ALMOGÀVERI (anche Almogavari) od almugaveri
Famosi soldati di fanteria leggera e irregolare, che compaiono nel territorio d'Aragona nel sec. XII e molto più tardi vengono introdotti nella Catalogna, quale milizia mercenaria, da Pietro IV (1336-1387). Il loro nome, sul quale si è molto fantasticato (il cronista bizantino Pachimera, Παχυμήρης, lo connette addirittura con il nome degli Avari), deriva dall'arabo al-mughāwir (ove al- è l'articolo) "(soldato) che fa incursioni in paese nemico". Ampie notizie su questa temutissima fanteria di ventura si leggono nei cronisti catalani del sec. XIII, Desclot e Muntaner, e negli storiografi bizantini Pachimera e Gregoras.
La loro natura li spingeva alla guerra; erano soldati e niente altro che soldati; "non siam usi a poltrir nelle città o nei villaggi; noi non siamo né calzolai, né tessitori, né uomini atti al lavoro; sappiamo solo combattere i nemici". Lo stesso Desclot, che pone in bocca di un almogavero queste parole (cap. CII), completa la sua descrizione con un passo in cui descrive la loro maniera di vivere, di vestire e di armarsi: "sono uomini che vivono di venture guerresche, fuor dell'abitato, sempre pei monti e pei boschi; battonsi dì e notte coi Saraceni, s'addentrano arditi per le loro terre una o due giornate, bottinando e strappando loro schiavi e robe e quanto possono avere; così campano; menano vita aspra e tanto dura che altri uomini non potriano soffrire, passando talvolta due giorni senza mangiare, se faccia d'uopo, e cibandosi di erbe selvatiche senza averne molestia. E gli adalili (cioè l'arabo ad-dalīl "guida"), che sono loro condottieri, sono pratici dei paesi e dei sentieri. Vestono soltanto un giubbone o una camicia, sia state, sia verno; alle gambe cingono calzari di cuoio strettissimi, uose di cuoio al piede; ed hanno buona lama pendente, forte cintura stretta alla vita. E hanno tutti una lancia e due giavellotti e uno zaino di cuoio dove serbano il cibo, sono poi fortissimi e assai spediti a correre e inquietare il nemico. E sono Catalani, Aragonesi e Saraceni" (cap. LXXIX). Muntaner completa questa descrizione dicendo che "ciascuno portava il suo zaino addosso; né crediate che traessero dietro impedimenti, imperciocché portavano tutti il loro cibo nello zaino, com'è usanza degli Almogaveri. Quando vanno a far correrie, portano un pane per ogni dì di cavalcata e nient'altro; e di quel pane, acqua e poche erbe hanno anche troppo pel loro bisogno" (cap. LXII).
Non fa meraviglia che tali uomini, così male in arnese e talora piccoli di statura, al primo momento apparissero come una delusione ai popoli di cui andavano in soccorso; ma è indubitato che un numero anche ristretto di essi poteva contenere l'assalto dei migliori soldati di quel tempo; e a tal proposito potrebbero riportarsi qui non pochi aneddoti dei cronisti su citati. La sicurezza del trionfo degli Almogaveri veniva principalmente dalla destrezza con cui maneggiavano le armi da lancio, che ferivano da lontano come proiettili di tiro sicuro, rendendo vani gli assalti della cavalleria. Avevano ancora un altro vantaggio che consisteva precisamente nella rapidità dei movimenti, e ciò in contrasto con la pesante cavalleria dell'epoca.
Non sappiamo quando finì questa famosa gente d'armi, che fu l'elemento più agguerrito degli eserciti della corona di Aragona, ma non dové durare molto tempo, poiché ben presto scomparve dalla storia catalana. È però curioso osservare che il suo nome o denominazione continuava ancora nel sec. XVII, durante la guerra di separazione della Catalogna, nell'anno 1641.
Gli Almogaveri combatterono anche in Italia: ne troviamo molti a Firenze, sui primi del'300, dapprima sotto le insegne angioine (cfr. G. Villani, Cronica, VIII, 82), poi al soldo del Comune, finalmente al seguito del duca d'Atene.
Ma soprattutto importanti sono le gesta degli Almogaveri in Oriente. Per arrestare l'invasione dei Turchi Selgiūqidi nell'Asia Minore, l'imperatore bizantino Andronico II Paleologo, nel 1302, ricorse all'aiuto degli Almogaveri catalani (uniti a gente della Navarra, della Castiglia e della bassa Linguadoca) comandati da Ruggero de Flor, e con essi vinse il nemico ad Aulax e davanti a Filadelfia (Ālā Shehir). Divenuti insopportabili per le loro prepotenze e rapine, questi Almogaveri (detti anche "la compagnia catalana") passarono in Grecia e vi fondarono, nel 1311, il ducato di Atene per il secondogenito del re Federico (Fadrique) II d'Aragona e Sicilia; ducato che continuò come stato vassallo della corona di Sicilia e d'Aragona sino al 1385.
Bibl.: B. Desclot, Crónica del rey en Pere e dels seus antecessor passats, 1ª ed. in catalano, Parigi 1840; R. Muntaner, Chronica, a descripció dels fets e hazanyes del inclyt Rey don Jaume primer Rey d'Aragó..., Valenza 1558 (tutte e due sono state pubblicate in italiano: Cronache catalane del secolo XIII e XIV, prima trad. ital. di F. Moisè, Firenze 1844, I e II. Da queste traduzioni sono presi i testi che abbiamo riportati). Cfr. inoltre G. Schlumberger, Expédition des "Almugavares" ou routiers catalans en Orient, Parigi 1902, 2ª ed., 1925; F. Soldevila, Els Almogaveres, in Revista de Catalunya, II (1925), pp. 540-550; G. Heyd, Storia del commercio del Levante nel Medioevo, trad. ital., Torino 1913, pp. 467-471, 493-97 (sulla "Compagnia catalana"); W. Giese, Waffen nach den katalanischen Chroniken des XIII. Jahrh., in Volkstum und Kultur der Romanen, I (1928), p. 140; L. Nicolau d'Olwer, L'expansió de Catalunya en la Mediterrania Oriental, Barcellona 1926, p. 50 segg.; E. Levi, Gli Almogávari d'Italia, in Glossa perenne, I (1929).