ALMISSA (A. T., 24-25-26)
Cittadina della costa dalmata meridionale, detta in croato Omis, capoluogo di distretto giudiziario nel capitanato di Spalato. Alle foci della Cetina, sul fondo della rada omonima, che si apre nel Canale di Brazza, il centro, situato sulla sinistra del fiume, conta circa 1800 abitanti, ed è porto del commercio locale verso il retroterra dalmata, ma talora è soggetto a inondazioni per i banchi di sabbia, che correnti locali accumulano alla foce della Cetina.
Qui, dove il Biokovo a sud e il Mosor a nord degradano verso la Cetina con le loro propaggini scoscese, le popolazioni dell'interno scesero al mare e si diedero alla pirateria all'epoca della decadenza di Roma; Almissa divenne ricovero di questi audaci pirati, i quali infestavano tutto l'Adriatico. Sul rilievo montuoso del Borak (m. 864), che domina il mare ad est di Almissa, esistono ancora le rovine del castello di Mirabella, antico rifugio dei pirati, e nella parrocchiale di Almissa si ammira un crocifisso d'argento incrostato di pietre preziose, ex-voto offerto dai corsari.
Almissa è il punto di partenza per la visita alla bella gola inferiore della Cetina, che è navigabile per alcuni chilometri, e alla celebre cascata, la Velika Gubavica alta 30 m., a 25 km. a monte della cittadina; vi conduce una strada carrozzabile.
Storia. - Almissa ebbe momenti di notorietà, specialmente nel Medioevo, come sbocco sul mare della popolazione slava del retroterra, mentre viceversa la resistenza latina tendeva a risospingerla verso l'interno. Ma, stanziatisi gli Slavi sull'una e sull'altra sponda della Narenta fin dal declinare del dominio bizantino, essi non poterono esserne facilmente snidati. I Veneziani cercarono di restaurare la civiltà occidentale sulla sponda adriatica orientale: ma anche nei tempi più eroici della conquista (sec. X), non poterono mantenere il possesso fino alla Narenta, ove, intorno alla montagna di Poglizza, si consolidò col tempo la piccola repubblica morlacca, che abbracciava Clissa, Scardona, Almissa e le altre terre circostanti. I Veneziani, costretti a difendere con enormi sacrifici la conquista dalmata dalle ribellioni interne e dalla pressione slava e magiara, dovettero spesso accettare l'amicizia e la collaborazione di questi infidi vicini, sobillatori di rivolte con il segreto intento di trarne profitto. Durante la crisi della guerra di Ferrara (1309-1319), che suscitò una delle tante ribellioni di Zara, Venezia dovette negoziare la neutralità del conte Giorgio di Clissa e d'Almissa. Per attrarre nella propria orbita la famiglia ducale, seguì poi una politica amichevole verso di essa, accordandole nel 1343 la cittadinanza veneziana, promettendo nel 1345 di aiutarla nell'acquisto di Knin, e assumendone la protezione, con includerla nella pace del 1348 col regno d'Ungheria. Più tardi, al principio del sec. XV, rafforzatosi il voivodato bosniaco, Venezia s'appoggiava a questo, negoziando lo smembramento (1429) della contea di Clissa. E, mentre il territorio limitrofo al distretto spalatino era assorbito nel dominio veneziano, Almissa, con la montagna di Poglizza e altri castelli, veniva incorporata nella Bosnia. Era il primo passo per la definitiva conquista, seguita a pochi anni di distanza, quando l'amicizia di Venezia con la Bosnia si convertì in aperta ostilità. Con la pace del 1445, Almissa con Antivari fu annessa ai dominî veneti, mantenendo gli ordinamenti locali, i privilegi e le esenzioni, utili al traffico locale. Un po' per volta essi vennero ristretti; nel corso del sec. XV il governo dell'amministrazione locale civile e criminale fu trasferito da un rappresentante di elezione cittadina nelle mani di un patrizio veneto, eletto dal senato veneziano, con grado di provveditore. Nei secoli successivi, fino alla caduta della repubblica, per quanto le esenzioni e le immunità inizialmente riconosciute non fossero apertamente e formalmente violate, nondimeno subirono restrizioni progressive, tanto maggiori quanto maggiori erano i sussidî finanziarî richiesti alla Dominante.