allumare
"Illuminare", "dar luce"; gallicismo attestato nella lirica due-trecentesca (in questa accezione in una delle ‛ rime dubbie ' di Chiaro Davanzati, Sì come 'l sol 2), usato da D. in Pd XX 1 Quando colui che tutto 'l mondo alluma (per l'erronea opinione, valida al tempo di D. e oltre, che il sole sia l'unica fonte luminosa dell'universo, cfr. Cv III XII 7 Lo quale [sole] di sensibile luce sé prima e poi tutte le corpora celestiali e le elementali allumina; cfr. anche Pd XXVIII 5); in Pd XV 76 però che 'l sol che v'allumò e arse, / col caldo e con la luce è sì iguali, / che tutte simiglianze sono scarse, ha la medesima accezione, ma partecipa alla metafora di Dio-sole e, se si accetta col Petrocchi la punteggiatura proposta dal Barbi, si giova del complemento con la luce (che è forse pleonastico; si veda l'articolo del Barbi, in " Studi d. " XVIII [1934] 20: ponendo una virgola dopo arse, egli riferisce a è sì iguali i due complementi retti da con, con valore di " rispetto a "; cfr. Pg XXIX 117).
In senso figurato vale " illuminare ", ovvero " guidare alla virtù " (cfr. Guittone Beato Francesco 121), in Pg XXIV 151 E senti' dir: " Beati cui alluma / tanto di grazia, che l'amor del gusto / nel petto lor troppo disir non fuma...", dove la metaforica luce proveniente dalla grazia si contrappone all'annebbiamento dell'incontinenza espresso con la metafora del fumo; in Rime dubbie III 15 vedesse siccom'io la veggio bella / nell'allumata mente, la stessa metafora, pure sviluppata nei due versi seguenti, ha scarsa consistenza, se non la si rapporti all'indicazione dei vv. 4-5 (Nel mezzo de la mente mia risplende / un lume de' belli occhi). Nell'ambito della metafora della divina fiamma, con la quale Stazio indica l'Eneide come mamma e nutrice della propria e dell'altrui poesia, vale " accendere " alla poesia, in Pg XXI 96 Al mio ardor fuor seme le faville, / che mi scaldar, de la divina fiamma / onde sono allumati più di mille: non pare si possa far riferimento all'immagine del lume di If I 82 0 de li altri poeti onore e lume, con cui anche si allude a Virgilio; ma il Tommaseo preferisce intendere la metafora della fiamma, nonostante l'indicazione di ardor e scaldar, nel senso della sola luce: " molti illumina, come esemplare del Bello ". Una maggiore ricchezza significativa si può riconoscere all'attestazione di Cv IV XXVII 4 appresso la propria perfezione... conviene venire quella che alluma non pur sé ma li altri: la maturità della senettute è perfezione che splende ovvero nobilita, illumina o benefica, come si dimostra nei successivi §§ 5-20.