MUNRO, Alice (nata Alice Laidlaw)
Scrittrice canadese, nata a Wingham (Ontario) il 10 luglio 1931. M. ha sempre privilegiato il racconto breve difendendolo da chi, stoltamente, lo riteneva inferiore al romanzo e affidando a brevi storie ritratti pungenti e sentimenti nascosti dell’universo femminile. Popolarissima in Canada e vincitrice di numerosi riconoscimenti, è stata tradotta in Italia solo nel 1989. Nel 2013 ha ricevuto il Nobel per la letteratura in quanto «master of the contemporary short story».
Figlia di un allevatore e di un’insegnante, cresciuta in una famiglia povera durante la Grande depressione, M. si dedicò sin da adolescente alla scrittura rifuggendo il duro lavoro dei campi e la miseria della vita quotidiana. Pubblicò la sua prima novella nel 1951 (The dimensions of a shadow) mentre frequentava l’University of Western Ontario. Nello stesso anno, lasciata l’università, si sposò con James Munro, un colto libraio di cui conservò in arte il cognome, con il quale si trasferì prima a Vancouver e poi a Victoria (dove nel 1963 aprì la libreria Munro’s Books) ed ebbe tre figlie. Separatasi nel 1972, M. tornò nell’Ontario per dedicarsi sempre più alla scrittura. Nel 1976 sposò il geografo Gerald Fremlin.
La sua prima raccolta di racconti, Dance of the happy shades (1968; trad. it. La danza delle ombre felici, 1994), le aprì le porte del successo tanto da aggiudicarsi, proprio in quell’anno, il Governor general’s literary award, il più importante premio letterario canadese, che l’autrice ha ritirato altre due volte, la seconda per Who do you think you are?(1978; trad. it. Chi ti credi di essere?, 1995) e la terza per The progress of love (1986; trad. it. Il percorso dell’amore, 1989).
Dopo il successo di Dance of the happy shades, M. scrisse il suo primo e unico ‘romanzo’ (in realtà anch’esso una collezione di racconti) Lives of girls and women (1971), fortemente autobiografico, dove l’indagine della complessa psicologia femminile viene fuori grazie al suo tocco elegante e mai banale. Fortemente radicata nella sua terra, M. ritrae spazi sconfinati, desolazione e solitudine accanto a storie di donne dalle vite semplici, ma non per questo poco interessanti. Nei suoi racconti percepiamo un mistero, un qualcosa che manca, un’amnesia; le vicende si dipanano con la forza della ribellione e le protagoniste spesso cercano di affrancarsi da un destino misero e senza prospettive, anelando a un’elevazione, una crescita, interrogandosi sul senso dell’amore, sulla forza dei legami, sullo scorrere indomabile del tempo, sui misteri dell’esistenza. Interrogativi che riguardano tutti e che M. riesce a narrare con sapiente semplicità come attingendo a un sentimento collettivo che affiora costantemente nel suo non detto, non finito, sottinteso, fino a svelare un segreto.
Accostata non a caso ad Anton P. Čechov per la fine capacità di indagare l’animo umano, di M. si ricordano le raccolte Something I’ve been meaning to tell you. Thirteen stories (1974); Who do you think you are?; The moons of Jupiter(1982; trad. it. Le lune di Giove, 2008); The progress of love; Friend of my youth (1990; trad. it. Stringimi forte, non lasciarmi andare, 1998); Open secrets (1994; trad. it. Segreti svelati, 2000); Selected stories (1996); The love of a good woman (1998; trad. it. Il sogno di mia madre, 2001); Hateship,friendship, courtship, loveship, marriage (2001; trad. it. Nemico, amico, amante..., 2003) e Runaway (2004; trad. it. In fuga, 2004). Risalgono all’ultimo periodo Carried away. A selection of stories (2006; trad. it. Lasciarsi andare, 2014), raccolta di 17 racconti, scelti da M. tra i suoi preferiti, come a segnare un sentiero nascosto tra la fitta foresta della sua produzione; The view from Castle Rock (2006; trad. it. La vista da Castle Rock, 2007), ancora una volta ricco di frammenti autobiografici che ci riportano alle sue origini scozzesi fino all’approdo nel Nuovo Mondo; Too much happiness (2009; trad. it. Troppa felicità, 2011), a cercare una felicità impensabile, quella della rinascita, che si nasconde persino nell’omicidio efferato o in un’epidemia o in un naufragio; Dear life (2012; trad. it. Uscirne vivi, 2014), autobiografico nel sentire, a detta della stessa autrice, ma non interamente nei fatti.
Nel luglio 2013, stanca della solitudine che l’arte dello scrivere richiede, ha dichiarato di volersi ritirare godendosi l’affetto dei suoi cari.
Bibliografia: H. Dahlie, Alice Munro and her works, Toronto 1984; R. Thacker, Alice Munro: writing her lives. A biography, Toronto 2005; I. Duncan, Alice Munro’s narrative art, New York 2011; Alice Munro, ed. Ch.E. May, Ipswich (Mass.)2013.