CASALI, Aloigi (Luigi) Battista
Nacque tra la fine di maggio e i primi di giugno del 1383 da Niccolò Giovanni di Francesco e da Alda di Guido da Polenta, signore di Ravenna. Essendo morto senza lasciar testamento suo padre, quand'egli aveva appena un anno, fu dichiarato nondimeno signore di Cortona insieme con il giovanissimo zio Francesco Senese, sotto la tutela di Azzo degli Ubertini e di Ilario Grifoni.
I due fanciulli furono comunque allontanati da Cortona, ufficialmente per salvaguardarli dalla pestilenza in atto: il C. fu inviato secondo alcune fonti alla rocca dei Salimbeni in Valdorcia, secondo altre presso i Malatesta di Rimini. Di là fu richiamato dopo che il suo prozio Uguccio si fu imposto quale cosignore di Cortona; pare che il suo rientro in città si debba ascrivere a circa il 1389. Nella corte casaliana il C. visse all'ombra del prozio Uguccio e poi dello zio Francesco Senese. Fu anzi certo per ottemperare ai desideri di Francesco che nel 1401 il C., diciottenne, sposava Marsobilia di Pier Francesco Brancaleoni di Casteldurante. L'anno successivo fu ascritto alla cittadinanza fiorentina.
Fu probabilmente l'insofferenza per la ipoteca posta sulla signoria cortonese e su lui personalmente dallo zio (e forse la paura, dopo che questi aveva avuto un figlio maschio, di venirgli posposto nella signoria) a spingere il C. ad eliminare Francesco Senese: accordatosi con quattro famigli l'11 ott. 1407 lo fece uccidere nelle sue stanze; il cadavere fu gettato nella piazza antistante il palazzo Casali, a monito per eventuali partigiani dell'ucciso. Un po' con l'intimidazione, un po' con l'appoggio dei nemici di Francesco Senese, il C. si fece immediatamente riconoscere il titolo signorile dai Consigli cortonesi.
L'uccisione di Francesco dispiacque ai Fiorentini, che avevano in lui un sicuro alleato. Essi occuparono il castello di Cortona, anche perché a Firenze giungevano notizie confuse e contraddittorie sulla reazione dei Cortonesi al colpo di mano dei Casali. Appurato poi che la popolazione si era piegata al fatto compiuto, e che il C. non cullava prospettive diverse da quelle che l'alleanza fiorentina gli offriva, si limitarono a chiedere al nuovo signore cortonese che fosse rinnovato il patto d'accomandigia ventennale siglato nell'aprile precedente da Francesco anche a nome del C. stesso. La cosa fu fatta senza alcuna difficoltà.
Il C. non mutò nulla delle strutture di governo ereditate da Francesco, né della sua politica; anzi, il suo governo coincise con un'ancor più stretta dipendenza da Firenze. Il nuovo signore era troppo giovane e inesperto di cose politiche per poter governare da solo, e doveva fidarsi molto poco dei Cortonesi, in genere nostalgici del signore che egli aveva fatto uccidere, per non affidarsi del tutto ai consigli e alle disposizioni che gli provenivano da Firenze.
Per riscontro, la sua condotta nelle cose cittadine fu arbitraria, ispirata alla soperchierie e alla violenza. La sua prepotenza si esercitava anche all'intemo della famiglia, soprattutto in quel che concerneva le questioni patrimoniali: contese l'eredità di Giulio Vittorio figlio naturale di Uguccio, di Bartolomeo figlio di Francesco Senese, della stessa Antonia Salimbeni la quale, rifugiata presso i Trinci di Foligno suoi parenti, gli tenne testa con decisione. 1 cronisti parlano del C. come di un giovane malvagio, dissoluto, forse psichicamente tarato; certo è che poche delle sue azioni - incluso il delitto che gli dette il potere - sembrano avere avuto una motivazione politica precisa. I Fiorentini, al corrente delle intemperanze del C., erano disposti a tollerarle sia per non perdere la loro influenza su Cortona, sia perché, con quell'ultimo rappresentante, la famiglia Casali come dinastia signorile si era squalificata ed esaurita. Dopo il C. si sarebbe aperto il problema della successione non tanto personale, quanto istituzionale: se Firenze avesse saputo prudentemente servirsi del vuoto di potere destinato a crearsi di lì a poco in Cortona, la città sarebbe stata sua.
Gli eventi precipitarono però ancor più presto di quanto i Fiorentini prevedessero, e in modo inatteso. Nel maggio 1409 Ladislao d'Angiò-Durazzo, in lotta aperta contro Firenze, si accampò nel Cortonese. Il C. non poté che stringersi ancor più decisamente ai Fiorentini, sollecitandone e ottenendone aiuti militari: si comprometteva con ciò in una guerra che il suo popolo, e in particolare gli abitanti del contado più esposti alle ingiurie delle truppe nemiche giudicavano come estranea ai loro interessi. La durezza della guerra, che imperversò nel Cortonese proprio in tempo per distruggere i raccolti, l'antipatia che ormai in città si nutriva per i Fiorentini, l'odio infine che il C. si era procacciato in un biennio di malgoverno, tutto ciò finì con il convergere nello sforzo di parecchi e autorevoli cittadini - dietro il quale s'intuisce l'assenso della maggior parte della popolazione - teso a liberarsi in un colpo solo della signoria casaliana e dell'oppressione fiorentina. I vari alleati di Ladislao (dai Perugini ai Salimbeni ai Bostoli), che avevano ciascuno le loro aderenze in Cortona, incoraggiavano alla rivolta. La situazione fu compresa al volo del commissario, fiorentino, Iacopo Gianfigliazzi, che esortò il C. a correre ai ripari: ma questi, o per incapacità o per leggerezza o per rassegnazione, lasciò precipitare gli eventi.
Per la verità le circostanze che condussero alla rovina del C. non sono affatto chiare; la stessa successione degli eventi sfugge ai tentativi di ricostruzione precisa. Secondo il Sercambi - che fra l'altro vuol colpire nel C. tutti coloro che confidano nei Fiorentini - il signore di Cortona avrebbe agito con doppiezza, prima permettendo a Ladislao di transitare nel Cortonese con le sue truppe, poi chiamando in rinforzo entro le mura di Cortona altre forze di Firenze, e attirando su di sé l'ira del re. Lo pseudo-Minerbetti tace il fatto che motivo non ultimo della caduta del C. dovette essere l'ormai diffuso antifiorentinismo dei Cortonesi, ma individua giustamente una delle fondamentali cause della congiura che consegnò Cortona a Ladislao nella disperazione dei comitatini e di quanti in genere, possedendo terre nel contado, le vedevano distrutte per una causa che era loro estranea.
La città insorse di sorpresa: il presidio fiorentino fu disarmato, aperte le porte cittadine a Ladislao che aveva finto di andarsene alla volta di Montepulciano ed era tornato di soppiatto sui suoi passi. Il C., condotto dal re a Napoli, fu lungamente tenuto in prigionia. Liberato, si ritirò in Venezia, dove la famiglia godeva di parecchi mezzi finanziari, e vi morì il 24 gennaio 1420.
Sia la questione dell'eredità dei beni casaliani in Venezia sia quella delle riparazioni dovute ai Cortonesi danneggiati dalla signoria si trascinarono a lungo durante tutto il Quattrocento. Poco si sa dell'unico crede maschio legittimo di Aloigi, a nome Iacopo, dal quale sembra aver avuto origine il ramo udinese della famiglia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Protocolli dei Capitoli, I, cc. 372r-390r; Ibid., Signori, carteggi. Legazioni e commissarie. Elezioni e istruzioni a oratori, IV, cc. 38r-40r; Ibid., Signori, carteggi. Missive I cancelleria, XXVIII, C. 53; Ibid., Notarile antecosimiano. Angiolo Serangioli;Ibid., Notarile antecosimiano. Cipriano di Amadore;Ibid., Notarile antecosimiano. Uguccione di Lando;Ibid., Notarile antecosimiano. Angelo di Meo;Arch. di Stato di Siena, Lettere al Concistoro, busta 1869, n. 8; busta 1870, nn. 27, 29; busta 1871, n. 62; busta 1874, n. 32; Cortona, Biblioteca comunale, Pergamene dell'Accademia Etrusca, 1402, 1° agosto; Ibid., ms. 124: Registro vecchio del Comune di Cortona;Ibid., cod. cart. 532: A. Semini, Compendio delle cose di Cortona, pp. 69-71; Ibid., cod. cart. 540: F. Alticozzi, Storia della famiglia Casali;Firenze, Biblioteca Marucelliana, ms. C. 380, II: F. Angellieri Alticozzi, I sette principi, o signori della città di Cortona della famiglia Casali;I. Salviati, Cronica, o memorie dal 1398 al 1411, in Delizie degli eruditi toscani, XVIII (1784), p. 301; I Capitoli del Comune di Firenze, a cura di A. Gherardi, II, Firenze 1893, pp. 153-55, 471; Cronache cortonesi di Boncitolo e d'altri cronisti, a cura di G. Mancini Cortona 1896, pp. 43, 46-47, 52-54; Sozomeni presbyteri Pistoriensis Specimen historiae…, in L. A. Muratori, Rer. It. Script., XVI, Mediolani 1730, col. 1191; Iacobi de Delayto Annales Estenses, ibid., ibid. 1731, coll. 1090-92; L. Bonincontri Annales, ibid., XXI, ibid. 1732, col. 101; Cronica volgare dall'anno 1385 al 1409 già attribuita a Piero di Giovanni Minerbetti, in Rer. It. Script., 2 ed., XXVII, 2, a cura di E. Bellondi, pp. 387 ss.; I. A. Campani De vita et gestis Braccii, ibid., XIX, 4, a cura di R. Valentini, p. 42; G. Sercambi, Le croniche, a cura di S. Bongi, III, Roma 1892, pp. 151-52, 157; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze dal 1399 al 1433, a cura di C. Guasti, Firenze 1867, I, pp. 146, 212; Antonini archiepiscopi Florentini Historiae, s. n. t., f. CLXXXVIIIr; D. M. Manni, Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi de' secoli bassi, XVI, Firenze 1743, p. 86; XXIV, Firenze 1775, p. 115; P. Uccelli, Storia di Cortona, Arezzo 1835, pp. 70 ss.; G. Mancini, Cortona nel Medio Evo, Firenze 1897, pp. 224, 227, 230, 241, 259, 261-69, 276; G. B. Del Corto, Storia della Val di Chiana, Firenze 1898, p. 78; F. Cardini, Una signoria cittadina "minore" in Toscana: i Casali di Cortona, in Archivio storico italiano, CXXXI (1973), pp. 241-55; Id., Allegrezza Casali devota di s. Margherita, figura poco nota nella spiritualità cortonese, in Studi francescani, LXXII (1975), pp. 335-44; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. v. Casali di Cortona, tav. III.