FERRARA, Alfredo
Nacque a Reggio Calabria il 23 sett. 1864 da Costantino e da Filomena Cilea. Nel 1884 si impiegò presso il ministero delle Finanze come vicesegretario amministrativo nelle intendenze e fu addetto per alcuni anni alla segreteria particolare del ministro. Il 28 luglio 1887 si laureò in giurisprudenza presso l'università di Roma. Fu assegnato al segretariato generale del ministero e nel dicembre 1890 nominato segretario. Nel 1893 passò alla direzione generale del Demanio e delle tasse sugli affari, dove ricoprì la qualifica di segretario e poi, dal maggio 1900, di caposezione di divisione, prestando anche servizio per qualche tempo presso il gabinetto del presidente del Consiglio dei ministri. Nel 1897 si sposò a Roma con Ida Tkalac, da cui ebbe cinque figlie. Nel 1903 gli fu affidata, in qualità di regio commissario, l'amministrazione dei manicomi di S. Servolo e di S. Clemente, in provincia di Venezia.
I due istituti, retti fino ad allora da religiosi, erano stati oggetto già negli anni precedenti di inchieste che avevano messo in luce le pessime condizioni igieniche in cui erano tenuti i pazienti e i sistemi di cura antiquati e inefficienti, denunciando irregolarità sia nel campo tecnico-sanitario sia in quello amministrativo. Nella sua relazione il F., dopo aver esposto le ragioni che avevano portato prima alla sospensione e poi allo scioglimento dell'amministrazione dei due manicomil e dopo aver ricordato la precedente relazione del prof. Belmondo, pubblicata dopo l'indagine condotta dalla commissione nominata appositamente dal Consiglio provinciale di Venezia, indicò la causa della cattiva gestione negli statuti, che secondo la sua analisi non erano rispondenti alle norme legislative. Nonostante una lunga serie di ricorsi che i frati presentarono contro i provvedimenti del commissario, egli propose e attuò la fusione dei due manicomi in un'unica istituzione di beneficenza, con un'unica amministrazione e un'unica direzione sanitaria, rinnovando completamente gli statuti e i vari regolamenti interni.
Nel 1905 il F. chiese e ottenne di passare alle dipendenze del ministero dell'Interno e il 28 dicembre fu nominato consigliere di prefettura di Ia classe. Dopo aver prestato servizio presso la prefettura di Caserta, nell'ottobre 1906 fu destinato a Campobasso con funzioni di consigliere delegato; l'anno successivo ebbe la nomina effettiva in tale qualifica. In seguito venne assegnato alle prefetture di Porto Maurizio e de L'Aquila.
Nel 1910 fu incaricato, come commissario prefettizio, di gestire l'amministrazione comunale di Firenze fino alle elezioni del nuovo Consiglio, dopo che il precedente, di maggioranza popolare, aveva rassegnato le dimissioni a seguito della propria sconfitta e del successo dei liberali nelle elezioni parziali.
La lotta tra i due opposti schieramenti si accentrava soprattutto sul problema delle condizioni finanziarie del Comune, dichiarate molto difficili dalla giunta provinciale amministrativa. Dovendo nominare un commissario, il prefetto di Firenze aveva designato il F., che conosceva particolarmente competente nelle questioni contabili, finanziarie ed economiche.
Questi non si limitò strettamente al compito affidatogli e si occupò di molti altri affari importanti che erano stati lasciati in sospeso dal Consiglio comunale, adottando oltre un migliaio di deliberazioni. Alla fine del suo incarico fu criticato dall'opposizione, che lo accusava di aver esorbitato dai suoi poteri e di aver sconfinato nell'illegalità soprattutto nella compilazione del bilancio preventivo, con il quale egli imputava all'amministrazione popolare il deficit finanziario del Comune, sostenendo di fatto la vittoria dei liberali nel nuovo Consiglio comunale. Fu invece lodato dal prefetto di Firenze, per la capacità dimostrata nella sua opera di commissario, e proposto per una promozione nell'Ordine della Corona d'Italia, che ottenne nel gennaio 1911 con la nomina a commendatore.
Nel 1910 il F. prese servizio come consigliere delegato a Teramo e dopo pochi mesi, nel settembre 1911, a Napoli, dove, nel 1912, fu viceprefetto. Fu quindi nominato, nel gennaio 1913, prefetto di Reggio Emilia, e poi di Ascoli Piceno, di Catanzaro e di Lucca. In quest'ultima provincia, a cui era stato assegnato nel dicembre 1916, rimase per il periodo della guerra durante il quale fu accusato da parte della popolazione e da alcuni deputati di avere un contegno poco corretto nella vita privata e di manifestare in pubblico sentimenti filotedeschi. Nel marzo 1919 fu trasferito a Bari e un anno dopo collocato a disposizione. Quindi fu prefetto ad Agrigento (all'epoca Girgenti), poi a Messina e a Reggio Calabria. In questo periodo, il 26 giugno 1922, gli fu conferita la medaglia d'argento al merito della sanità pubblica, per l'opera svolta in occasione delle epidemie di colera del 1910-11 a Napoli, di influenza del 1918 a Lucca e di vaiolo del 1919 a Bari.
Come prefetto di Reggio Calabria dovette affrontare uno dei problemi più sentiti negli anni immediatamente successivi alla guerra, quello della terra ai contadini. Una serie di decreti regolava la concessione dei terreni e favoriva la costituzione di cooperative che potevano ottenere delle assegnazioni temporanee dietro parere e sotto il controllo di una commissione provinciale. Spesso le controversie che nascevano tra i proprietari dei fondi e le cooperative e la concomitante ricerca di appoggio presso partiti avversi mascheravano rancori personali e lotte di potere.
Una situazione del genere si era creata a Casignana, un piccolo centro della provincia di Reggio Calabria, dove la cooperativa "Garibaldi", presieduta da G. Naim, appartenente a una delle due famiglie più potenti del paese e appoggiata dai socialisti e dagli antifascisti locali, aveva ottenuto nel 1920 la concessione di una foresta di proprietà del principe Carafa di Roccella. Tale concessione fu revocata nel 1922 dalla commissione provinciale, dietro istanza dei proprietari per inadempienza degli obblighi stabiliti. Particolarmente interessati ai provvedimento di revoca erano i Nicita, la famiglia rivale dei Naim, che si appoggiavano al sottoprefetto di Locri (allora Gerace Marina) S. Leone e al partito fascista. Il prefetto F. il 10 sett. 1922 emanò il decreto con cui si dichiarava decaduta la cooperativa e si stabiliva la riconsegna del fondo dopo la notifica dei decreto stesso. Il sindaco di Casignana, F. Ceravolo, si rifiutò in un primo momento di dar luogo alla notifica, giudicando illegale il decreto prefettizio e temendo che si sarebbero verificati disordini tra la popolazione, ma cambiò idea quando il prefetto dispose di inviare sul posto la forza pubblica e si dimise per protesta. Il 21 settembre il vicecommissario E. Rossi, accompagnato da 20 carabinieri, volle attuare l'immediata riconsegna della foresta ai Carafa, e si trovò a fronteggiare sul terreno conteso i contadini che erano li giunti insieme con il sindaco. Una fucilata improvvisa diede origine a un tumulto, con il bilancio di 3 morti e diversi feriti, quasi tutti sostenitori della cooperativa. Il fatto ebbe risonanza su vari giornali e fu oggetto di interrogazioni in Parlamento, ma non si riusci a punire tutti i colpevoli, tra cui furono riconosciuti anche alcuni fascisti, giunti sul posto insieme con i carabinieri.
Il comportamento del F., che, pur avendo preso accordi con i rappresentanti della cooperativa per sospendere il decreto di revoca per qualche giorno, non ne aveva dato comunicazione al vicecommissario Rossi, fu ritenuto una delle cause del conflitto. Il prefetto attribuì invece la responsabilità degli avvenimenti all'iniziativa personale del Rossi, che aveva frainteso i suoi ordini, e all'atteggiamento di parzialità del sottoprefetto Leone, che già in passato egli aveva dovuto richiamare più volte per aver manifestato in modo troppo evidente la sua avversione all'amministrazione di Casignana. Il sottoprefetto e il vicecommissario furono entrambi trasferiti. Pochi giorni dopo un altro fatto denunciò la gravità delle tensioni esistenti nel circondario. L'occasione fu data dalla visita che il 4 ottobre il gerarca fascista on. G. Bottai volle fare a Casignana, dopo aver tenuto un discorso a Reggio Calabria; sulla strada del ritorno uno sconosciuto sparò sul gruppo, ferendo un fascista che accompagnava il deputato. Si parlò di attentato a Bottai, ma si avanzò anche il dubbio che si trattasse di un pretesto organizzato ad arte per dar luogo a una rappresaglia nei confronti dei Naim, la cui casa fu devastata dai fascisti subito dopo l'accaduto.
Come prefetto di Reggio Calabria, in seguito a questi incidenti, il F. fu sostituito, dapprima collocato a disposizione e poi inviato ad Ascoli Piceno; anche qui egli trovò una situazione inasprita dalle lotte tra elementi socialisti e fascisti; dopo pochi giorni, il 30 ottobre, essendosi egli opposto all'occupazione della città da parte dei fascisti, venne destituito e dichiarato in arresto dal segretario politico provinciale, e la notte del 31 scortato fino ad Ancona.
Collocato a disposizione del ministero, tra il novembre 1922 e il luglio 1923, il F. si occupò, come commissario, della gestione straordinaria dell'amministrazione comunale di Pesaro e poi di Vicenza. Nel settembre 1923 fu nominato prefetto della provincia di Padova; due anni dopo, il 25 maggio 1925, fu collocato a riposo, dopo 40 anni di servizio.
Il F. morì a Roma il 1º apr. 1939
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero Interno, Direzione generale Affari generali e personali, Personale f.s., Vers. 1930, serie VI, fasc. 4250; Ibid., Vers. 1947/0, b. 5, fasc. 420; Venezia, Manicomio di S. Servolo e di S. Clemente, Relazione del regio commissario A. Ferrara, Venezia 1904; Il tragico conflitto di Casignana, in Il Mattino, 29-30 sett. 1922; La verità sui fatti di Casignana, in Calabria rossa, 1ºott. 1922; E. Cordova, Ifatti di Casignana del 1922 e l'attentato all'on. Bottai, in Historica, XVIII (1965), 4, pp. 122 s., 128 ss.; E. Misefari, Le lotte contadine in Calabria nel periodo 1914-1922, Milano 1972, passim; A. Repaci, La marcia su Roma, Milano 1972, p. 524; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1989, ad Indicem; N. Capitini Maccabruni, Liberali, socialisti e Camera del lavoro a Firenze nell'età giolittiana (1900-1914), Firenze 1990, pp. 271, 338.