OJEDA, Alonso de
Navigatore e conquistatore spagnolo, nato intorno al 1466 o 1470 a Cuenca, di buona famiglia. Essendo paggio presso il duca di Medina Celi, conobbe in casa di lui, probabilmente, Cristoforo Colombo e ottenne di accompagnarlo nel secondo viaggio, assumendo il comando di una caravella. A San Domingo si segnalò in una difficile esplorazione nell'interno dell'isola e più tardi nelle operazioni contro il cacicco Caonabò, che riuscì a catturare. Tornato in Spagna, entrò in relazione con l'arcivescovo Juan Rodríguez de Fonseca, fu uno dei primi ad aver notizia della scoperta della terra di Paria fatta da Colombo nel terzo viaggio, e poté vedere la carta inviata dal Genovese nel 1498 a documentare le sue scoperte. Invogliato a proseguirle, ottenne di armare una piccola squadra, che partì da Cadice il 18 maggio 1499 avendo con sé Juan de la Cosa e Amerigo Vespucci. La spedizione toccò le spiagge della Guiana, e di qui volse dapprima a sud; ma sembra che essa presto si dividesse poiché, mentre il Vespucci proseguiva da solo le scoperte, l'O. dovette presto dirigersi su Haiti, dove era già ai primi di settembre. Il ritorno in Spagna, con sosta alle Bahama, si effettuò peraltro di nuovo in compagnia del Vespucci, giunto più tardi in Haiti; entrambi erano a Cadice alla metà di giugno del 1500 (v. vespucci). Nel gennaio 1502 l'O. partì con García de Ocampo per una seconda spedizione, diretto alle coste del Venezuela, avendo concordato col Fonseca la fondazione di una colonia presso il G. di Maracaibo; ma l'accoglienza dei fieri indigeni, i Caribi, fu ostilissima; frequenti i conflitti, insubordinati i dipendenti dell'O. i quali, finalmente rivoltatisi, fecero prigioniero il capo e lo menarono in Haiti dove fu posto sotto processo; ma il tribunale lo assolse poi in Spagna nel 1503. Di una successiva spedizione, avvenuta nel 1505, non si sa nulla. È noto invece che nel 1508 l'O. trovandosi in Haiti, otteneva l'investitura di un territorio (Nuova Andalusia) sempre nei pressi del G. di Maracaibo, con l'obbligo di erigervi due fortezze, e quivi si recava con due navi e circa 300 uomini nel novembre 1809; sennonché una spedizione punitiva contro i Caribi, da lui tentata e iniziata favorevolmente, si risolveva in un disastro; con moltissimi altri periva, trafitto da frecce avvelenate, Juan de la Cosa, e l'O. stesso si salvava a stento, e, raccolto morente dal governatore della Castilla del Oro, D. de Nicuesa, fu condotto a Veragua. Di qui l'ostinato O. moveva di nuovo al principio del 1510 e, seguendo la costa verso ovest, raggiungeva il G. di Urabá, dove fondava una fortezza, S. Sebastiano. Di qui, egli, con pochi e turbolenti compagni, riusciva, nonostante l'ostilità degl'indigeni, a mandare in Haiti un carico di schiavi e di oro; ma qualche tempo dopo l'O. aveva il torto di accogliere, a rinforzo del suo presidio, un pirata, certo Bernardino de Talavera, giunto con una nave da lui catturata e con una banda di masnadieri. Rimasto poi a corto di risorse, l'O. si imbarcò col Talavera e altri per Haiti a cercare aiuto; approdato, a quanto sembra per errore, a Cuba, errò per lungo tempo, fra grandi stenti, nell'isola, finché su una imbarcazione indigena poté raggiungere Haiti. Qui il Talavera fu sottoposto a processo pei suoi molteplici misfatti, e salì il patibolo; l'O. fu assolto, ma, abbandonato da tutti, morì, sembra, in miseria, a San Domingo, alla fine del 1515 o al principio del 1516.