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CASATI, Alfredo

di Marina Bonaccini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)
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CASATI, Alfredo

Marina Bonaccini

Nacque a Milano il 1° ott. 1857 da una famiglia di modestissime condizioni economiche: del padre Luigi si ignora la professione, della madre, Virginia Sottocornola, si sa che era "servente". La disagiata situazione familiare gl'impedì di compiere studi regolari e, ancor molto giovane, il C. entrò in fabbrica come operaio bronzista. Il precoce contatto con il mondo del lavoro lo portò rapidamente a maturare una coscienza politica: entrato giovanissimo nelle file della Fratellanza operaia, organizzazione d'ispirazione mazziniana, intorno al 1880 si spostò verso posizioni democratico-radicali e aderì al Circolo operaio milanese.

Era questa una associazione collegata al Consolato operaio, federazione a base cittadina di società di arti e mestieri con scopi prevalentemente assistenziali e mutualistici, sorta sotto gli auspici del direttore del Secolo, il radicale Carlo Romussi.

È in questo ambiente che il C. entrò in contatto con alcune delle personalità più significative del socialismo evoluzionista della Plebe: E. Defranceschi, E. Bignami, O. Gnocchi Viani. Con quest'ultimo, soprattutto, stabilì un'amicizia e una collaborazione politica molto solide, che sarebbero durate oltre un ventennio. All'intemo del Circolo operaio prima, e della Confederazione operaia lombarda in seguito, si schierò con quella corrente, rappresentata da G. Croce, A. Dante e da C. Lazzari, favorevole alla creazione di un organismo politico autonomo delle masse lavoratrici, classista, operaio, antiborghese, con obiettivi esclusivamente economici e sindacali: organizzazione dei lavoratori salariati in leghe di resistenza, rivendicazione del diritto di sciopero, lotta aperta tra capitale e lavoro.

Nel maggio 1882, infatti, fu uno dei fondatori della Lega dei figli del lavoro, la sezione elettorale del Circolo operaio, costituita allo "scopo di trattare la questione operaia nelle elezioni politiche e amministrative e concorrere alla formazione di un partito operaio indipendente da tutti gli altri partiti" e partecipò alla stesura del programma della sezione milanese del partito operaio. L'anno successivo fu uno dei promotori del Fascio operaio, al quale collaborò con continuità fino alla cessazione delle pubblicazioni, avvenuta nel 1890. Negli anni dal 1883 al 1885 il C. svolse un'intensa e vasta opera di propaganda dei principi operaisti, di organizzazione dei lavoratori in leghe di resistenza, di direzione e di appoggio delle lotte rivendicative, non solo nella città e provincia di Milano, ma anche in diverse zone dell'Italia settentrionale. Più volte arrestato e condannato per questa sua attività, il C. riuscì a conquistare un notevole prestigio e seguito all'interno della corrente operaista. Nel 1885, nel corso del congresso di fondazione del Partito operaio italiano (P.O.I.), divenne membro del Comitato centrale del nuovo organismo e, l'anno dopo, in occasione delle elezioni politiche, fu presentato candidato nei collegi di Vercelli e Valdarno. In seguito al decreto di scioglimento che nel giugno 1886 colpì il P.O.I., fu tratto in arresto insieme agli altri maggiori esponenti del partito; riconosciuto reo di incitamento alla guerra civile, fu condannato a 9 mesi di carcere.

La reazione governativa non riuscì comunque a frenare lo sviluppo del nuovo partito operaio: esso andò lentamente assumendo i caratteri di un'organizzazione con tendenza a un'espansione nazionale. La rete delle organizzazioni di resistenza legate ad esso, infatti, andò estendendosi oltre i confini delle province lombarde, al Piemonte, alla Liguria, all'Emilia, alla Toscana, e, seppure in misura molto scarsa, anche allo stesso Mezzogiorno. Di qui il sorgere del problema di una ridefinizione del ruolo, della funzione del partito e della sua collocazione all'interno del più vasto movimento operaio e socialista, in vista della creazione di un partito unitario a carattere nazionale.

Tornato in libertà, il C. prese parte attiva al dibattito in corso: in un articolo comparso sul Fasciooperaio nell'imminenza del congresso di Bologna del 1888, egli ruppe in modo deciso e clamoroso con gli anarchici, accusandoli tra l'altro di velleitarismo ottuso e di dottrinarismo inconcludente. La condanna consapevole e definitiva della via insurrezionale non fu, però, accompagnata da un'altrettanto chiara definizione dei rapporti tra socialismo legalitario e operaismo. A giudizio del C., per evitare il pericolo di trasformarsi in una "chiesuola", il P.O.I. avrebbe dovuto fare causa comune "con tutto il movimento socialista", senza abbandonare, tuttavia, quella che Gnocchi, Viani definiva la "via operaia, unicamente operaia, fin qui battuta". La riaffermazione del carattere "sociale" del P.O.I. fu ribadita anche dal successivo congresso di Bologna: se l'elaborazione del programma amministrativo comunale approfondì ulteriormente la spaccatura con il movimento anarchico, si deve anche sottolineare che quel programma, alla cui stesura il C. partecipò in prima persona, non attribuì assolutamente al partito una più chiara funzione e finalità politica.

Accanto alla battaglia ideologica, il C. continuò ad occuparsi in questi anni del lavoro di organizzazione sindacale, di direzione del movimento rivendicativo, del dibattito teorico e della attività pratica volti a creare a Milano la prima Camera del lavoro. Nel maggio del 1889, in seguito ad incidenti verificatisi durante le agitazioni agrarie dell'alto Milanese, zona dove la propaganda operaista era stata assai viva, l'intera redazione del Fascio operaio fu tratta in arresto e il giornale posto sotto sequestro.

Dopo poche settimane i redattori, e tra questi il C., furono prosciolti dalla accusa di incitamento alla lotta civile; la repressione governativa, tuttavia, provocò notevoli smagliature nella rete organizzativa del partito operaio. Il periodico, dopo una bseve ripresa delle pubblicazioni, fu costretto a trasferire la propria redazione ad Alessandria; neppure questa iniziativa, però, valse a salvare il Fascio operaio che, dopo poco, fu definitivamente costretto al silenzio. Privato del suo mezzo di propaganda, il P.O.I. vide restringersi la sua sfera d'azione e la sua base di massa.In questa situazione di vuoto e di stallo sorse, per iniziativa di Turati, Lazzari e C., la Lega socialista milanese, che raccoglieva socialisti, intendendo la parola - come precisava Turati - "con una certa larghezza, ma senza confusionismo", operaisti di convinzioni socialistiche, con ferma esclusione degli anarchici. Come è noto la Lega compì un'importante opera di chiarificazione del contenuto ideologico e politico del programma socialista.

Sorta come associazione del P.O.I., sotto la guida di Turati essa andò lentamente svincolandosi dall'economicismo e dalla pregiudiziale contro la politica di pura matrice operaista, per giungere a una concezione della lotta politica come lotta di classe, nel cui quadro erano ampiamente assunte e giustificate le stesse lotte del lavoro.

Ma il maturare di queste posizioni non fu senza contrasti: all'interno della Lega, con la strenua e costante opposizione del C., si cominciò a delineare quella frattura tra l'ala turatiana e l'ala operaista che avrebbe ipotecato tutto il processo di formazione del partito socialista italiano.

Lo scontro tra Turati e il C. divenne aperto e violento nel corso del congresso operaio di Milano del 1891, definito di formazione del Partito dei lavoratori italiani. Il secondo, temendo "il dilagare del parlamentarismo", lo snaturamento del partito operaio in un movimento democratico-borghese, continuò a sostenere la priorità dell'organizzazione economica su quella politica del proletariato. Di qui la sua aperta opposizione in tema di legislazione del lavoro e di costituzione del nuovo partito operaio socialista. Solo la mediazione di Lazzari, compiuta in nome dell'unità del movimento operaio, riuscì a far desistere il C. dal riproporre i vecchi schemi operaistici della chiusura del partito ad elementi non operai.

Terminato il congresso, il C. riprese, però, la sua battaglia e con testarda tenacia continuò a riproporre i termini della sua opposizione, imperniati sull'esclusivismo operaista, sul rifiuto di ogni azione politica della classe operaia e dell'appellativo di "socialista" per il nuovo partito. Al congresso di Genova, forte anche della adesione delle società facenti capo al Fascio dei lavoratori di Milano, non esitò a dar battaglia aperta al programma turatiano, ottenendo l'appoggio pressoché incondizionato degli anarchici. A scissione avvenuta rimase con gli anarchici nella sala Sivori e diede vita a un secondo Partito dei lavoratori che adottò lo statuto e il programma del P.O.I. Questa formazione politica ebbe, però, scarso seguito e vita brevissima.

Nel febbraio 1893, continuando quella alleanza con gli anarchici che aveva inaugurato a Genova, fondò un Circolo di studi sociali denominato "Agitate e agitatevi". Anche questa associazione, senza capo né statuto, ebbe vita molto breve e esaurì la sua attività in conferenze pubbliche e in distribuzione di materiale propagandistico.

Il C., ormai isolato e solo, tornò al lavoro di organizzatore sindacale: segretario della Società di miglioramento e della Lega di resistenza tra i muratori, pur tra perplessità e dubbi, si avvicinò progressivamente al partito socialista. Non si conosce la data esatta della sua iscrizione al partito; il suo nome, però, figura tra quello dei candidati socialisti per le elezioni politiche del 1895 nel collegio di Gorgonzola. Questa candidatura, che pare gli sia stata imposta dal partito senza il suo preventivo consenso, provocò una vivace reazione da parte del Casati. In una lettera aperta all'Italiadel Popolo di Dario Papa, dopo aver accusato il partito di autoritarismo, approfittò dell'occasione per manifestare il suo aperto dissenso nei confronti della politica elettorale del P.S.I., impermata, a suo dire, sui "battaglioni elettorali". Questo atto di insubordinazione provocò severe reazioni: su proposta di Lazzari i socialisti milanesi giunsero a decretarne l'espulsione dal partito. La misura venne revocata solo dopo una pubblica dichiarazione dei C. di adesione ai principî e alla tattica del partito; egli non si integrò, però, mai completamente nella disciplina di partito, rimase piuttosto, come polemicamente amava definirsi, un "operaio-socialista".

Condannato nel 1895, dopo lo scioglimento del P.S.I., a cinque mesi di confino a Sondrio, l'anno successivo fu presentato di nuovo candidato alle elezioni politiche nel collegio di Varese. In seguito allo scoppio dei moti del 1898, per sfuggire alle persecuzioni poliziesche, riparò a Lugano; al suo rientro in Italia non fu possibile alla questura raccogliere elementi sufficienti per una sua incriminazione.

Le tracce della sua attività politica, già scarse dopo il 1892, divennero, con il nuovo secolo, del tutto insignificanti. All'interno del partito socialista non ricoprì mai cariche di un qualche rilievo; continuò, invece, fedele ai suoi ideali di gioventù, a dedicarsi all'attività sindacale e rivendicativa.

Convinto pacifista, svolse una vasta azione di propaganda neutralista, sia nei mesi immediatamente precedenti sia nel corso della prima guerra mondiale. Al termine del conflitto fu incaricato dalla Federazione socialista milanese di riorganizzare le sezioni cittadine del partito.

Il C. morì a Milano il 16 dic. 1920.

La sua produzione saggistica non è vasta: oltre ai numerosi articoli apparsi sul Fascio operaio, tra gli anni 1883 e il 1890, solo due suoi scritti sono giunti a pubblicazione. Si tratta di brevi opuscoli, l'uno di argomento sindacale: L'abolizione del lavoro notturno dei lavoratori panettieri, Milano 1890, l'altro di agitazione e propaganda politica: Pace! Pace! Pace! Appello delle donne milanesi alle donne italiane, Milano 1916.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Centr. dello Stato, Casellario Polit. centrale;Milano, Istituto G. G. Feltrinelli, Fondo Casati;F. Anzi, Il partito operaio ital., 1882-1891, Milano 1933, passim;M. Bonaccini-R. Casero, La Camera del lavoro di Milano dalle origini al 1904, Milano 1975, adIndicem;R. Rigola, Storia del movimento operaio ital., Milano 1947, p. 78;C. Lazzari, Memorie, in Movimento operaio, IV (1952), pp. 621, 624 s., 633;L. Cortesi, La costituzione del PSI, Milano 1962, ad Indicem;G. Manacorda, Il movimento operaio ital. attraverso i suoi congressi (1853-1892), Roma 1963, ad Indicem;L. Briguglio, Il POIe gli anarchici, Roma 1969, ad Indicem;L. Cortesi, Il socialismo ital. tra riforme e rivoluzione, 1892-1921, Bari 1969, ad Indicem;D. Perli, Icongressi del Partito operaio ital., Padova 1972, ad Indicem;S. Merli, Autodifese di militanti operai e democratici davanti ai tribunali, Milano-Roma 1958, pp. 58-62; Il movimento operaio ital., Dizionario biogr., 1853-1943, a cura di F. Andreucci-T. Detti, I, Roma 1975, ad Indicem.

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