Schiaffini, Alfredo
Linguista e critico (Sarzana 1895 - Viareggio 1971), allievo a Firenze di E.G. Parodi; professore di glottologia nell'università di Genova (dal 1927), poi di storia della lingua italiana in quella di Roma (1939-1965), socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, custode generale dell'Accademia degli Arcadi. Perseguì fin dall'inizio del suo magistero uno dei filoni di ricerca più cari al Parodi: quello relativo ai testi fiorentini del Duecento e del primo Trecento studiati nel loro intrinseco colore e nella dinamica dei loro rapporti con documenti di aree finitime soprattutto centrali e centromeridionali. Nel 1926 pubblica infatti I testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento; negli anni seguenti l'invito de " L'Italia dialettale ", la rivista di un discepolo dell'Ascoli, C. Merlo, gli consente di estendere la sua indagine al perugino trecentesco e agl'influssi dei dialetti centro-meridionali sul toscano e sull'italiano letterario.
Nel suo primo scritto di argomento specificamente dantesco (il primo, almeno, di una certa ampiezza) intitolato Note sul colorito dialettale della D.C. (in " Studi d. " XIII [1928] 31-45; XV [1931] 126-128), lo S. utilizza le sue precedenti esplorazioni sul retroterra dialettale della lingua letteraria per controbattere le osservazioni di uno studioso, S. Pieri, che nelle pagine dell' " Archivum Romanicum " del Bertoni si era mostrato ostile al restauro della patina arcaica della Commedia adducendo ad argomento l'incerto uso dantesco e la deformante mediazione dei troppi codici che frappongono tra noi e l'usus scribendi di D. lo spesso muro delle coloriture locali.
Merito dello S. è di aver tentato di stabilire una norma nello studio dei fenomeni linguistici registrati nella Commedia, tenendo conto a un tempo di quello che il Bally chiamava il carattere ‛ acronico ' della lingua letteraria, della capacità cioè che essa mostra d'impensati recuperi, e della familiarità di D. con consuetudini poetiche precedenti, sicule, bolognesi o toscane, storicamente determinanti nella formazione del tessuto linguistico e stilistico del suo poema.
Da questo studio in poi si segnala nello S. un più accentuato interesse per il travaglio metodologico, che presso i suoi contemporanei accompagna quasi sempre l'esercizio della critica, cioè una più attenta assimilazione da parte sua dei dettami dell'estetica crociana nella misura almeno in cui questa non contraddice ma conferma e teoreticamente giustifica la sua vocazione di studioso della lingua e della retorica medievali. Il Croce che lo S. predilige è quello che nel suo cammino verso il libro La Poesia del 1936 considera legittima la storia concreta del linguaggio e riabilita la retorica in rapporto alle esigenze della letteratura.
Tra gli studi dello S. raccolti nel volume Tradizione e poesia nella prosa d'arte italiana dalla latinità medievale a G. Boccaccio (Genova 1934; Roma 1943² e 1969) le ricerche consacrate allo stile della Vita Nuova e del Convivio fanno spicco per la centralità della loro disposizione e la limpidezza del loro assunto. Nel mettere a fuoco le conquiste della prosa dantesca lo studioso può giovarsi delle articolate indagini sull'ars dictandi e sulla prosa rimata nel Medioevo latino che egli è venuto compiendo. Così la Vita Nuova viene sì definita " legenda sanctae Beatricis ", ma tale definizione si articola in un'analisi tecnica dello stile leggendario e compunto del libello, analisi che abbraccia tutte le componenti del linguaggio della loda: le spinte allitterative, i giuochi etimologici fondati sul concetto della convenienza del nome alla cosa, le ripetizioni costanti indizio di un gusto retorico ancora giovanile e incerto.
Parimenti, se la definizione teoretica del Convivio viene ricondotta all'ambientazione scolastica che propriamente compete al trattato, la misura del suo linguaggio viene sperimentata dal critico in vista di una definizione più tecnica dei rapporti in esso esistenti tra ritmo e significato.
Negli anni dell'insegnamento romano lo studioso rivolge in prevalenza la sua attenzione alla retorica dantesca e quindi al testo del De vulg. Eloq. che ne è il luogo topico (Lettura del De vulg. Eloq., corso di storia della lingua italiana, Roma 1959). Nella certezza dell'importanza decisiva del manoscritto berlinese scoperto e studiato dal Bertalot (certezza che rappresenta una sorta di palinodia per le perplessità troppo a lungo intrattenute dai suoi maestri), lo S. si ferma a considerare un punto (II IV 2) che quel manoscritto egregiamente restaura, dove la poesia ‛ poesis ' viene definita fictio rethorica musicaque poita o, come felicemente gli viene fatto di tradurre, quale " finzione (allegorica) strutturata in versi secondo retorica e musica ". Partendo da questo punto cruciale del testo, lo S. penetra nell'artis ergasterium dantesco e ricostruisce le tappe attraverso cui D. giunge alla formulazione di una dottrina retorica che porta nel cuore delle consuetudini poetiche medievali regole e concetti che hanno conservato il crisma e la voce di una classicità lontana, ma non definitivamente perduta.
Tra gli altri scritti danteschi dello S. gioverà ricordare: Del tipo " parofia " ‛ parochia ' (Dante, Par., XXVIII, 84), in " Studi d. " V (1922) 99-131; recens. a D. e la Liguria, Studi e ricerche, Milano 1925, ibid. XI (1926) 154-158; recens. a E. Sicardi, La lingua italiana in D., Roma 1928, ibid. XIII (1927) 95-97; recens. ad A. Sacchetto, L'idioma nostro nel pensiero di D., ibid. XV (1931) 126-127; recens. ad A. Marigo, Il " cursus " nel " De vulgari Eloquentia " di D., ibid. XVII (1933) 115-119; A proposito dello stile comico di D., in Momenti di storia della lingua italiana, Roma 1953, 43-56; ‛ Poesis ' e ‛ poeta ' in D., in Studia philologica et letteraria in honorem L. Spitzer, Berna 1958, 379-389 (poi in Mercanti. Poeti. Un Maestro, Milano-Napoli 1959, 38-58), e v. ora la voce POESIA in questa Enciclopedia; D., Retorica, Medioevo, in Atti del Congresso Internazionale di Studi Danteschi 20-27 aprile 1965), Firenze 1966, II 155-186.
Bibl. - E. Giachery, A.S., in Letteratura Italiana. I critici, IV, Milano 1969, 3129-3145; M. Marti, A.S., in " Giorn. stor. " CXLVIII (1971) 631-635; F. Gabrieli, A.S., in " Atti e Mem. Accad. Arcadia " s. 3, V 2-3 (1971) 1; M. Dardano, in " Lingua Nostra " XXXII (1971) 112-114; G. Contini, A.S., commemorazione tenuta il 9 dicembre 1972 all'Accad. dei Lincei, Roma 1973.