TROMBETTI, Alfredo
– Nacque a Bologna il 6 gennaio del 1866; gli anni dell’infanzia e della gioventù sono da lui stesso narrati in uno scritto che è stato più volte pubblicato (Notizie autobiografiche..., in Scritti, 1938, pp. XXXVIII-XLVIII): nato in una famiglia numerosa e umilissima, era figlio di un cardatore di canapa.
Poté seguire la scuola elementare solo nelle prime classi (la seconda o la terza), per essere poi avviato al lavoro. Fece quindi diversi mestieri nella sua città natale: tra le altre cose, fu garzone in un negozio di barbiere, poi in una sartoria, quindi apprendista in un laboratorio di orefice. In quegli anni si appassionò come autodidatta allo studio delle lingue, che apprese per lo più con l’aiuto di manuali elementari da lui reperiti in modo fortunoso e con l’aiuto di religiosi. Rimase orfano del padre a quattordici anni.
Fu un episodio felice a dare una svolta alla sua vita. Un libraio antiquario di Bologna organizzò un incontro, che si svolse il 18 aprile 1883, tra il giovane e un gruppo di frequentatori d’eccezione della libreria costituito dai letterati Giosue Carducci, Gian Battista Gandino, Teodorico Landoni e Gino Rocchi. Pochi giorni dopo essi pubblicarono sulla stampa un annuncio (uscito il 10 dicembre 1883 in Stella d’Italia e La Patria di Bologna, e poco dopo nella Nazione di Firenze) in cui diedero notizia di un giovane di 18 anni non compiuti, indigente e talentuoso, di cui avevano saggiato la competenza in diverse lingue (tra cui greco, latino, inglese, tedesco, arabo ed ebraico) e per cui sollecitavano un aiuto che gli consentisse di svolgere studi regolari. Al sollecito risposero il Comune di Bologna e l’Opera pia de’ poveri vergognosi, i quali istituirono sussidi straordinari che permisero al giovane di riprendere gli studi e continuarono a sostenerlo fino al conseguimento della laurea. Trombetti per prima cosa superò l’esame di licenza ginnasiale, frequentò poi due anni scolastici completi, al termine dei quali conseguì la licenza liceale. Poté quindi iscriversi all’Università di Bologna dove, sotto la direzione di Gandino, si laureò con lode in lettere il 23 giugno 1891, discutendo una tesi dal titolo Del progresso degli studi linguistici. Cenni storico-critici, che fu premiata.
Nel frattempo, durante il terzo anno di università, si era sposato con Virginia Patelli, con cui diede vita a una numerosa famiglia: la prima figlia nacque l’anno della sua laurea.
Il 15 settembre 1891 fu inviato come professore al ginnasio inferiore di Cefalù; dopo pochi mesi, per intervento di Gandino, passò a insegnare al ginnasio superiore. Da qui fu trasferito a Santa Maria Capua Vetere, dove prese servizio il 17 settembre 1893, ancora come professore di lettere al ginnasio superiore; due anni più tardi fu promosso insegnante al liceo e trasferito a Monteleone Calabro (25 settembre 1895), dove rimase un anno. Fu quindi trasferito al liceo di Cuneo (27 settembre 1896).
Durante questi anni d’insegnamento superiore continuò gli studi solitari sulla grammatica storico-comparativa. A questo periodo risalgono i suoi primi lavori originali, dedicati al nesso tra indoeuropeo e semitico: scrisse in particolare un breve saggio che stampò in tedesco su due pagine e inviò per un parere a Graziadio Isaia Ascoli, da cui ricevette in risposta una lettera di affettuoso incoraggiamento.
Nel 1902 partecipò al Premio reale di filologia e linguistica istituito dall’Accademia dei Lincei con un ampio lavoro in «quattro grossi volumi manoscritti» (Tagliavini, 1929, p. 4) dal titolo Nessi genealogici fra le lingue del mondo antico. Fu insignito del premio nel 1904: la commissione era composta da Ascoli (relatore), Domenico Comparetti, Francesco D’Ovidio ed Ernesto Monaci, cui era stato aggregato anche Hugo Schuchardt (il giudizio di quest’ultimo, e quello collegiale della commissione, si possono leggere in Scritti, 1938, pp. IL-LX). Ciò non comportò solo il conferimento di un assegno di 10.000 lire da parte del re, ma anche la nomina a professore ordinario di filologia semitica presso l’Università di Bologna (avvenuta il 12 giugno di quell’anno), con chiamata senza concorso (ex art. 69 della legge Casati).
I risultati scientifici della memoria presentata ai Lincei furono pubblicati in un volume (L’unità di origine del linguaggio, Bologna 1905), in cui si sostiene la monogenesi delle lingue umane sulla base di confronti lessicali tra lingue appartenenti a gruppi diversi diffusi in aree tra loro molto lontane. Il testo suscitò interesse anche nella stampa giornalistica, non solo italiana: tra gli interventi vanno segnalati almeno quelli di Benedetto Croce sul Giornale d’Italia e sulla Critica, per il quale l’alternativa tra monogenesi e poligenesi delle lingue umane rappresenta un falso problema, dal momento che sia l’una sia l’altra posizione sono indimostrabili: il filosofo piuttosto segnalava i motivi religiosi che aiutano la fortuna popolare dell’ipotesi monogenetica, dal momento che essa si accorda con la lettera biblica (Croce, 1905; giudizio ripreso più tardi da Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, 2017, p. 525).
Nei primi anni dell’insegnamento bolognese Trombetti fu impegnato non solo nello studio delle lingue semitiche, ma anche in analisi di classificazione genetica dedicate, tra le altre, a lingue africane, al basco, all’etrusco, all’elamico, a lingue amerindiane. Nel frattempo, nel luglio del 1912, passò alla cattedra di scienze del linguaggio dell’Università bolognese.
La formazione di autodidatta e il suo metodo di lavoro ne fecero uno studioso fondamentalmente isolato: egli riuscì a raccogliere una mole ingente di dati traendoli dalla letteratura specialistica, che analizzò mediante l’applicazione del metodo genealogico all’universalità delle lingue, seguendo una prassi non condivisa dalla comunità scientifica.
Non è un caso quindi se la prima sintesi da lui tentata, rappresentata dai tre volumi dei Saggi di glottologia generale comparata (usciti come Memorie della R. Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, rispettivamente nel 1908, 1913, 1921), non ebbe grande risonanza. Furono più fortunati alcuni saggi particolari, tra cui Le origini della lingua basca del 1923 (2ª ed., a cura di C. Tagliavini, Bologna 1966) e il Saggio di antica onomastica mediterranea del 1925 (2ª ed., a cura di C. Battisti, Firenze 1942).
Diversa fu l’accoglienza degli Elementi di glottologia (Bologna 1923): qui egli espose i suoi risultati in forma manualistica, proponendo una classificazione delle lingue umane secondo il principio monogenetico.
L’unità originaria è suddivisa in nove gruppi riconducibili a due rami principali, definiti ramo australe e ramo boreale: il primo viene distinto in lingue dell’Africa (1. bantu-sudanese; 2. camito-semitico) e lingue dell’Oceania (3. dravidico-australiano; 4. munda-polinesiaco); il ramo boreale è suddiviso in lingue dell’Eurasia (5. caucasico; 6. indoeuropeo; 7. uraloaltaico; 8. indocinese) e lingue dell’America (9. gruppo americano). Alla classificazione fa seguito una sezione glottogenetica, sull’origine delle parti del discorso attraverso processi di grammaticalizzazione e agglutinazione. La parte finale del volume è dedicata alla fonologia e alla morfologia.
Malgrado il testo presenti un’evidente disarmonia tra analisi minuziose su gruppi poco noti (notevole per esempio la sezione sulla fonologia caucasica) e accostamenti disinvolti tra parole isolate prese da lingue lontanissime, che furono poi più volte criticati, fu accolto con interesse dalla comunità scientifica, come si può vedere dalle numerose recensioni.
Il volume consente l’accesso a una vastissima mole di fatti e rappresenta un passo in avanti rispetto alle sintesi che erano state tentate in precedenza da Friedrich Müller (Allgemeine Ethnographie, Wien 1879) e da Franz Nikolaus Finck (Die Sprachstämme des Erdkreises, Leipzig 1909), i quali avevano subordinato la partizione delle lingue umane a quella di presunte razze. La classificazione di Trombetti fu ad esempio utilizzata nella successiva opera enciclopedica di Wilhelm Schmidt (Die Sprachfamilien und Sprachenkreise der Erde, Heidelberg 1926). Da notare è anche l’interesse che il volume suscitò negli Stati Uniti: esso è citato più volte da Edward Sapir (1925, e 1926, p. 200); la linguistica americana continuò a fare riferimento ai risultati di Trombetti anche con la nascita della cosiddetta comparazione di massa di Morris Swadesh (The origin and diversification of language, a cura di J.F. Sherzer, Chicago 1971), Joseph Greenberg (Genetic linguistics. Essays on theory and methods, a cura di W. Croft, Oxford 2005) e Merritt Ruhlen (On the origin of languages. Studies in linguistic taxonomy, Stanford 1994, trad. it. L’origine delle lingue, Milano 2001).
Dal 1925 Trombetti riprese a dedicarsi all’etrusco nell’ipotesi che questa lingua fosse geneticamente affine all’ittito, alla cui decifrazione si era addivenuti nei primi anni del nuovo secolo e in cui si era riconosciuta una lingua di gruppo indoeuropeo. Un’affinità genetica tra etrusco e ittito avrebbe consentito di interpretare i dati etruschi alla luce dell’etimologia indoeuropea. Sul tema Trombetti presentò un’ampia relazione al I Congresso internazionale dei linguisti, tenutosi all’Aja nel 1928, e al Congresso internazionale etrusco che si svolse a Firenze nello stesso anno. Il testo fu pubblicato di lì a poco in una monografia (La lingua etrusca, Firenze 1928) in cui una settantina di lessemi era interpretata mediante un’etimologia comparata indoeuropea, e si trovavano nell’etrusco riflessi delle consonanti laringali nel frattempo riconosciute nell’ittito.
I risultati dei suoi studi etruschi, che, bisogna notare, non ressero alla critica successiva e vennero molto presto abbandonati, suscitarono un ampio dibattito che si svolse anche al di fuori dell’ambito specialistico: furono oggetto di curiosità giornalistica in Italia e all’estero, e vennero usati a fini propagandistici dal fascismo. Si diede ampia pubblicità al fatto che il capo del governo, Benito Mussolini, avesse accordato in quell’anno a Trombetti un sussidio personale di 30.000 lire per continuare i suoi studi. Il 24 marzo 1929, alla fondazione dell’Accademia d’Italia, il suo nome figura, unico linguista, nel gruppo dei primi sessanta accademici nominati da Mussolini.
Morì al culmine della sua notorietà scientifica il 5 luglio 1929 per una sincope che lo colpì durante un bagno al Lido di Venezia.
Le sue esequie e le successive celebrazioni della sua figura si svolsero nella massima solennità, con la partecipazione delle autorità civili, militari e culturali.
Fonti e Bibl.: B. Croce, La lingua unica primitiva, in La critica, III (1905), pp. 406-409 (poi in Id., Problemi di estetica e contributi alla storia dell’estetica italiana, a cura di M. Mancini, Napoli 2003, pp. 193-197); E. Sapir, recensione a Les langues du monde, a cura di A. Meillet - M. Cohen, Paris 1924, in Modern languages notes, XL (1925), pp. 373-375 (poi in Sapir, 2008, pp. 177 s.); Id., Philology, in Encyclopaedia Britannica, 13th ed. supplementary volumes, III, 1926, pp. 112-115 (poi in Sapir, 2008, pp. 195-202); C. Tagliavini, L’opera glottologica di A. T., in Il Comune di Bologna. Rivista mensile municipale, luglio 1929, pp. 3-6; A. Ballini, A. T., in Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche, IV (1930), pp. 199-259; P.G. Goidanich, Commemorazione di A. T., in Memorie della R. Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, classe di scienze morali, sezione di scienze storico-filologiche e sezione di scienze giuridiche, s. 3, V (1930-1931), pp. 15-28; C. Tagliavini, T., A., in Enciclopedia Italiana, XXXIV, Roma 1937, p. 402; Scritti in onore di A. T., Milano 1938; E. Sapir, The collected works, I, General linguistics, a cura di P. Swiggers, Berlin 2008; A. Gramsci, Quaderni del carcere 2. Quaderni miscellanei (1929-1935), I, a cura di G. Cospito - G. Francioni - F. Frosini, Roma 2017.