza storica.
Fonti e Bibl.: B. Bonelli, Notizie istorico-critiche intorno al B. M. Adelpreto, vescovo e comprotettore della Chiesa di Trento, II, Trento 1761, pp.65-69,382-397; Id., Monumenta Ecclesiae Tridentinae,Tridenti 1765, pp. 24-26; E. Huter, Tiroler Urkundenbuch,I, Innsbruck 1937, nn. 150,158, 161, 175, 217, 221, 229, 230, 421; F. Kehr, Germania Pontificia,I, 1, Berolini 1910, p. 402; G. Frapporti, Della storia e della condizione del Trentino sotto la dominazione dei re d'Italia e della Germania,Trento 1841, pp. 333 ss.; A. Albertini, Notizie e considerazioni sul Duomo di Trento,in Strenna dell'Alto Adige,Trento 1900, pp. 28-30; O. Gerola, Per la cronologia dei vescovi di Trento da Ulderico lì ad Eqnone,in Scritti storici in memoria di Giovanni Monticolo,Venezia 1922, pp. 313-329; F. Cusin, I primi due secoli del principato ecclesiastico di Trento, Urbino 1938, pp. 89-115 e passim; A. Cetto, Castel Selva e Levico nella storia del Principato Vescovile di Trento, Trento 1952, pp. 44 e ss.