RIEGL, Alois
Storico dell'arte austriaco (Linz 14 gennaio 1858 - Vienna 17 giugno 1905). Nel gruppo di studiosi costituenti la "scuola di Vienna", insieme al coetaneo Wickhoff (v.) e ai suoi discepoli M. Dvořák, J. v. Schlosser e A. v. Schmarsow, rappresentò il pensiero critico più vivace e quello che affrontò con maggiore sensibilità per la forma artistica i problemi della metodologia storiografica nel campo delle arti figurative, tanto da segnare una vera e propria svolta, che investî direttamente l'interpretazione dell'arte di tarda età romana.
Quel periodo, infatti, che sino ad allora era stato considerato, e designato in conseguenza, di assoluto decadimento, viene oggi generalmente indicato col termine di Spätantike, tradotto in italiano con "tarda antichità" (ingl. late antiquity; manca un termine corrispondente francese), che il R. gli dette. Fondamentale, a questo riguardo, tra le sue opere, quella pubblicata nel 1901, che, col titolo abbreviato di Spätrömische Kunstindustrie, datogli nella nuova edizione (curata da E. Reisch) del 1927, ha avuto larga diffusione. Nell'ultimo ventennio le idee del R. si sono propagate anche fuori dei paesi di lingua tedesca, nella cultura critica inglese e in quella italiana. (Soltanto in italiano le sue opere sono state tradotte; v. bibl.).
Sostanzialmente può dirsi che con il R. abbia termine, nella valutazione dell'arte dell'antichità, la impostazione teorica che era stata diffusa dal Winckelmann (v.), seguendo la quale era stato riconosciuto modello immutabile di perfezione artistica l'arte classica della Grecia del V e del IV sec. a. C. e, di conseguenza, ogni altra manifestazione dell'arte veniva giudicata per riferimento e comparazione a quella. Il R. svincolò il giudizio critico da tale posizione antistorica e riconobbe ad ogni epoca una propria e peculiare "volontà d'arte" (Kunstwollen), cioè un proprio e particolare "gusto". (Con tale termine di "gusto" la critica italiana di ispirazione idealistica ha tradotto il concetto di Kunstwollen, attenuando l'elemento di cosciente volontà razionale da parte dell'artista per accentuare l'aspetto intuitivo che essa considerava esclusivo nell'opera d'arte). Introducendo il concetto relativistico dell'uguale valore qualitativo di ogni epoca dell'arte, il R. segnò allo storico dell'arte il compito di intendere tale "gusto" e di giudicare, pertanto, l'opera d'arte in merito alla raggiunta coerenza espressiva nell'àmbito di quel gusto e non in confronto del gusto di un'altra epoca presa come modello o di un presupposto critico estetico, o morale. Con tale impostazione problematica il R. compì un passo sostanziale per l'avvio dello studio critico dell'arte del passato verso una concezione storicistica, superando anche il descrittivismo o la cronaca documentaria prevalenti al suo tempo e reagendo, con una aspirazione alla sintesi storica, contro il frammentarismo della ricerca filologica.
Il R. aveva compiuto studî di filosofia (con Robert Zimmermann) e di storia (con Max Buedinger) ed era poi stato accolto nell'Istituto per le Ricerche Storiche (Institut für Geschichtsforschung) diretto da Theodor v. Sickel, dove si seguiva un metodo strettamente filologico e positivistico. Nel 1886 fu nominato nel ruolo dei funzionari dei musei e assegnato alla sezione tessuti del Museo Austriaco, allora lasciata dal Wickhoff. Già libero docente, passò poi nel 1897 alla cattedra di storia dell'arte dell'Università di Vienna. Nei suoi ultimi anni dedicò molta attività alla riorganizzazione della "Zentralkommission flir Denkmalpfiege" (Commissione Centrale per la tutela artistica e monumentale) per la cui riforma preparò un progetto di legge che gli valse aspre battaglie e che stava per essere approvato quando fu colto dalla morte, a 47 anni (e il suo progetto fu accantonato).
Le numerose pubblicazioni del R. (l'elenco si trova nei Gesammelte Aufsätze, 1929, e a p. xxxi ss. dell'edizione torinese della sua Arte tardoromana, v. bibl.) vanno dall'arte romanica e gotica alla miniatura medievale, ai problemi di metodo e di iconografia. Ma i temi principali della sua attività di studioso furono, durante il periodo passato al museo in fruttuoso contatto diretto con i materiali, le arti tessili di ogni tempo, compresi i tappeti; poi l'arte olandese (la monografia sui ritratti in gruppo, importante anche per lo sviluppo del suo pensiero critico, le monografie sul Ruysdael, 1902, e su Rembrandt, 1904); problemi dell'arte barocca (ai quali dedicò i corsi universitarî 1894-95, 1898-99, 1901-02); aspetti della produzione artistica popolare. Da quest'ultimo campo di ricerche e, indirettamente, dagli studi sul ritratto, è nata la disposizione alla sua opera maggiore, quella sull'industria artistica tardoromana, che aveva avuto come fondamento (e sottotitolo) la catalogazione degli oggetti di artigianato (fibule, morsi di cavallo, ecc.) di età romana trovati nelle province austro-ungariche. Lo studio dei tessuti, dove vengono a porsi in primo piano taluni problemi, come quello dell'adattamento di forme naturali alla geometrizzazione ("stilizzazione") resa necessaria dalla particolare tecnica, quello dell'invenzione di motivi ad essa confacenti e opportuni per la ripetizione simmetrica e quello della trasmissione dei motivi ornamentali da una civiltà artistica ad un'altra, era stato invece il punto di partenza per l'opera del R. che sta a fondamento della sua impostazione metodologica: Stilfragen, "Problemi di stile", col sottotitolo: Fondamenti di una storia dell'arte ornamentale (1893).
Opponendosi alle posizioni del positivismo empirico (rappresentate dai seguaci del Semper, che condizionavano lo stile al materiale, alla tecnica e alla funzione pratica), il R. seguì una concezione psicologico-storica che, pur se non si richiamava esplicitamente ai fondatori dell'idealismo filosofico e pur traendo con sè non poche contraddittorie affermazioni sia di natura positivistica che a dirittura metafisica, può definirsi, anche se in maniera eclettica, sostanzialmente idealistica.
Tuttavia, la concezione di una linea evolutiva, derivata dalle scienze naturali e sperimentali, particolare all'Istituto per le Ricerche Storiche dal quale il R. proveniva, lo portò a costruire una sistematica che tende a presentare la storia dell'arte europea quale un divenire retto da sue leggi interiori e a tentare la ricerca di "criterî oggettivi dello svolgimento storico". Egli ritenne, pertanto, di poter articolare tutta l'arte dell'antichità in tre periodi, il primo dei quali egli definisce "tattile-miope" cioè da vedersi in primo piano e su di un piano solo (taktisch, poi haptisch-nahsichtig), da esemplificarsi sull'arte egiziana; il secondo "tattile a vista normale", cioè che situa le forme in una ragionevole distanza ambientale (haptisch-normalsichtig), da esemplificarsi sull'arte greca classica; il terzo "ottico-illusionistico" ("presbite": optisch-fernsichtig) rappresentato dall'arte romana del tardo-impero, con la quale la raffigurazione artistica conquista la piena tridimensionalità, limitandola pur sempre a volumi cubici e commensurabili (non "infiniti") ma tuttavia eminentemente pittorici, in funzione di una visuale a distanza.
Nell'essersi accostato a una concezione storicistica e nell'aver instaurato una comprensione e una lettura formale dell'opera d'arte, sta il merito del R., che con ciò apriva la via a nuove possibilità di più approfondita e comprensiva indagine. I suoi limiti, li possiamo scorgere, oggi, soprattutto in due punti: nel troppo rigido determinismo (derivato allo stesso tempo dalla metodologia delle scienze naturali e dalle tendenze irrazionalistiche insite alla cultura tedesca fin dalla romantica filosofia della storia) nel quale egli ritenne di poter articolare i fatti della storia dell'arte e nell'aver considerato i mutamenti dell'espressione artistica soltanto come un fatto di "gusto" e di impulso psicologico, fermandosi a constatarne gli aspetti formali (e in ciò discendendo dalla filosofia dello Herbart) e rifiutandosi di ricollegarle organicamente alle fondamentali cause storiche di tali mutamenti. Anche se nella sua opera maggiore egli pose in relazione l'arte con i caratteri sociali e religiosi, ciò è inteso in modo soltanto comparativo. Egli, anzi, cercò di rifiutare o di minimizzare l'influenza di ogni fattore esterno e di spiegare i successivi mutamenti della forma artistica esclusivamente come una evoluzione organica interna, come uno sviluppo relativamente autonomo. (Tali concetti si troveranno ancora empiricamente nel Berenson, e per quanto riguarda l'autonomia del fatto artistico, riceveranno una sistemazione teorica nell'estetica postromantica di B. Croce). Nelle Stilfragen il R. svolge questi suoi concetti con l'esempio dello sviluppo dei motivi ornamentali dal fiore di loto, dall'acanto, dalla palma e dal viticcio. Nella monografia sul ritratto in gruppo nell'arte olandese, egli affronta la questione del rapporto fra l'individualità dell'artista e le tendenze stilistiche del suo tempo, tra il "gusto" proprio dell'artista e quello della cultura alla quale appartiene, e la risolve affermando che anche il grande artista è parte integrante della tradizione nazionale alla quale appartiene, ma ne costituisce al tempo stesso la massima e più genuina espressione.
Accanto a molte asserzioni del R., oggi chiaramente caduche e non più accettabili, altre rimangono acquisite alla migliore storiografia artistica, come la tesi che l'esperienza visuale da parte dell'artista può divenire fruttuosa solo se corrisponde alle esigenze della situazione stilistica presente in quel particolare momento storico; asserzione, questa, che ancor oggi occorre riaffermare in opposizione alla ancor resistente tendenza di spiegare tutto con "influenze": di una civiltà sull'altra, di un artista sull'altro.
Il maggiore degli archeologi contemporanei al R., il Furtwängler (v.) ebbe a dichiarare di non riuscire a comprendere nulla nelle argomentazioni dello studioso viennese; gli altri lo ignorarono tacitamente. La prima discussione critica, da parte archeologica, dell'opera del R. è da considerarsi la recensione di G. Kaschnitz Weinberg (austriaco anch'esso) in occasione della ristampa del volume sull'arte tardoromana, che viene a notevole distanza (1929) dalle discussioni dello Schlosser, dello Schmarsow e del Panofsky storici dell'arte e non archeologi (v. bibl.). Si è voluto recentemente additare, da parte di H. Sedlmayr, nel v. Kaschnitz e nelle sue ricerche sulla "Struttura" (v.) delle culture artistiche dell'antichità, l'unico vero continuatore del Riegl. Questo tentativo è solo in parte giustificato dalla ricerca, comune a entrambi, delle supposte "leggi" dello svolgimento formale entro un dato àmbito geografico e etnico. Meno giustificato ancora appare il tentativo di presentare il R. come attualissimo antesignano di una interpretazione esistenzialistica della forma artistica. (Si veda l'introduzione alla edizione fiorentina della Industria Artistica Tardoromana).
Le ricerche metodologiche del R. non si presentano come un sistema teorico coerente e rigido né come una vera e propria estetica, ma si sviluppano in maniera fluida via via che egli si trova a dover affrontare i problemi di fondo delle civiltà artistiche che intraprende a studiare. In questo carattere sperimentale sta il loro ancor attuale valore didattico, sicché si può affermare (col Pächt, 1963) che il R. è uno dei pochi che han detto cose decisive intorno ai principî metodologici delle discipline storico-artistiche, e costituisce un punto di partenza che deve essere superato per andare verso un migliore approfondimento della comprensione storica delle mutevoli forme espressive dell'arte figurativa. Per la storia dell'arte di età romana, la svolta impressa dal R. agli studî rimane fondamentale (più valida di quella del Wickhoff). Al suo insegnamento, anche se penetrato con notevole ritardo nell'ambiente degli archeologi, si deve se nello studio dell'arte di età romana, che si arrestava solitamente al II sec. d. c., si sono affrontati i problemi artistici del lungo periodo che va dal III al VI sec. d. C., attribuendo ad esso una importanza fondamentale, sia per se stesso, riconoscendo un profondo mutamento nella concezione della forma, che da prevalentemente plastica e "tattile" diviene pittorica e "ottica" (illusionistica), sia quale "passaggio obbligato" alla creazione dell'arte bizantina e dell'arte medievale dell'Occidente europeo (v. romana, arte). Il R. aveva infatti concepito il proprio studio sull'arte tardoromana come prima parte di una ricerca che doveva giungere, con la sua seconda parte, da Costantino a Carlo Magno. (Questa seconda parte fu poi pubblicata, valendosi degli appunti del R., da E. H. Zimmermann col titolo Kunstgewerbe des frühen Mittelalters, Vienna 1905, nella stessa serie dell'opera del R.). Dobbiamo riconoscere pertanto al R. una importanza fondamentale nel progresso della disciplina storico-artistica, anche se oggi il suo sistema, come tale, non appare più valido.
Bibl.: 1. - Principali opere di A. Riegl: Stilfragen. Grundlegung zu einer Geschichte der Ornamentik, Vienna 1893; traduz. ital.: Problemi di Stile, Milano 1963; Zur spätrömischen Porträtskulptur, in Strena Helbigiana, Lipsia 1900, p. 250 ss.; Die spätrömische Kunstindustrie nach den Funden in Oesterreich-Ungarn, I. Teil, vol. in folio pubblicato dall'Istituto Archeologico Austriaco, Vienna 1901; traduzioni ital.: Industria Artistica Tardoromana, Firenze 1953; Arte Tardoromana, Torino 1959; Östromische beiträge, in Beiträge zur Kunstgeschichte (in onore di F. Wickhoff), Vienna 1903; Das holländische Gruppen-porträt, in Jahrb. d. Allerchöchsten Kaiserhauses, XXII, 1902, p. 71 ss.; Die Entstehung der Barockkunst in Rom (a cura di A. Bonda e O. Pollak), Vienna 1907; Gesammelte Aufsätze (a cura di K. M. Swoboda), Monaco 1929: tra questi Zur kunsthistorischen Stellung der becher von Vaphiò, p. 71 ss., da Oesterr. Jahreshefte, IX, 1903, p. i ss.
2. - Studî sul Riegl: A. v. Schmarsow, Grundbegriffe d. Kunstwissenschaft, Berlino-Lipsia 1905, passim; M. Dvořàk, commemorazione in Mitteil. d. Zentralkommission, 1905, p. 255 ss. ristamp. nei suoi Gesammelte Aufsätze, Monaco 1929, p. 279 ss.; O. Wulff, Grundlinien u. kritische Erörterungen zur Prinzipienlehre d. bildenden Kunst, Stoccarda 1918, passim (a p. 122 ss. già si critica quale concezione antistorica il concetto di autonomo sviluppo interno della forma, propugnato dal R.); E. Panofsky, in Zeitschr. f. Aesthetik, 14, 1920, p. 320 ss., 1925, p. 125 ss.; O. Pächt, prefazione alla ristampa del 1927 della Spätrömische Kunstindustrie; H. Sedlmayr, introduzione ai Gesammelte Aufsätze del R. cit. (1928); G. v. Kaschnitz-Weinberg, recens. alla ristampa della Spätrömische Kunstindustrie, in Gnomon, V, 1929, p. 195 ss. (ristampato in Hefte d. Kunsthistor. Seminars d. Univ. München, 4, 1959, p. 25 ss.; W. Passarge, Die Philosophie d. Kunstgeschichte i. d. Gegenwart, Berlino 1930; Neue Oesterreich. Biographie, Vienna 1935, VIII, p. 142 ss.; J. v. Schlosser, Die Wiener Schule d. Kunstgeschichte, in Mittiel. d. Oesterr. Instituts f. Geschichtforschung, Ergänzungsbd., XIII, 2, Innsbruck 1934 (trad. ital., La scuola viennese di St. d. arte, in La storia d. arte nei ricordi di un suo cultore, Bari 1936, p. 118 ss.; L. Venturi, Storia della critica d'arte, Firenze 1945, p. 433 ss. (ediz. inglese, New York 1936, p. 284 ss.; ediz. francese, Bruxelles 1938, p. 323 ss.); C. Nordenfalk, Bemerkungen z. Entstehung d. Akanthusornaments, in Acta Archaeolog., V, 1934, p. 206 ss.; R. Bianchi Bandinelli, Archeologia evoluzionistica, in La Critica d'Arte, II, 1936 (ristamp. in Storicità d. Arte Classica, Firenze 1943, p. 243 ss.); B. Berenson, Aesthetics, Ethics and History, Londra 1950, p. 2314 ss. (preceduto dalla ediz. ital., Estetica, Etica e Storia nelle Arti della Rappresentazione Visiva, Firenze 1948, p. 371 ss.); C. L. Ragghianti, L'arte e la critica, Firenze 1952, p. 72, 177 ss.; M. Shapiro, Style, in Anthropology Todayt, Chicago 1953; R. Salvini, La critica d'arte moderna (La pura visibilità), Firenze 1949, pp. 23 ss.; 151 ss., Introduzione: S. Bettini, introduzione alla ediz. ital. di Industria artistica tardoromana, Firenze 1953; L. Collobi Ragghianti, Nota critica alla ediz. di Arte tardoromana, Torino 1959; H. Sedlmayr, Riegl's Erbe, in Hefte d. kunsthistor. Seminars d. Univers. München, 4, Monaco 1959; E. H. Gombrich, Art and Illusion, Londra 1961, p. 17 ss.; O. Pächt, Art Historians and Art Critics, VI: A. Riegl, in The Burlington Magazine, CV, 1963, n. 722, p. 188 ss.; A. Q. Quintavalle, prefazione all'ediz. ital. di Problemi di Stile, Milano 1963.
)