Algazel
Giurista, filosofo, teologo, riformatore e mistico, nato a Tūs, nel Kurāsān (Iran) circa nel 1058; il suo nome arabo è al-Ghazālī Abū Hāmid Muhammad b. Muhammad al Tūsī.
Una grave malattia d'origine nervosa gl'impediva nel 1095 di continuare l'insegnamento che da quattro anni teneva a Bagdad con successo; abbandonava nello stesso tempo gl'incarichi di giurista e gli studi di teologia, secondo alcuni per timore della setta degli assassini che egli aveva violentemente attaccato o suggestionato invece dagli avvenimenti politici contemporanei. Solamente nel 1106 riprese l'insegnamento, dopo 11 anni passati in parte in Siria a Damasco, poi a Gerusalemme ed Hebion, in pellegrinaggio a Medina e a La Mecca, quindi di nuovo a Damasco. È di questo periodo la composizione della sua grande opera, che fu tradotta a Toledo nel 1145 con il titolo di Logica et philosophia, ma priva dell'esordio e della conclusione in cui egli dichiarava di esporre le dottrine di Alfarabio e di Avicenna per poi confutarle. Fu così sempre, e anche da D., tenuto per discepolo di Avicenna. Sotto il suo nome vanno ben 404 titoli, ma l'esame di essi è ancora tutto da fare.
D. lo ricorda in Cv II XIII 5 De la quale induzione, quanto a la prima perfezione, cioè de la generazione sustanziale, tutti li filosofi concordano che li cieli siano cagione, avvegna che diversamente questo pongano: quali da li motori, sì come Plato, Avicenna e Algazel, e ancora in IV XXI 2 Veramente per diversi filosofi de la differenza de le nostre anime fue diversamente ragionato: ché Avicenna e Algazel volsero che esse da loro e per loro principio fossero nobili e vili. Entrambi i passi, che riguardano l'opinione dei filosofi sull'origine e la nobilità delle anime, come il Nardi ha dimostrato con una serie di raffronti testuali, giungono a D. per il tramite di Alberto Magno (Somn. et vigil. III I 6). e non da una lettura diretta del testo.
Oltre a queste citazioni, dove D. si rifà direttamente all'autorità di A. e Avicenna, il Nardi pone in rilievo anche alcune coincidenze sostanziali tra il pensiero di D. e quello di A. per quanto riguarda la dottrina del sogno divinatorio (If XXVI 7, Pg XVIII 13-18, IX 16-18, Cv II VIII 13) che, per D. e per gli autori a cui si rifaceva, avviene quando l'anima è più libera dalle impressioni dei sensi esterni, cioè sia nello stato di veglia che in quello di sonno; anche queste coincidenze, sottolinea il Nardi, giungevano da A. a D. tramite Pietro d'Abano e Alberto Magno.
Bibl. - W. Montgomery Watt, in Encyclopédie de l'Islam, II (1965) 1062-1066; H. Corbin, Histoire de la philosophie islamique, Parigi 1964, 251-261; B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 66-67, 56-57.