GUZZONI, Alfredo
Nacque a Mantova, il 12 apr. 1877, da Postumio e Dejanira Giubellini. Entrato come allievo nella Scuola militare di Modena nel 1894, ne uscì due anni dopo sottotenente di fanteria, destinato al 59° reggimento a Monteleone Calabro. Rimase nel medesimo reparto fino al 1907, anche dopo la promozione a tenente accordatagli nel 1899. Nell'autunno del 1901 sposò Bice Cecchini, dalla quale ebbe due figlie e un figlio.
Dal 1907 all'agosto 1911 frequentò i corsi della Scuola di guerra, essendo poi promosso, a scelta, capitano. In esperimento al corpo di stato maggiore, fu dapprima impiegato a Roma e, successivamente, a Padova. Assegnato ai primi del 1913 al 51° reggimento fanteria, passò, dopo un anno, al II battaglione mobilitato del 52° reggimento, con il quale raggiunse Bengasi alla fine di febbraio.
Per un anno il G. fu capo di stato maggiore della zona militare di Cirene, per ritornare poi al battaglione mobilitato, con il quale ottenne un encomio solenne per gli scontri di Mkeinen e Gerrari e per la sorpresa di Kaulan.
Tornato in Italia nel maggio 1915 al 51° fanteria, fu subito dopo assegnato all'intendenza della IV armata e, a dicembre, promosso maggiore. Capo di stato maggiore della 7ª divisione fanteria dall'agosto 1916, fu trasferito al comando del IV corpo d'armata nel gennaio 1917, venendo subito dopo promosso tenente colonnello e nominato capo di stato maggiore dell'11ª divisione fanteria. Con questa grande unità, e grazie anche ai suoi interventi in prima linea, il G. ottenne una medaglia d'argento al valor militare per la sua azione sul San Gabriele, presso Gorizia, e successivamente la promozione a colonnello. Per breve tempo a disposizione del comando supremo, venne nominato capo di stato maggiore del XXVII corpo d'armata, dal gennaio 1918, e del III corpo d'armata dal settembre dello stesso anno, meritando una seconda medaglia d'argento e la croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia per il suo operato sul Montello, a giugno, durante la battaglia del Piave, e poi nel Trentino occidentale, durante l'ultima fase del conflitto; venne quindi assegnato, nel dicembre 1918, al comando dell'Ufficio operazioni.
Qui ebbe modo di far valere le sue doti di organizzatore nel gestire i due maggiori problemi, legati all'esecuzione delle clausole dell'armistizio, che si affacciavano in quei primi mesi del dopoguerra: l'occupazione, oltre che delle "terre redente", anche del Tirolo e della Dalmazia e i lavori di ricostruzione nelle zone liberate, il tutto da conciliare nell'ambito della progressiva smobilitazione dell'esercito.
Le capacità e le conoscenze acquisite dal G. in questo delicato compito furono alla base dei due successivi incarichi: dal febbraio 1920 al luglio 1921, capo di stato maggiore della Commissione interalleata di controllo per l'Austria e, successivamente, di quella per l'Ungheria, fino al maggio 1924.
Nel giugno di quell'anno venne nominato capo della segreteria militare del ministro della Guerra e, nell'aprile dell'anno successivo, ricoprì per brevissimo tempo l'incarico di capo di gabinetto. Nel giugno 1925 tornò in Ungheria, come presidente della Commissione interalleata di controllo, e vi rimase fino all'aprile 1927, pur essendo stato nominato, nel dicembre 1926, comandante del 58° reggimento fanteria. Conservò quest'ultimo comando sino al maggio 1929, per passare poi a disposizione del ministero della Guerra come capo dell'Ufficio ordinamento. Promosso generale di brigata il 1° genn. 1930, venne nominato comandante della III brigata alpini a Gorizia, per divenire poi, il 1° ott. 1931, comandante dell'Accademia di fanteria e cavalleria di Modena e della Scuola di applicazione di fanteria di Parma.
Dopo due anni, promosso generale di divisione, venne trasferito a Roma, per comandarvi la locale divisione militare territoriale, divenuta divisione granatieri di Sardegna nel febbraio 1934. Negli anni 1933 e 1935 il G. fu chiamato a far parte del Consiglio dell'Esercito.
Posto a disposizione del ministero delle Colonie, nel novembre 1935 partì per l'Eritrea, rimanendo ad Asmara, prima come vicegovernatore di quella colonia e poi, dal giugno 1936, come governatore.
Anche in questo ruolo il G. ebbe modo di far valere le proprie capacità organizzative, tenuto conto che l'Eritrea costituiva non solo la retrovia del fronte settentrionale - attraverso le cui scarse infrastrutture portuali e stradali dovevano affluire tutti i rifornimenti necessari per una positiva conclusione della campagna etiopica - ma anche la colonia sui cui abitanti si faceva affidamento per la costituzione e per l'inquadramento delle truppe coloniali. Il 1° genn. 1937, la promozione per meriti eccezionali a generale di corpo d'armata sancì la piena approvazione del suo operato, confermata poi dal titolo di governatore onorario, conferitogli nel 1938.
Rimpatriato nell'aprile 1937, il G. fu nominato comandante del corpo d'armata di Udine. Il 31 marzo 1939 venne improvvisamente convocato a Roma, dove gli fu conferito il comando delle truppe destinate a occupare l'Albania di lì a qualche giorno.
La ristrettezza dei tempi, la composizione poco omogenea del corpo di spedizione e le continue interferenze politiche non resero facile il compito del G., che si trovò costretto a seguire un piano che puntava esclusivamente sulla velocità di esecuzione. Comunque le operazioni, iniziate nella notte del 7 aprile con lo sbarco in quattro punti diversi della costa albanese, si conclusero nel giro di poco più di 24 ore, sia per la netta preponderanza delle forze italiane, sia per la ben congegnata preparazione politica, sia, soprattutto, per la scarsissima opposizione locale, concretatasi in un'iniziale resistenza a Durazzo e dintorni. Il G. seppe sfruttare la situazione spingendo al massimo le truppe celeri sul più importante obiettivo della spedizione, Tirana, che venne contemporaneamente raggiunta anche da un battaglione granatieri trasportato per via aerea. Non sembra possano essere imputate al G. alcune deficienze riscontrate nello svolgimento delle operazioni dovute soprattutto alla composizione dei reparti - con richiamati che non conoscevano l'uso delle armi e dei mezzi di trasporto e di comunicazione di cui erano ora dotati - e a una superficiale pianificazione degli sbarchi, con piroscafi inadatti e mancato rispetto delle modalità previste.
In riconoscimento dell'opera svolta il G. ebbe la nomina a comandante designato di armata e rimase a Tirana, come comandante superiore delle truppe d'Albania, provvedendo alla sistemazione difensiva di quel territorio e all'immissione delle forze armate albanesi in quelle italiane. Rientrato in patria, venne designato al comando della 4ª armata. Con questa, nel giugno 1940, prese parte alla breve campagna contro la Francia, che gli valse la nomina a commendatore dell'Ordine militare di Savoia.
Il riordinamento dei vertici militari, seguito al disastroso inizio della campagna di Grecia e alle dimissioni del maresciallo P. Badoglio, permise al G. di raggiungere l'apice della carriera con la contemporanea nomina, il 30 nov. 1940, alle cariche di sottosegretario di Stato per la Guerra e di sottocapo dello stato maggiore generale. Incarico, quest'ultimo, di particolare rilievo in quanto l'assenza da Roma del capo di stato maggiore generale U. Cavallero, impegnato direttamente in Albania, gli consentiva inevitabilmente una maggiore libertà di azione. Tuttavia, tale libertà di azione non fu apprezzata dal generale Cavallero che, rientrato a Roma, riorganizzò lo stato maggiore generale abolendo la carica di sottocapo e costringendo il G., il 24 maggio 1941, alle dimissioni da sottosegretario.
Il 1° novembre dello stesso anno il G., promosso generale di armata, venne collocato in congedo per raggiunti limiti di età. Fu però richiamato in servizio il 20 ott. 1942 e posto a disposizione del ministero della Guerra con incarichi speciali, per esser poi nominato, il 1° giugno 1943, comandante della 6ª armata e delle forze armate della Sicilia.
Caduta il 7 maggio Tunisi, era quasi certo che la Sicilia sarebbe stata il successivo obiettivo alleato. Dato il pieno dominio del cielo da parte degli Angloamericani, la situazione dell'isola si presentava già allora difficile, con la popolazione civile quasi del tutto priva di rifornimenti e con il grosso delle truppe disposto a cordone lungo le coste, con approntamenti difensivi e armamenti inadeguati, quasi senza mezzi di trasporto, con ufficiali anziani e con il 70% della truppa composto da richiamati. Il G., pur richiedendo rinforzi, dispose che, in caso di sbarchi nemici, venisse attuata dalle forze costiere una resistenza a oltranza, così da permettere l'intervento delle unità mobili italotedesche, tenute in riserva di armata. Ma, nella notte del 10 luglio, la netta superiorità aeronavale e l'abbandono delle piazze costiere di Augusta e Siracusa resero possibile lo sbarco angloamericano mentre quasi dovunque la difesa del litorale, affidata ai reparti costieri, non riuscì a essere protratta più di qualche ora. La controffensiva delle divisioni Livorno e Goering nelle zone di Licata e Gela venne ben presto stroncata dal fuoco navale. Messo così solidamente piede a terra, gli Alleati poterono proseguire nella loro offensiva, che il G. cercò di rallentare nei limiti del possibile, riuscendo a far traversare lo stretto di Messina a buona parte delle forze ai suoi ordini dopo 37 giorni di resistenza.
Sorpreso dall'armistizio dell'8 settembre, il G. si ritirò a vita privata. Due attacchi di R. Farinacci alla sua condotta delle operazioni in Sicilia, apparsi su Regime fascista, ne provocarono l'incarcerazione il 26 ottobre; l'11 novembre, comunque, il G., anche per l'intervento dei vertici militari tedeschi in Italia, era già stato scarcerato.
Nel dopoguerra tentò, inutilmente, di veder riconosciuta la propria azione di comando nella difesa della Sicilia.
Il G. morì a Roma il 15 apr. 1965.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. dell'Ufficio storico dello stato maggiore dell'Esercito, Biografie, 35/88; Diari storici, 2124/A, 2124/B, 2221, 2228-2229; Ibid., Arch. centr. dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato, 9/69; Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, Le truppe italiane in Albania (anni 1914-20 e 1939), Roma 1978, pp. 255, 258, 261, 263-266, 269 s., 274, 403-415; Id., Le operazioni del giugno 1940 sulle Alpi occidentali, Roma 1981, ad ind.; U. Cavallero, Diario 1940-1943, a cura di G. Bucciante, Roma 1984, ad ind.; Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, Diario storico del Comando supremo, II-IV, Roma 1988-90, ad indices; A. Santoni, Le operazioni in Sicilia e Calabria (luglio-settembre 1943), Roma 1989, ad ind.; M. Montanari, L'esercito italiano nella campagna di Grecia, Roma 1991, ad ind.; P. Crociani, Gli albanesi nelle Forze armate italiane 1939-1943, Roma 2001, pp. 21 s., 35, 90, 221-223.