ALITURGICO
. Col nome di giorni aliturgici, cioè "senza liturgia", vengono distinti nel linguaggio ecclesiastico quei giorni nei quali è interdetta ai sacerdoti la celebrazione del sacrificio eucaristico. Negl'inizi del cristianesimo, eccettuate le domeniche, le feste dei principali misteri di Cristo e gli anniversar- dei martiri, tutti gli altri erano giorni aliturgici. A poco a poco si ridussero al mercoledì, venerdì e sabato. Quest'uso tuttavia non fu universale: p. es., a Milano, (S. Ambrogio, In psalm. CXVIII, in Patrol. lat., XV, col. 1383), il divino sacrificio veniva celebrato anche nei giorni di digiuno. Nel sec. IV a Roma, ad Alessandria, in Ispagna, digiunandosi il venerdì e il sabato, questi giorni erano aliturgici: in seguito, stabilendosi a poco a poco il digiuno quaresimale, divennero aliturgici solo i martedì, giovedì e sabati delle prime settimane, poi solo i giovedì (eccettuato sempre il giovedì santo); ma, dopo Gregorio II (715-731), anche i giovedì quaresimali ehbero la loro liturgia. Il venerdì santo e il sabato santo furono sempre e da per tutto aliturgici per il grande digiuno in attesa della resurrezione del Signore. Presentemente nel rito latino-romano è aliturgico solo il venerdì santo, perché la liturgia del sabato santo, che celebrasi soltanto nelle chiese cattedrali, parrocchiali e conventuali, è quella anticipata della resurrezione, solita a celebrarsi, fino al sec. X, nella notte di Pasqua. In Milano, che segue il rito ambrosiano, sono tuttora aliturgici i venerdì di quaresima.
Diversa è invece la disciplina nei varî riti orientali. Se gli Armeni seguono la stessa disciplina della chiesa latina di rito romano, presso i copti rimangono aliturgici il lunedì, martedì, mercoledì e venerdì della settimana santa; altra ancora, la regola dei Ruteni e dei Rumeni.
Bibl.: J. Bona, Rerum liturgicarum, ecc., II, Torino 1749, p. 3 segg.; L. Duchesne, Origines du culte chrétien, Parigi 1898, p. 219 segg.; Morin, in Dictionnaire d'archéol. chrét. et de liturgie, Parigi 1924, I, col. 1218 seg.