NOSCHESE, Alighiero
NOSCHESE, Alighiero. – Nacque a Napoli il 25 novembre 1932, da Alberto e da Camilla Franceschelli.
Frequentò la facoltà di giurisprudenza presso l’Università di Napoli (dove fu allievo tra l’altro di Giovanni Leone, futuro presidente della Repubblica e oggetto di varie sue imitazioni) con l’intenzione di dedicarsi al giornalismo, e in effetti cominciò presto a collaborare con la redazione locale di Paese sera. Debuttò alla radio nel 1945, con una piccola parte in una trasmissione diretta da Riccardo Mantoni e, negli anni Cinquanta, senza aver portato a termine il corso di studi, entrò come praticante nel giornale radio diretto da Vittorio Veltroni.
Tuttavia non tardò a manifestarsi il suo più autentico talento: dopo aver lavorato come ‘rumorista’, esordì nel quiz-varietà radiofonico Caccia al tesoro (1952) di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, con la coppia Riccardo Billi - Mario Riva, entrando a far parte della compagnia di rivista radiofonica della Rai di Milano. L’anno successivo Caccia al tesoro divenne uno spettacolo di rivista (con lo stesso titolo) che girò l’Italia, con spettatori in scena come concorrenti e telefonate notturne a premi, in diretta. Anche se negli stessi anni Noschese lavorò brevemente con le compagnie di Nuto Navarrini e di Tino Scotti, fu sempre alla Rai che conobbe le prime affermazioni, da Rodeo (1955) a Gran Gala (1959-61). Al di fuori dell’ambito del varietà, si segnala la partecipazione al giallo La grande Caterina (1956) di Gastone Tanzi.
Ma nel frattempo era avvenuta la svolta, con la scoperta del talento di imitatore, che lo portò dapprima al successo teatrale (con le tre stagioni di Scanzonatissimo, 1961-63) e quindi televisivo. Nel 1961, in uno spettacolo al velodromo Vigorelli di Milano, ottenne uno strepitoso successo come imitatore dei cantanti più in voga; da allora, portò in teatro e poi in televisione tale straordinaria abilità, affinata con un metodo maniacale.
Pare infatti che annotasse puntigliosamente la mimica del personaggio da imitare, la sua voce (con una scala da 1 a 100) e la psicologia. Utilizzando un registratore a due piste, incideva la voce da imitare e in seguito la propria, e procedeva a ascoltare e provare fino a raggiungere la massima somiglianza tra le due.
Dalla trasposizione cinematografica di Scanzonatissimo (1963), sempre diretta da Dino Verde, è possibile farsi un’idea precisa dello spettacolo, che si presentava (in un lungo e ossequioso preambolo) come primo esempio di satira politica. Il repertorio comprendeva alcuni fra i cavalli di battaglia dell’attore: politici (Giovanni Malagodi, Ugo La Malfa, Amintore Fanfani, Achille Lauro, Arturo Michelini, Nilde Jotti, Pietro Nenni), cantanti (Joe Sentieri, Sergio Bruni, Adriano Celentano) e conduttori televisivi (Nunzio Filogamo, Mike Bongiorno, Corrado Mantoni).
Durante la tournée dello spettacolo, conobbe Edda De Bellis, che sposò sempre nel 1963 e dalla quale ebbe due figli, Antonello e Chiara (anche lei attrice e doppiatrice).
Il successivo spettacolo La voce dei padroni (1966-67), prodotto da Garinei e Giovannini e anch’esso portato trionfalmente in tournée per tutta Italia, sfruttava i primi successi come ospite TV, puntando all’accumulo: le imitazioni erano 108, e venne anche ricavato un LP con una cinquantina di esse. Del resto, anche le prime apparizioni televisive di Noschese (come in Alta fedeltà, 1962), più che sul trucco, puntavano sull’abilità vocale, e sull’esagerazione caricaturale. Man mano, però, lo stile dell’imitazione volse progressivamente a esiti più mimetici, sul modello di Leopoldo Fregoli (già evocato in televisione, in un numero di rapidi cambi di scena dello spettacolo Cantatutto, 1964).
A metà del decennio era già notissimo come ospite in varie trasmissioni (tra cui La trottola, 1965, e La prova del nove, 1965), tanto da venir intervistato, in veste di imitatore di politici, da 7 giorni in parlamento (23 luglio 1965). E quando si presentò nei panni di speaker per una serie di fantascienza (Fantascienza di ieri di Enrico Gras e Mario Craveri, 1964) si premurò di precisare che recitava nei propri panni.
Il trionfo definitivo fu consacrato dalla presenza come ospite fisso ad Alta fedeltà (1967), in cui per la prima volta presentava un’imitazione di politici: fino ad allora infatti le sue apparizioni televisive, diversamente da quelle teatrali, erano limitate a cantanti e persone dello spettacolo. Tuttavia questa prima incursione nel mondo della politica causò al programma problemi di censura e, forse anche per questo motivo, nei due anni successivi Noschese fu presente soprattutto a teatro e nuovamente alla radio, con Batto quattro (1968), di cui era conduttore insieme a Walter Chiari.
Il permesso per l’imitazione dei personaggi politici giunse solo, dopo il successo di Millevoci (autunno 1968) dedicato soprattutto alle performances vocali, con Doppia coppia (1969 e 1970).
Tra le sue imitazioni più famose: i giornalisti Paolo Cavallini, Ruggero Orlando, Mario Pastore; e ancora Alberto Sordi, La Malfa, e ovviamente Leone. Le imitazioni, sostanzialmente innocue dal punto di vista politico, erano tutt’altro che sgradite ai politici stessi, e nel 1967 Noschese venne addirittura insignito come grande ufficiale della Repubblica. Nello stesso periodo fu anche la voce italiana del computer Alpha 7 in Barbarella (1968) di Roger Vadim, e prestò la voce a Totò nei suoi sketch televisivi girati nel 1966, quando il grande comico, ormai cieco, non era più in grado di doppiarsi.
Ai primi anni Settanta datano altri grandi successi televisivi come Canzonissima (1971-72) con Raffaella Carrà e Formula due (1973-74), con Loretta Goggi, tanto che si tentò anche di esportare il suo successo al cinema.
Tuttavia sul grande schermo l’arte di Noschese, così legata a una misura contenuta quanto calibrata, non trovava possibilità di esprimersi appieno, in specie all’interno di un cinema comico in crisi sia sul versante della ‘commedia all’italiana’ strettamente intesa, sia su quello dei comici puri. A parte qualche apparizione secondaria negli anni Sessanta, e la citata versione cinematografica di Scanzonatissimo, il primo tentativo di affidare a Noschese un ruolo da coprotagonista fu Io non scappo… fuggo (1970, diretto da Franco Prosperi), in cui l’attore era un trasformista di varietà arruolato come sergente nella seconda guerra mondiale. A fargli da spalla c’era Enrico Montesano, che lo accompagnò anche nei film successivi.
In Io non spezzo… rompo (1971, Bruno Corbucci) Noschese interpretava un brigadiere, e la sua performance era giocata sull’imitazione di Gian Maria Volonté in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, il celebre film di Elio Petri uscito pochi mesi prima. In Il furto è l’anima del commercio (1971, sempre di Corbucci ) rinunciò quasi del tutto alle imitazioni, per calarsi nei panni di un vecchio truffatore napoletano. In Io non vedo, tu non parli, lui non sente (1971), un remake di Crimen di Mario Camerini diretto dallo stesso regista, ereditò il ruolo che era stato di Alberto Sordi, ma anche qui la sua forza comica non brillava. Seguirono, entrambe dirette da Corbucci, un paio di commedie del filone ‘boccaccesco’, nato sulla scia del Decameron di Pier Paolo Pasolini (Boccaccio, 1972; Ilprode Anselmo e il suo scudiero, 1972), e una commedia nera diretta da Steno, Il terrore con gli occhi storti (1972). Rotto il sodalizio con Montesano, si cimentò in un doppio ruolo in L’altra faccia del padrino (1973, Prosperi), il cui il pezzo forte era ovviamente l’imitazione di Marlon Brando-Vito Corleone. L’ultimo suo ruolo cinematografico fu in una strampalata coproduzione con l’Unione Sovietica, Una matta, matta, matta corsa in Russia (1974, sempre di Prosperi).
Nel 1974 frattanto si era separato dalla moglie, e dalla metà del decennio la sua fortuna cominciava a declinare. Nello stesso anno del divorzio lasciò la Rai, approdando ad alcune emittenti locali come Tele Lazio e Quinta Rete. In settembre, abbandonò anche la massoneria di piazza del Gesù (cui era iscritto dal 1967, e a cui apparteneva anche il padre), chiedendo di essere ammesso al Grande Oriente d’Italia, dove gli venne conferito il grado di maestro. Nella loggia del Grande Oriente emergeva in quel periodo Licio Gelli, che lo cooptò nella P2 (tessera 1777), come emerse negli anni Ottanta durante l’inchiesta parlamentare. Risale a quel periodo l’unica dichiarazione pubblica di voto di Noschese, per il Partito socialdemocratico italiano (PSDI), in un’intervista a Tv sorrisi e canzoni.
Il ritorno alla Rai avvenne qualche anno dopo, con il varietà Ma che sera (1978): ma lo spettacolo, che doveva segnare il grande rientro dell’imitatore, andò sfortunatamente in onda nei giorni che seguirono il rapimento di Aldo Moro, per cui venne tagliato e modificato (erano previste anche imitazioni di Moro stesso).
L’anno dopo, mentre stava preparando un nuovo show dal titolo L’inferno può attendere, cadde sempre più spesso preda di crisi depressive per le quali fu ricoverato nella clinica Villa Stuart di Roma.
Poche settimane più tardi, il 3 dicembre 1979, si uccise con un colpo di pistola. È sepolto nel cimitero di San Giorgio a Cremano.
Fonti e Bibl.: Sulla vita si veda, in particolare, M. Avitabile, Inimitabile N.: scherzi, aneddoti e ricordi dell’imitatore del secolo, Napoli 1999. Fra i repertori, ad vocem: A. Orbiccioni, Diz. del cinema italiano. Gli attori, Roma 1998; A. Pergo-lari, Diz. dei protagonisti del cinema comico e della commedia all’italiana, Roma 2003; G. Monti, Diz. dei comici e del cabaret, Milano 2008. Oltre a una serie di siti consultabili in rete (fra cui: www.delteatro.it; www.storiaradiotv.it), si rimanda alla trasmissione televisiva: Ladro di anime: Storia di A. N., in La storia siamo noi, 3 dicembre 2004, consultabile in podcast (www.rai.tv/ dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-c59ff26c-c84a-4c5d-a9cc-c8062e56760c.html).