ALTAVILLA, Guglielmo d', detto Braccio di Ferro
Figlio di Tancredi d'Altavilla e della sua prima moglie Munella, giunse nell'Italia meridionale verso il 1037 con Normanni affluìti per rinforzare le schiere di Rainulfo Drengot, allora creato conte d'Aversa.
L'A., insieme con i due fratelli Drogone e Unfredo, segui Rainulfo, quando questi aderì a Guaimaro IV, principe di Salerno, e prese parte alle operazioni militari contro Pandolfo IV, principe di Capua, devastandone il territorio. In tal modo i fratelli Altavilla acquistavano con rapidità un esatto orientamento della situazione politica locale, pur rimanendo ancora, per qualche anno, in una posizione di secondo piano.
Intanto l'A., sempre con i fratelli, lasciato Rainulfo, come sembra, passava alle dipendenze dirette di Guaimaro, che lo mandò, agli ordini di Arduino, col contingente bizantino che doveva nioccupare la Sicilia musulmana. L'A. rimase così in Sicilia tra il settembre 1038 e il 1040, distinguendosi specialmente nella vittoriosa battaglia alle pendici dell'Etna, tra Randazzo e Troina.
Secondo le fonti normanne, che riferiscono notizie epicamente ingrandite, l'A. avrebbe ucciso un alto personaggio musulmano ed avrebbe compiuto altre gesta grandiose, che, del resto, sembra siano state riprese e raccontate anche in saghe nordiche.
Per il mancato pagamento del soldo e per l'ingiusta divisione delle prede, l'A., coi suoi compagni d'arme normanni, lasciò il corpo di spedizione bizantino, del resto già minato da discordie interne, ritornando agli ordini di Guaimaro e di Rainulfo. Esplosa, però, la rivolta pugliese del 1040-41, l'A. e altri capi normanni, tra cui suo fratello Drogone, chiamati a Melfi dal loro antico capo Arduino, furono gli artefici delle vittorie di Montemaggiore, il 4 maggio 1041, e di Montepeloso, il 3 settembre dello stesso anno, in cui le forze bizantine furono disfatte.
Nella rivolta che, dopo queste vittorie, accrebbe di violenza, e nei torbidi e contrasti successivi l'A., che era riuscito a tener stretti intorno a sé gli altri Normanni, acquistò una preminenza sempre maggiore, che, in occasione della ripartizione dei territori occupati, lo fece eleggere conte dai suoi compagni nel settembre 1042. Capo riconosciuto dalla maggior parte dei Normanni, per consolidare le conquiste compiute, chiese ed ottenne l'appoggio di Guaimaro IV di Salerno, che, per prevenire ritorni offensivi dei Bizantini, riconobbe a lui (come ai suoi compagni) i territori pugliesi e gli diede in moglie la nipote, figlia del fratello Guido, duca di Sorrento, mentre l'A. a sua volta si dichiarava suo vassallo.
Da Melfi, che divenne centro dell'espansione normanna, l'A. mosse contro Bari, ancora in mano bizantina; non avendo ottenuto nessun risultato, spostò i suoi attacchi in Lucania e Calabria, dove nel 1044 fece costruire il castello di Stridula (in località oggi sconosciuta). L'A. morì poco dopo, tra il maggio e il settembre del 1046.
Fonti e Bibl.: De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratri: eius, auctore Gaufrido Malaterra, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., V, 1, a cura di E. Pontieri, pp. XXIV, XXXII, 5,9, 10, 11, 13; Amato di Montecassino, Storia de' Normanni, a cura di V. De Bartholomaeis, Roma 1935, in Fonti per la Storia d'Italia, LXX VI, pp. 60, 67, 77, 82, 89, 93 s., 96, 99, 101 s., 182; J. Gay, L'Italie mdridionale et l'Empire byzantin..., Paris 1904, pp. 453, 464-466, 470, 472; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, I, Paris 1907, pp. 81, 91-93, 97, 104-107, 110; M. Schipa, Il Mezzogiorno d'Italia anteriormente alla monarchia, Bari 1923, pp. 148, 156, 158 s.