ALIFE (A. T., 27-28-29)
Comune della provincia di Benevento, ai piedi del Matese, già appartenente alla provincia di Caserta. Fino a mezzo secolo fa era un borgo (nel 1881, 3106 ab., che nel 1911 erano saliti a 4017), ma anche ora è un piccolo paese di 4286 ab., con un vasto territorio (6395 ettari) quasi tutto produttivo, che dà cereali, legumi, olive, fieno e buon pascolo al numeroso bestiame. È però quasi privo d'industrie.
Alife ha avanzi delle mura romane, restaurate nell'età angioina, resti d'un piccolo teatro dell'epoca degli Antonini, una necropoli nella località Conca d'Oro e Croce Santa Maria, e resti delle terme. Notevole è la cattedrale di S. Sisto, con una cripta del sec. XI, costruita con colonne e capitelli anteriori, avanzi del portale del sec. XII, scolpito forse da uno scultore lombardo, un campanile con iscrizioni romane nel cornicione e nella base. Nel cortile dietro il campanile, due leoni in pietra del sec. XII. Un altro leone e un sarcofago si trovano nel Palazzo Comunale.
La cappella di S. Giovanni, a pianta circolare, sorge sugli avanzi del sepolcro romano dei Glabrioni.
Alife (Allifae) è di origine sannitica. Cadde nelle mani dei Romani il 310 a. C. Durante la seconda guerra cartaginese, fu occupata da Annibale, che ne devastò l'agro circostante. Nel sec. I a. C., divenne colonia triumvirale. Del suo splendore, sia durante il periodo sannitico sia durante quello romano, rimangono cospicue memorie negli avanzi dei suoi templi, collegi, acquedotti, criptoportici, teatro, circo, mura e delle terme famose. L'istituzione dell'episcopato si fa risalire alla prima metà del sec. IV; ma dei suoi vescovi si hanno notizie solamente verso la fine del secolo successivo. La chiesa alifana fu sempre soggetta alla metropolitana di Benevento. Conquistata dai Longobardi, la città fece parte prima del ducato e poi del principato beneventano, e fu governata da un conte. Non ultima causa della distruzione degli antichi monumenti fu l'incursione saracena dell'865, che, al dire dei cronisti, ne fece orribile scempio.
Fino ai primi anni del sec. XI la sua storia è abbastanza oscura: ora i conti seguono le sorti del principato beneventano, ora quelle del principato capuano. Tuttavia appare ben chiaro che, tra le incerte vicende politiche della regione, fu governata da conti normanni, i quali non obbedivano né a Benevento né a Capua e godevano di una certa autonomia. Il più famoso di essi è quel Rainulfo, che, nel 1127, parteggiò per papa Onorio II contro Ugo, signore di Fragneto, e, nel 1132, resistette al re Ruggiero II che voleva assoggettare Alife. Qualche anno dopo (1135) il re normanno riuscì ad occupare la città, la devastò e ne rase al suolo le mura. Nel 1138, essa cadde di nuovo nelle mani del suo conte. Poco dopo, Ruggiero la rioccupò e la diede alle fiamme. Fu di lì a qualche anno ricostruita, ma non poté mai più risorgere all'antica grandezza. Ridotta a un modesto feudo della monarchia, fu concessa prima a Pietro di Alife (1205), poi successivamente ai de Jamsilla, ai de Avellis, agli Stendardo, ai Marzano (sec. XIV). Durante la dominazione spagnola, si trasformò in feudo baronale della famiglia di Pietro Barone e più tardi dei Gaetani di Laurenzana.
Bibl.: G. F. Trutta, Dissertazioni istoriche delle antichità alifane, Napoli 1776; L. Giustiniani, Dizionario geografico e ragionato del regno di Napoli, I, Napoli 1797, pp. 113-124; R. Guarini, Commentar. XVII, Tituli nonnulli Allifani in primis, Calatini, Saepenates, Napoli 1840; F. Chalandon, La domination normande en Sicile et en Italie, parigi 1907, I-II, passim.