BACCARINI, Alfredo
Nacque a Russi (Ravenna) il 6 ag. 1826 da famiglia di piccoli commercianti originari di Brisighella. Dopo aver compiuto gli studi secondari nell'allora noto seminario Faenza, si iscrisse al corso di matematica e fisica all'università di Bologna. Arruolatosi fra i volontari romagnoli che nel marzo del 1848 partirono da Bologna per congiungersi con gli insorti modenesi, fece tutta la campagna del Veneto e, distintosi allo scontro di Vicenza, ebbe la promozione a sergente. Quando la colonna fu sciolta in seguito alla caduta di Treviso, riparò in Bologna dove riprese gli studi. Si era intanto iscritto al Circolo universitario democratico degli studenti e probabilmente anche alla massoneria. Quando, nel maggio del '49, gli Austriaci si apprestarono ad investire gli Stati pontifici, si arruolò nei contingenti bolognesi; nominato sottotenente del Genio partecipò ai lavori di fortificazione delle mura e fu tra i difensori di Porta Galliera. Penetrato il nemico in città (8 maggio), fuggì a Russi dove rimase nascosto per qualche tempo.
Ormai noto per le sue opinioni politiche, gli fu negata la prescritta autorizzazione ecclesiastica per potersi presentare agli esami di laurea: dovette perciò rinunciare a frequentare la Scuola d'applicazione per ingegneri di Roma. Solo tre anni più tardi gli fu concesso di laurearsi; si era intanto impiegato presso l'ufficio degli ingegneri provinciali di Ravenna.
Confermato nelle sue funzioni dal dittatore L. C. Farini, non ebbe parte rilevante nei moti del 1859-60. Riordinato il corpo del Genio civile fu nominato, nel marzo 1860, ingegnere di II classe e quasi immediatamente chiamato a Torino a far parte della commissione incaricata di studiare il tracciato di una ferrovia che attraverso le Alpi collegasse il sistema ferroviario italiano con quello dell'Europa centrale. Per l'ottima prova fornita ricevette offerte di nuovi incarichi: Bixio gli propose di far parte della commissione per la riforma degli istituti nautici; ma rifiutò e ritornò a Ravenna.
Fino al 1864 fu commissario per la costruzione della ferrovia di Castelbolognese e, terminata l'opera, venne promosso ingegnere di I classe del Genio civile e nominato direttore dei lavori al portocanale Corsini.
Pubblicò in questo periodo due brevi monografie, Ragguaglio storico tecnico sul portocanale Corsini (Firenze 1868) e Del movimento marittimo e commerciale del porto Corsinì o di Ravenna e di alcune proposte che ne dipendono (Ravenna 1870): nella prima illustrava la necessità di diligenti cure per quel porto artificiale, i sistemi di manutenzione e di miglioramento del portocanale, nonché la possibilità di coprire le spese relative; nella seconda sviluppava la sua proposta di valorizzare la felice ubicazione di quel porto nell'Adriatico, sia coordinando il sistema ferroviario al traffico marittimo, sia migliorando tutte le attrezzature portuali.
Nel frattempo, eletto consigliere comunale di Russi e poi di Ravenna, assessore ai Lavori Pubblici e consigliere provinciale, svolse un'azione di risanamento amministrativo professando principi ultra democratici che non riuscirono graditi ai suoi superiori. Per questo motivo fu promosso ingegnere capo del Genio civile, ciò che permise di trasferirlo d'autorità a Grosseto (allora infestata dalla malaria), dove resse la direzione di quell'ufficio provinciale, dai primi del 1871 all'agosto del 1872.
Presentò quindi al governo una monografia, Sul compimento delle opere di bonificazione e sulla definitiva regolazione delle acque nelle Maremme Toscane,che, stampata nel 1873 per ordine del ministro G. De Vincenzi e premiata con la medaglia d'oro all'esposizione di Vienna, gli valse la chiamata a Roma presso il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. In tale scritto espose il risultato delle sue lunghe e pazienti osservazioni idrometriche sui corsi d'acqua della Maremma e indicò i mezzi. più atti ad assicurare il libero deflusso delle acque, in aggiunta alle diverse opere edilizie, stradali e di altra specie compiute e da compiersi per la bonifica integrale. Previde dieci anni di lavori e una spesa aggirantesi intorno ai dieci milioni di lire.
Promosso capo del servizio fluviale del ministero dei Lavori Pubblici, fu poco dopo nominato direttore generale delle opere idrauliche e rimase in tale carica dal 1873 al 1876. Stese importanti relazioni ufficiali, come quella Sulle piene dei fiumi nell'autunno dell'anno 1872, e pubblicò una nuova monografia, intitolata Le acque e le trasformazioni idrografiche in Italia (1875), che doveva servire d'ordito alle successive monografie per i diversi servizi dipendenti da quel ministero.
Nel 1875 il governo lo affiancò a Garibaldi negli studi che questi andava conducendo per la sistemazione del Tevere urbano e per la bonifica dell'Agro romano.
L'impresa del Tevere, propugnata da Garibaldi deputato di Roma, aveva assunto un chiaro significato polemico contro la tradizionale politica della Destra. Si trattava, infatti, più che di cancellare il ricordo della grave inondazione del 1870, di combattere le forze retrive e clericali che dominavano ancora in Campidoglio, con una grande politica di opere pubbliche diretta ad accelerare il vagheggiato progetto di trasformazione della capitale in una grande città commerciale ed industriale, dotata di un porto fluviale e di nuovi quartieri operai. Tale politica, alla quale il B. mostrò di non rimanere insensibile, tanto che da quel momento s'intensificarono i suoi rapporti con i maggiori esponenti delle organizzazioni democratiche della capitale, urtava contro una serie d'interessi locali e speculativi, oltre che contro la cattiva volontà del governo, poco incline ad assumere nuovi oneri finanziari per timore di vedere fallire l'antico obiettivo del pareggio. Quando il progetto Garibaldi-Baccarini fu presentato alla Camera, nella tornata del 23 maggio 1875, incontrò le previste opposizioni e solamente dopo una lunga discussione e una serie di emendamenti sfociò, trasformato e snaturato, nella legge 6 luglio 1875, n. 2583, concemente le "opere idrauliche per preservare la città di Roma dalle inondazioni del Tevere".
Poco dopo, in una monografia intitolata Sull'altezza di piena massima del Tevere urbano e sui provvedimenti contro le inondazioni (Milano 1875), il B. chiarì che il suo progetto si fondava, dal punto di vista tecnico, sulla costruzione a monte di Roma di uno scaricatore atto ad abbassare il livello di piena massima del fiume. La spesa prevista per la costruzione dello scaricatore e la conseguente sistemazione degli argini si aggirava sui sessanta milioni di lire.
Due anni dopo, sollecitato dagli organizzatori della Mostra internazionale delle scienze geografiche, inviò loro una memoria intitolata Appunti di statistica idrografica italiana (1877), che costituisce il punto d'arrivo dei suoi studi di idraulica: in essa tornava sul problema dell'erosione cagionata dalle acque piovane e dal corso precipitoso dei fiumi, proponendo modernissime soluzioni per abbassare l'altezza delle piene massime, specie con la creazione di bacini montani di trattenuta.
Il passaggio dalla vita tecnico-amministrativa alla vita politica, avvenuto definitivamente in quegli anni, doveva allontanare il B. dai problemi particolari che lo avevano finora assorbito e provocare un apparente rallentamento della sua produzione scientifica. Eletto per tre volte dal primo collegio di Ravenna, non aveva potuto entrare in parlamento perché il numero dei deputati-impiegati, fissato dalla legge ed ormai coperto, non consentiva la convalida della sua elezione. Ma nel 1876 gli elettori di Sant'Arcangelo di Romagna riuscivano a mandarlo alla Camera, e, costituitosi il primo ministero Depretis, il neo-eletto, noto per l'antica amicizia che lo legava a parecchi esponenti della Sinistra e per la sua profonda competenza professionale, fu chiamato alla carica di segretario generale del ministero dei Lavori Pubblicí, di cui era titolare Giuseppe Zanardelli.
Il 18 giugno del 1876, in un discorso ai suoi elettori, aveva ínsistito, enunciando il suo programma politico, sulla necessità di controllare le spese per un migliore investimento dei pubblico denaro. E difatti, trovato in parlamento l'ordine del giorno relativo al riscatto delle ferrovie dell'Italia settentrionale, questione ormai pregiudicata dalla stipula della convenzione di Basilea, il B., premendo sullo Zanardelli, si preoccupò di rendere la convenzione meno gravosa alle finanze dello Stato, migliorandone i patti contrattuali e realizzando, alla fine, una economia di oltre dodici milioni di lire. Entrato poco dopo in dissenso con lo Zanardelli, per questioni tecniche, specie sulla riforma dei Genio civile, il Depretis gli mandò D. Farini per indurlo "ad andarsene". Nel suo diario Farini lasciò scritto che vi "riuscì a stento". Il 31 dic. 1876, pur conservando la propria amicizia allo Zanardelli, il B. rassegnava le dimissioni da segretario generale e da direttore delle opere idrauliche, riprendendo il posto di semplice ingegnere del Genio civile. Poco dopo, lo Zanardelli, che era uscito dal gabinetto Depretis per non aver voluto apporre la sua firma alle convenzioni ferroviarie, lo raggiungeva sui banchi dell'opposizione. E quando venne formato il ministero democratico presieduto da Benedetto Cairoli (24 marzo 1878), entrambi gli amici entrarono nel governo, lo Zanardelli agli Interni e il B. ai Lavori Pubblici. Dopo la breve parentesi del terzo gabinetto Depretis (19 dic. 1878-14 luglio 1879) s'inizia la lunga permanenza del B. al dicastero dei Lavori Pubblici che si protrarrà attraverso i due gabinetti Cairoli (14 luglio 1879-29 maggio 1881) e il quarto ministero Depretis (29 maggio 1881-25 maggio 1883).
Nei nove mesi del suo prima ministero il B. presentò oltre venti disegni di legge concernenti le ferrovie, le bonifiche e la riforma dei corpi tecnici. Aveva in animo di giungere ad un sistema completo di viabilità, coordinato con lo sviluppo dei porti e della rete ferroviaria. Tre fra i progetti da lui presentati lasciarono notevole impronta: il primo, relativo al completamento della rete ferroviaria del regno, l'altro per la costruzione in dieci anni di nuove opere stradali e idrauliche, e il terzo pel riordinamento del corpo civile. Tentò d'imporre alle società ferroviarie di servirsi dell'industria metalmeccanica nazionale per rifornirsi di materiale rotabile ed a questo fine presentò un progetto di legge (18 giugno 1883) che, dopo le sue dimissioni, venne profondamente modificato dal Depretis.
Non mancò di considerare gli stessi problemi sotto il profilo.sociale: cercò di facilitare la concessione di appalti pubblici alle cooperative di lavoratori; migliorò le condizioni dei dipendenti statali; sostenne che per i lavori di bonifica lo Stato dovesse, in considerazione degli alti fini della lotta contro la malaria, anticipare le somme ed eseguire i lavori senza attendere la riscossione dei contributi privati. Consigliò, inoltre, il riordinamento dell'assistenza pubblica, l'istituzione di casse di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'erogazione di pensioni di vecchiaia, lo sviluppo delle casse postali di risparmio allora dipendenti dal ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1882presentò un disegno di legge per garantire nei lavori eseguiti dallo Stato un minimo salariale.
Nel quarto gabinetto Depretis, il B. rappresentava l'estrema sinistra radicale, e, quando furono chiare le prime avvisaglie del trasformismo, fu il primo a lanciare il grido di allarme. Zanardelli, titolare del dicastero di Grazia e Giustizia, lo seguì su questa via: dopo le elezioni dei 1882 si discostarono sempre più dal Depretis. Ormai la loro situazione all'interno del Consiglio dei ministri si era fatta pressoché insostenibile: su nove ministri - come ricordò il B. - se ne trovavano sei sempre disposti a fare la volontà del Depretis e a lasciare le proposte degli altri due in minoranza costante. La stampa moderata, in specie La Perseveranza, La Rassegna e L'Opinione, premevano per l'allontanamento dei due ministri, tesi sostanzialmente condivisa dal Depretis, anche se non apertamente, a causa della sua posizione di capo della sinistra. Accentuatasi la tendenza del Depretis verso i gruppi della destra finanziaria e politica, il 19 maggio 1883 il B. si recò alla Camera col proposito dichiarato di "gettare il portafogli dalla finestra". In un fiero discorso dichiarò di non esser disposto a transazioni di principio e nella discussione che seguì, cui partecipò attivamente il Minghetti, il ministero fu costretto a rassegnare le dimissioni. Il Depretis fu reincaricato, fece il rimpasto ed il trasformismo prevalse: Cairoli, Crispi, Zanardelli, Nicotera e il B. costituirono la cosiddetta "Pentarchia" e fondarono La Tribuna.
Tornato sui banchi dell'opposizione il B. fu più attivo che mai: combatté le convenzioni ferroviarie Genala-Depretis (1884-1885), perché a suo giudizio avrebbero creato monopoli e privilegi incompatibili con l'interesse e con la dignità dello Stato. Alla fine della lunghissima discussione il progetto governativo passò di stretta misura, per una ventina di voti. Tale risultato fu giustamente salutato come una vittoria dei pentarchici e della estrema sinistra, anche se aveva contribuito al successo la destra spaventiniana. Il B., che aveva sopportato il peso maggiore della discussione, vide salire il suo prestigio e la sua autorità rafforzarsi. Ancora nel novembre del 1885 il B. ed il Caíroli, votando contro il progetto Depretis-Magliani di perequazione della imposta sui terreni, contribuirono ad orientare i deputati meridionali, decisamente avversi al progetto, verso la pentarchia.
Ma ben presto apparvero dissensi fra pentarchici settentrionali e meridionall. Assai significativo fu quello che scoppiò fra il Crispi e il B. quando quest'ultimo, in un discorso tenuto agli elettori di Sant'Arcangelo di Romagna (1885), formulò un programma accentuato di legislazione sociale e d'intervento dello Stato nelle vertenze salariali. Le scandalizzate reazioni della stampa governativa, del Popoloromano e della Perseveranza,nonché l'atteggiamento della stessa Tribuna fecero capire al B. che la sua intransigenza lo portava all'isolamento politico.
Ormai fermo su posizioni di radicalismo democratico, esponente più avanzato della sinistra pentarchica, volle mantenersi estraneo anche al vasto fenomeno di organizzazione delle masse da parte degli anarchici e dei primi socialisti. Vagheggiava in quel periodo, come dichiarò in un discorso del 18 nov. 1888 a Faenza, un partito democratico che "non deve spaventarsi di alcuna riforma, quando a chiari segni si manifesti matura".
Continuò la sua battaglia politica e parlamentare prendendo risolutamente posizione sulle più gravi questioni ed impegnandosi nella difesa delle riforme che aveva sempre propugnato. Combatté la nuova politica africana perché contrario ad uno stanziamento italiano nel Mar Rosso prima che nel Mediterraneo. Pur non appoggiando il governo, apprezzò e sostenne il Finali quando questi, ministro dei Lavori Pubblici, si oppose alle pretese delle società ferroviarie: nella seduta del 25 febbr. 1887 il B. pronunciava un importante discorso in difesa delle costruzioni eseguite a cura diretta dello Stato. Tornò poi su tale argomento con una serie di pubblicazioni.
Nella monografia intitolata Le costruzioni ferroviarie in Italia (Firenze 1888)rifece la storia delle precedenti leggi del 1879,1881 e 1882 mettendole a raffronto con quella del 1885, affermando la suprema necessità di regolare il nuovo e maggior carico finanziario in maniera tale da non riversare sui contribuenti futuri un peso maggiore del ragionevolmente ammissibile. Ancora nel luglio del 1888,con una serie di lettere al direttore della Tribuna, mise l'accento sulla mancata perequazione regionale nella distribuzione dei lavori ferroviari e criticò alcuni aggravi di spesa. Con la monografia La direttissima Roma-Napoli (Firenze 1889)trattò gli aspetti tecnici del problema a favore di un tracciato litoraneo. Con un ultimo opuscolo sulle convenzioni Saracco del 1889terminarono i suoi contributi sulla questione ferroviaria.
Nel 1887, quando Crispi entrò nell'ultimo gabinetto Depretis, il B. fu invitato a far parte del governo, ma rifiutò, dichiarando che fare un ministero coi Depretis significava dare "un colpo fatale al partito". Morto il Depretis, invano il Crispi gli mandò A. Fortis a Ravenna per indurlo ad accettare un nuovo portafoglio. L'atteggiamento del B. rimaneva quello del 1883, per la sua avversione a ogni trasformismo; passato lo Zanardelli al Crispi, il B. rimase solo col Cairoli e coi restanti esponenti della pentarchia settentrionale. Dedicò gli ultimi anni della sua vita alla battaglia amministrativa che si svolgeva a Roma tra laici e clericali. Fu la mente e l'anima della grande vittoria che nel nome di Giordano Bruno i liberali conseguirono alle elezioni municipali dei 1889, travolgendo per la prima volta la giunta clericale.
La morte del Cairoli lo colse dolorosamente quando già non era più fermo in salute. Ne fece a Pavia una commossa commemorazione che può ritenersi il testamento politico di entrambi (1889). Pochi mesi dopo il B. moriva in Russi, il 3 ottobre 1890.
I discorsi del B. furono raccolti e pubblicati nel volume Discorsi politici (1876-1890), a cura di L. Rava, Bologna 1907, sul quale vedi l'articolo-recensione di D. Zanichelli intitolato A. B., nella Nuova Antologia del 16 genn. 1908.
Bibl.: Tra le commem. dei B., v. Atti parlam., Camera,tornata del 12 dic. 1890, Commemorazione del deputato A. B., pp. 9-19; ibid., Senato, tornata dell'11 dic. 189o, Commemorazione di A. B.,pp.21-22; Comitato liberale permanente per le elezioni amministrative di Roma, In memoria dei soci defunti A. B.... parole commemorative del generale Giacomo Sani, Roma 1890; D. Zainy, Commemorazione di A. B. alla società degli ingegneri, e degli architetti italiani in Roma,Roma 1891; C. Caldesi, Commemorazione di A. B. nel primo anniversario della morte, a cura del municipio di Russi, Faenza 1891. B. E. Maineri, A. B.,Roma 1878;C. Bonis, Il ministro B., Roma 1878;E. Piccione, A. B. ed i Partiti parlamentari in Italia, Roma 1891; S. Barzilai, A. B.,in Vita parlamentare, Roma 1912, pp. 69-79. Sulla asserita appartenenza del B. alla massoneria vedi G. Leti, Carbon. e masson. nel Risorgim. italiano, Genova 1925, p. 263. Sui problemi di Roma cfr. L. Rava, G.Garibaldi a Roma e A. B. per la sistemazione del Tevere urbano e la bonifica dell'Agro romano (con XXIV lettere inedite di Garibaldi ad A. B.), in Rassegna stor. del Risorgimento, XIX (1932), pp. 623-692; A. Caracciolo, Il comune di Roma fra clericali e liberali nel Periodo crispino (887-1890), in Movimento operaio, VI (1954), pp. 275-302;Id., Roma capitale dal Risorgimento alla crisi dello stato liberale, Roma 1956, pp. 93 ss., 194 ss., 199 ss., passim. Sul dissenso Zanardelli-Baccarini del 1876 vedi D. Farini, Diario di fine secolo (1891-1899), a cura di E. Morelli, II, Roma 1962, p. 1473. Sul rifiuto del B. di appoggiare il gabinetto Depretis Crispi, vedi F. Crispi, Politica interna, Milano 1924,p. 184. Sui rapporti con la Sinistra cfr. G. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1976 al 1887, Torino 1956, passim. Notizie sulla Pentarchia in R. De Mattei, La Pentarchia, in Studi politici, III (1954), pp. 573-588.