CAPRIOLI (Capriolo), Aliprando
Incisore di origine trentina - come si desume da alcune opere da lui firmate nelle quali si legge appunto "Tridentinus" - del quale sappiamo solo che operò in Roma, dove lo troviamo documentato dal 1575 al 1599, e dove godette di notevole credito e fu aggregato ai Virtuosi del Pantheon. Come ha supposto l'Onestinghel (in Thieme-Becker), fu molto probabilmente introdotto nell'ambiente romano dalla nobile famiglia trentina dei Madruzzo; infatti due sue incisioni tratte da T. e da F. Zuccari, rispettivamente l'Ultima cena (1575) e La processione di s. Gregorio Magno (1581), sono dedicate a Giovanni Federico Madruzzo, conte di Challant.
È merito dello Zani aver messo in luce l'opera del C., correggendo anche l'erronea assegnazione di varie sue incisioni all'olandese Cornelio Cort, la cui maniera il C. segui, o per diretto rapporto di alunnato o per suggestione stilistica di questo importante maestro olandese, il quale a Roma tenne per vari anni una famosa bottega. Causa della frequente confusione con il Cort fu, oltre alle analogie stilistiche, il monogramma spesso usato dal C., "ac" letto, per le ridotte dimensioni, "cc", cioè "Comelius Cort" (Zani, I, 59p. 363).
Dedito esclusivamente all'incisione di riproduzione, il C. trasse i propri bulini da Tiziano, Taddeo e Federico Zuccari, Bernardino Passeri, Raffaellino da Reggio e altri.
Le prime opere datate risalgono al 1575: L'ultima cena da Tiziano e le Nozze di Cana da T. Zuccari. Sempre dallo Zuccari incise nel 1577 l'Assunzione della Vergine dedicata al cardinal Teano (Zani, I, 5, p. 363). Del 1579 è la serie di cinquanta stampe (compreso il frontespizio) del volume Vita et miracula sanctiss.mi Patris Benedicti ex libro II Dialogorum Beati Gregorii Papae et Monachi collecta...
Tratta da disegni di Bernardino Passeri, questa serie benedettina riscosse un grande successo e fu ripubblicata per ben quattro volte (con titoli diversi): nel 1586 a Firenze ("apud Barthol. Sermatellium"), nel 1587 a Roma ("ex typis Bartholomaei Bonfadini"), nel 1596 ancora a Roma ("sumptu Paullini Arnulfini Lucen.", in folio), infine nel 1597, infolio a Roma, con le stampe ridotte a ventitre. Le prime due edizioni hanno tuttavia rami di formato minore e solo desunti dal Caprioli.
Negli anni successivi cadono, tra le opere datate, il Martirio di s. Sinforosa, da Nicolò Circignani, nel 1587 (Zani, II, 3, pp. 200 s.), e nel 1596 la serie Ritratti di cento capitani illustri intagliati da A.C. con li lor fatti in guerra da lui brevemente scritti, dedicata a Vincenzo Gonzaga, pubblicata in volume "presso Dom. Gigliotti" a Roma e corredata di indici e ricchissima bibliografia.
È questa l'opera più impegnativa e complessa, almeno sul piano della non facile scelta dei nomi dei capitani e in riguardo alla suscettibilità delle nobili parentele abituate alle adulazioni cortigiane, alle quali l'artista sembra volersi sottrarre, oltre che per il reperimento dei materiali iconografici: ne sono prova alcune lettere sue dirette ad Annibale Chieppio segretario del duca di Mantova, pubblicate dal Bertolotti. Le fonti iconografiche sono diverse: dalla scultura (Carlo d'Angiò sembra esemplato sulla statua di Arnolfo di Cambio) alla pittura (Francesco IGonzaga è desunto da un ritratto di Lorenzo Costa), all'incisione (MassimilianoI è ricavato dalla xilografia del Dürer, e Carlo V da un'incisione del ritratto equestre del Tiziano), alle medaglie. Alcuni ritratti sono più o meno di fantasia, come quello di Ezzolino III. Gli stessi risultati sono condizionati dalla diversità formale e cronologica dei modelli: si passa infatti dalla sintesi plastica dei ritratti esemplati su modelli trecenteschi o quattrocenteschi al pittoricismo ed all'accurata resa dei particolari di quelli cinquecenteschi. Anche questa raccolta ebbe un grande successo e fu riedita a Roma per ben tre volte nel 1600, nel 1635 e nel 1647. Nella seconda edizione appare in più il ritratto di OttoneIII; nella terza i ritratti sono cresciuti a centoventotto, dei quali solo otto di mano del C., e tutti i rami appaiono reincisi nei fondi e forniti di stemmi. Taluni recano poi il monogramma dell'editore Pompilio Toti, il quale, dopo la morte del C., doveva aver acquistato il materiale. L'edizione del 1647 presenta centotrentuno ritratti.L'ultima impresa datata del C. è la serie in volume, "Calisti Ferantis Formis", dei dodici Articoli del Credo degli Apostoli, del 1599 (Roma): le stampe riprendono in formato maggiore la serie che Johann Sadeler aveva inciso nel 1579 da Martin de Vos (nel Gabinetto nazionale delle stampe di Roma se ne conservano due serie: 50 K. 16; 34 H. 24; la prima è in ordine, con didascalie in latino; la seconda è una prima prova, non in ordine).
Si conoscono poi stampe non datate come Il martirio di s. Niceforo,La Resurrezione di Cristo,Gesù che risuscita il figliodella vedova di Naim (da F. Zuccari), La conversione della Maddalena (dallo stesso), La conversione di s. Paolo (da Giulio Clovio), Diana cacciatrice,La probatica piscina (da T. Zuccari), Martirio di s. Paolo (dallo stesso), Martirio di s. Caterina (dallo stesso), L'adorazione della Croce (da Tiziano), La s. Sindone (dallo stesso), La vittoria di s. Giacomo sui Mori (da Paris Nogari), Aronne eletto sommo sacerdote (da Raffaellino da Reggio), La conversione di s. Maria Maddalena (da Martin de Vos).
Buon numero di opere si trovano nel Museo nazionale di Trento e in quello civico di Bassano; rami alla Calcografia nazionale di Roma.
L'incisione del C. si situa nel clima romano della seconda metà del Cinquecento, che vede lo stile rigoroso della scuola di Marcantonio Raimondi cedere il passo alle novità manieristiche e pittoriche sontuosamente decorative e dinamiche, della maniera imposta da Cornelio Cort, di cui il trentino appare, come si è già avvertito, uno dei più fedeli seguaci. In lui, come avvertì già l'Onestinghel, si distinguono i pregi e le conquiste dell'olandese, ma anche i limiti: la sicurezza e la fertilità formale e inventiva, accanto a certe durezze di segno; il sapiente uso dei segni e degli incroci per fini pittorici e coloristici, ma anche certe esagerazioni chiaroscurali; l'inclinazione al movimento anche complesso, ma anche la facilità a cedere a pose artificiose.
Fonti e Bibl.: A. Bertolotti, Lettere inedite di A. C., in Arch. storico per Trieste,l'Istria ed il Trentino, III (1884), pp. 117-119; G. Gori-Gandellini, Notizie istor. degl'intagliatori, Siena 1771, I, p. 224; K. H. von Heinecken, Dictionnaire..., III, Leipzig 1789, p. 577; P. Zani, Enciclopedia metodica... delle Belle Arti, Parma 1820, I, 5, pp. 292, 363 n. 74; I, 6, p. 313; II, 3, pp. 199-203; G. K. Nagler, Neues Allgem. Künstler-Lexicon, München 1835, II, p. 420; P. I. Mariette, Abecedario..., in Archives de l'art français, II (1551-53), p. 303; J. P. Baverel-F. Malpé, Notices sur les graveurs..., Besançon 1807, I, pp. 152 s.; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampos, I, Paris 1854, pp. 587 ss.; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, p. 373; Gallerie nazionali italiane,notizie e documenti, Roma 1894, III, doc. XII (11); F. Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini, Trento 1894, p. 44; G. Suster, Dell'incisore trentino A.C., in Arch. trentino, XVIII (1903), 2, pp. 144-206; S. Weber, Artisti trentini ed artisti che operarono nel Trentino, Trento 1933, pp. 60 ss.; N. Rasmo, in L'incis. trentina dalle origine ai nostri giorni (catal.), Trento 1971, p. 28; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 556 s.