DE GIORGIO, Alfredo
Nacque a Napoli nel quartiere di Montecalvario il 18 nov. 1861 da Edoardo, nobile di origine friulana, e da Penelope Siciliano. Studiò musica presso il conservatorio di S. Pietro a Maiella e fu probabilmente compagno di studi del tenore F. De Lucia, suo carissimo amico e, più tardi, anche cognato.
Intrapresa la carriera di baritono, in occasione del giubileo della regina Vittoria (1887) il D. cantò - con Adelina Patti e Fernando De Lucia - al castello di Windsor, interpretando la parte di Figaro nel Barbiere di Siviglia diretto, nell'occasione, da L. Mancinelli (De Giorgio, 1926, p. 60). Nonostante questo ed altri precoci successi, non raggiunse in seguito esiti artistici notevoli e svolse la sua attività musicale piuttosto come maestro di canto. Negli Stati Uniti, a Baltimora, dove si era trasferito alla fine del nono decennio del secolo, conobbe e sposò Conception Walshe, eccellente pianista di origine irlandese, educata in un collegio di Monza. Da lei ebbe quattro figli: Amerigo (1891) e Maria (1892), nati a Baltimora, e, nati a Roma, Edoardo (1893) e Iole (1895), che divenne nota attrice del cinema muto con il nome di Edy Darclea (Enc. dello Spett., IV, col. 173).
Il trasferimento del D. a Roma, registrato già nel censimento del 1901, riceve ulteriore conferma nella Guida Monaci che lo riporta come maestro di canto nel 1903 in via Rasella 29, poi, dal 1905 al 1926, al civico 148 della medesima strada.
Come ha rilevato una recente mostra (1985) - il cui catalogo, oltre che l'esame di materiali inediti e ricordi del nipote, costituisce la fonte principale di questa biografia -, il D. nel 1897 cominciò ad interessarsi di fotografia; lo confermano varie immagini da lui sistemate in una raccolta in album (completata dai discendenti), miscellanea di ricordi della sua vita, contenente fotografie di viaggi, ritratti di familiari e amici (in particolare eminenti personaggi del mondo della lirica, come Mascagni, Tosti, Gramucci, Cilea), autoritratti al pianoforte, fotografie di professionisti vari, a cui si aggiungono cartoline, recensioni di concerti e opere liriche, ringraziamenti e congratulazioni da parte dei suoi allievi, ricordi di avvenimenti e spettacoli che ebbero come protagonisti i figli.
Verso il 1908, dopo aver usato vari formati, il D. adottò definitivamente la stereoscopia su vetro, usando macchine di tipo amatoriale messe a punto all'inizio del secolo da case affermate come la Richard e la Voigtländer. Grazie alla praticità del piccolo formato e alle possibilità che offriva soprattutto nel campo dell'istantanea, si dedicò con interesse e impegno all'uso di queste macchine tanto da porsi tra i migliori dilettanti di fotografia tra Otto e Novecento.
Quasi sicuramente era iscritto all'Associazione degli amatori di fotografia di Roma perché aderì al III congresso fotografico italiano riunitosi a Roma nel 1911 (Atti, Roma 1912, p. 155), e partecipò all'Esposizione internazionale di fotografia (inaugurata il 24 apr. 1911 a Castel Sant'Angelo) "con uno stereoscopio rotativo contenente n. 50 diapositivi raffiguranti Roma di notte" (Elenco delle opere esposte all'Esposizione internazionale di fotografia artistica, Roma 1911, p. 21), meritando una medaglia d'argento dal ministero della Pubblica Istruzione (Il Progresso fotografico, 1911, p. 316) e le lodi della critica contemporanea per l'originalità delle vedute, oltre che per l'ottima esecuzione tecnica.
Il D. usava una macchina Vérascope Richard e, per le riprese all'aperto, lastre stereoscopiche normali della Ilphord-Alpha Lantern; di notte o in ambienti chiusi adoperava con ottimi risultati le stesse lastre rese più rapide e sensibili con un procedimento di sua invenzione, tanto da raggiungere, proprio nel campo della fotografia notturna, i suoi migliori risultati tecnico-artistici (foto pubbl. in Urbis et Orbis, Roma, 10 ag. 1913, p. 1).
Come fotografo dilettante egli predilesse Roma in tutti i suoi aspetti culturali e mondani (strade, monumenti, musei, vita di società, avvenimenti sportivi, riprese sul set di attori e comparse cinematografiche, caffè, negozi, osterie, uomini e donne al lavoro), che catturò e fissò avvalendosi dell'istantanea e sfruttando la sua innata curiosità con l'occhio vigile di osservatore attento e con un piglio e un sapore giornalistico quasi da reportage, incline a comporre immagini artisticamente valide, piuttosto che a seguire un preciso atteggiamento critico. Il pregio maggiore della sua produzione fotografica, arricchita da ritratti in posa di personaggi di rilievo del suo tempo, riprese di eventi storici, fatti di cronaca, spettacoli e concerti straordinari (1908-1922), è costituito soprattutto dal suo particolare valore storico e documentario.
Da alcune targhette a stampa di carattere commerciale applicate sulle custodie dei suoi negativi si ha la prova di una sua attività professionale, seppure limitata, iniziata dopo la fine della prima guerra mondiale, svoltasi per lo più nel genere del ritratto e rivolta al pubblico mondano della capitale, attività in cui il fotografo sfruttò fra l'altro la sua abilità di disegnatore per eliminare, ritoccando i negativi, alcuni difetti tecnici ed abbellire i personaggi fotografati.
Costretto ad interrompere l'attività fotografica per motivi di salute intorno al 1922-23, morì a Roma il 26 dic. 1926.
Gran parte del corpus delle sue immagini (circa 1.500 stereogrammi di vedute romane e di viaggio, oltre che di ritratto e di documentazione della vita teatrale e cinematografica del suo tempo) già depositata presso l'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione appartiene a collezione privata ignota; un altro gruppo (di cui non si conosce l'esatta entità numerica) è di collezione privata romana (Archivio fotografico Nadia Murgioni).
Poco prima di morire il D. aveva pubblicato un libro Chicchere e chiacchiere: aneddoti, spigolature, amenità (Roma 1926), in cui, senza pretese di originalità e senza intenti letterari, era riuscito a presentare pienamente se stesso, ovvero la sua personalità estroversa e la sua vena umoristica, quella versatilità e quella capacità di intrattenimento che sono espressione e insieme rappresentazione arguta del suo tempo e del suo ambiente.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Giornale d'Italia, Roma, 1° genn. 1927, p. 3; Annuario musicale italiano, Roma 1924-25, p. 208; ibid. 1926, p. 167; recensione ad A. De Giorgio, Chicchere e chiacchiere, in Il Messaggero, 10 giugno 1926; Memoria fotografica (1908-1923) - Dall'album romano di A. D. (catal.), Roma 1985 (in partic. le notizie biografiche, a cura di C. Vighy, pp. 10, 129-31, e le note bibliografiche, a cura di P. Becchetti, p. 19).