TORREGGIANI, Alfonso
– Figlio di Amadio e di Apollonia Calegari, nacque a Budrio, nel contado bolognese, il 17 novembre 1682 (Budrio, Archivio di S. Lorenzo, Registri battesimali, 1682).
Il padre, capomastro muratore, era figlio di un Sebastiano (forse discendente dell’omonimo argentiere bolognese del tardo Cinquecento) e fratello di Vincenzo, muratore anch’egli e costruttore del campanile della chiesa di S. Agata a Budrio (Servetti Donati, 1963, pp. 543 s.).
In gioventù Alfonso lavorò «di cazzolla sotto il padre e zio» (Archivio di Stato di Bologna, Gabella Grossa, Scritture citate negli atti della Congregazione della Gabella Grossa, 316 (1713-15), n. 54, 2°); in seguito divenne allievo del maggiore architetto bolognese dell’epoca, Giuseppe Antonio Torri. Alla morte di questi (1713), cercò di subentrargli nella carica di architetto della Gabella grossa, ma senza successo (ibid.). L’apprendistato presso Torri fu comunque per lui foriero di numerose occasioni professionali: le prime opere che egli si attribuisce nel breve curriculum inviato ai sindaci della Gabella grossa nel 1713 e in una lunga lista di opere stilata nel 1756 (Matteucci, 1969, pp. 54-58; a questa lista si rimanda per le datazioni delle opere, ove non siano disponibili notizie più circostanziate) riguardano completamenti di fabbriche iniziate da Torri: è il caso del palazzo Rasponi a Ravenna (1708 circa; Lenzi, 2014), della facciata della villa Santini a Camigliano, presso Lucca (1710 circa; Foratti, 1935, p. 29; Matteucci, 1988a, p. 100; Fagiolo - Giusti, 1995, p. 207), della chiesa del Carmine a Medicina (1719-25; Rimondini, 1983, pp. 120 s.), ma anche di fabbriche bolognesi completate in anni più maturi, come il palazzo Belloni (1756 circa-1759; Righini, 2010-2011, pp. 300-302) o l’ampliamento del palazzo Caprara (1732; Foratti, 1935, p. 32); per quest’ultima famiglia, probabilmente Torreggiani stese un progetto di rinnovamento della villa dei Ronchi di Crevalcore (Righini, 2004, e 2010-2011, pp. 293-297) e realizzò l’altare di S. Luigi nella chiesa gesuitica di S. Lucia a Bologna (1756; Foratti, 1935, p. 41).
Sempre sulle orme di Torri si inscrivono le prime commissioni della Compagnia di Gesù, che fornì poi a Torreggiani occasioni di lavoro lungo tutta la carriera: la fabbrica del collegio di S. Luigi di Bologna, rimasta incompiuta alla morte del maestro, fu affidata a lui (1725), che sperimentò qui per la prima volta la progettazione di un vasto complesso dedicato agli studi. Già nel 1714, comunque, Torreggiani aveva stilato una relazione per il completamento del vicino collegio, anch’esso gesuitico, di S. Francesco Saverio (Matteucci, 1988b, pp. 71-73).
Parallelamente a queste già rilevanti commissioni Torreggiani lavorò come perito e disegnatore: del 1704 è il Campione dei beni dei canonici lateranensi di Bologna (Archivio di Stato di Bologna, Demaniale, Lateranensi di S. Giovanni in Monte, 150/2120), che contiene accurati disegni della canonica e della chiesa di S. Giovanni in Monte (Foratti, 1935, p. 27). Torreggiani fornì anche i disegni per le incisioni di Francesco Maria Francia raffiguranti i palazzi bolognesi del Podestà e dei Banchi (databili agli anni Dieci del Settecento), e realizzò la pianta di Budrio allegata alle Memorie istoriche [...] di Budrio di Domenico Golinelli (1720).
Già dall’anno successivo alla morte del maestro, Torreggiani iniziò ad accettare commesse in autonomia, svolte con sicurezza e padronanza del mestiere e adottando uno stile aulico e magniloquente, eredità dei modi classicistici di Torri. Ciò è ben evidente nell’imponente facciata del palazzo Augusti a Senigallia (1720) o nella scala del palazzo Malvezzi de’ Medici, rielaborazione di un disegno di Ferdinando o Francesco Bibiena (1725; Foratti, 1935, p. 28; Matteucci, 1969, p. 27; Cuppini, 1974, p. 91). Per la committenza ecclesiastica, nel 1714 progettò l’ornamento e la cancellata della distrutta cappella del Crocifisso nella chiesa di S. Francesco a Bologna (Matteucci, 1969, pp. 68-73); al 1728 (ma i primi disegni erano forse del 1715) risale l’inizio della costruzione della chiesa di S. Ignazio, presso il noviziato gesuitico di Bologna (Foratti, 1935, p. 30; Ceccarelli, 1988, pp. 47-49). La crescente fama di Torreggiani si scontrò però con la solida personalità del più maturo collega Carlo Francesco Dotti: quando a quest’ultimo fu affidata la prestigiosa ricostruzione della chiesa di S. Domenico a Bologna, finanziata dal papa Benedetto XIII, Torreggiani non esitò a spedire a Roma una sua proposta progettuale (1728), più grandiosa rispetto a quella di Dotti, il quale tuttavia conservò l’incarico fino al termine dei lavori (Foratti, 1935, pp. 29 s.; Matteucci, 1969, pp. 31, 102-109). Analoghe schermaglie si svolsero per la costruzione dello scalone monumentale del palazzo Bargellini (1730; Foratti, 1935, p. 30; Matteucci, 1969, pp. 114-117; Cuppini, 1974, pp. 112-115), per il quale si conservano disegni bibieneschi, oltre che dei due contendenti (Bologna, Archivio Davia Bargellini, 1-1848, s.n.): la fabbrica attuale sembra comunque riferibile a Dotti. Opere minori di questo periodo sono a Cento, nell’ospedale, il perduto oratorio di S. Maria e le scale (1720; Righini, 2005, p. 64), il granaio dei Poveri Vergognosi a Bologna (1723-26; Righini, 2010-2011, pp. 286-288), la chiesa di Portonovo a Medicina (1729; Fanti, 1981, p. 154) e la casa dei catecumeni a Bologna (1730; Foratti, 1935, p. 30).
Il periodo della maturità di Torreggiani è caratterizzato dallo svilupparsi di uno stile che arricchisce gli spazi e gli elementi architettonici con ornamenti in stucco e sculture, in una sintesi sontuosa ma sempre ben calibrata (Matteucci, 1988a, p. 98). Emblematico di questa maniera, non immune dallo svilupparsi del gusto rococò, è l’elegantissimo oratorio dei filippini a Bologna (concluso nel 1731; Foratti, 1935, p. 29; Matteucci, 1969, p. 36), che doveva essere completato dal rifacimento della facciata dell’adiacente chiesa di S. Maria di Galliera, mai eseguito (Gazzoli, 1965; Matteucci, 1969, p. 3; Lenzi, 2008, p. 23). Sempre in campo ecclesiastico, Torreggiani iniziò nel 1732 a Bologna la ricostruzione della chiesa di S. Maria Maddalena, o S. Giuseppe, in via Galliera (oggi profanata; Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B132, p. 314), mentre nel 1734 lavorò a Pesaro (cappella maggiore del duomo, rinnovata nell’Ottocento) e forse nello stesso anno a Faenza (cappella della Concezione nella chiesa di S. Francesco; Matteucci, 1969, p. 57).
Sempre nel 1734 ebbe inizio in sordina la collaborazione di Torreggiani con la mensa arcivescovile di Bologna: suo primo incarico fu la ricostruzione della piccola chiesa di Massumatico (1734; Foratti, 1935, p. 31), cui seguirono la villa di Castel del Vescovo (Sasso Marconi) per il cardinale Prospero Lambertini (Fanti, 1981, p. 161) e altre chiese parrocchiali del contado (Casaglia, 1740; cappelle maggiori di Castel San Pietro, 1754, e S. Silverio di Chiesa Nuova, 1755; Foratti, 1935, pp. 42 s.). Ma fu nel 1743 che Torreggiani ottenne l’incarico del progetto, di altissimo valore simbolico, del completamento della cattedrale di Bologna (prima campata e coretti della navata) e della relativa facciata (p. 35; Lenzi, 2008); di fronte a questa fabbrica egli iniziò la costruzione del portico del seminario (1748; Foratti, 1935, p. 32; Fanti, 1981, p. 157), completato poi da Francesco Tadolini. A sinistra della facciata fu innalzato da Marcantonio Bianchini, sotto la sua supervisione, il nuovo fronte del Monte di pietà (Foratti, 1935, p. 44), mentre a destra sorse il cosiddetto Monte nuovo (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B132, p. 317).
Al contempo Torreggiani proseguì la sua collaborazione con i gesuiti realizzando uno dei suoi capolavori, la scenografica chiesa di S. Rocco a Parma (con Adalberto dalla Nave, 1735), per la quale era già stato redatto un progetto da Torri nel 1702 (Foratti, 1935, p. 32; Adorni, 1974; Matteucci, 1988a, p. 100, e 1988b, p. 77; Mambriani, 2000, p. 457). Seguirono la svettante cupola e la cantoria di S. Giorgio a Reggio Emilia (1738; Foratti, 1935, p. 33; Matteucci, 1988b, p. 76), la chiesa di S. Ignazio (o del Suffragio) a Bagnacavallo (1745; Foratti, 1935, p. 37), il perduto altar maggiore della chiesa della Trinità a Mantova (1745; ibid.), e, a Rimini, il collegio e i lavori per la chiesa di S. Francesco Saverio (l’ornato dell’altare e la trionfale cantoria doppia, 1746; ibid., p. 38). A coronamento di questa fruttuosa collaborazione, Torreggiani realizzò il notevole collegio e Studio pubblico di Mantova (1754; p. 42; Matteucci, 1988b, pp. 74 s.).
La fama come architetto dell’arcivescovo di Bologna e dei gesuiti gli permise di accedere alla prestigiosa Accademia Clementina, della quale divenne principe nel 1750 (Farneti, 1988, p. 116), e al contempo di ottenere numerosi incarichi da parte di ordini religiosi, capitoli, confraternite. Fanno fede di questo successo diverse opere bolognesi: il distrutto monastero di S. Benedetto (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B132, p. 314), la chiesa di S. Bartolomeo di Reno (1730; ibid. e p. 318), il piccolo e funzionale convento dei caracciolini dello Spirito Santo (1740-46; Foratti, 1935, p. 38; Murolo, 1979), la monumentale scala degli agostiniani di S. Giacomo Maggiore (1752; Foratti, 1935, p. 40), ampliamenti dei monasteri femminili di S. Giovanni Battista e dei Ss. Vitale e Agricola (1756). Nel contado, ricostruì la collegiata di S. Biagio a Cento (1748; p. 39; Righini, 2005, p. 63) e forse la chiesa di S. Lorenzo a Budrio (Servetti Donati, 1963, p. 311), e realizzò la chiesa del Crocifisso a Medicina (1750, in parte rifatta nell’Ottocento; Foratti, 1935, p. 39), nonché le chiese di S. Francesco (iniziata nel 1743; Ariuli, 2000, p. 23) e della Madonna della Cintura (1754, rifatta nel 1797; Foratti, 1935, p. 42) a San Giovanni in Persiceto. Anche fuori di Bologna la sua attività professionale continuò senza sosta: a Reggio Emilia costruì la scenografica facciata di S. Agostino (1740; Matteucci, 1969, e 1988a, p. 100) e la distrutta doppia cantoria del santuario della Ghiara (1746; Foratti, 1935, pp. 38 s.), a Imola la scala del convento dei francescani (1742), a Rimini le officine del monastero dei camaldolesi (non identificate; 1752). Non trascurò neanche opere di arredo liturgico, sovente inserite in architetture dottiane: a Bologna ne sono esempi gli altari maggiori di S. Domenico, S. Maria Maggiore (entrambi del 1745; Foratti, 1935, p. 37), S. Ignazio (1751); nella chiesa benedettina di S. Procolo costruì la cappella del santo titolare e l’altar maggiore (1744-52; pp. 40 s.; Matteucci, 1969, p. 32), mentre in quella carmelitana di S. Martino innalzò la cappella della Madonna del Carmine (1752; Foratti, 1935, p. 41).
Così come nel campo ecclesiastico, Torreggiani fu particolarmente apprezzato dall’aristocrazia di Bologna e di una vasta area padana, ben più del rivale Dotti. A Bologna fu responsabile dell’ampliamento del palazzo delle Duchesse di Modena (1732-37; Foratti, 1935, p. 31), ma fu soprattutto ben voluto dal cardinale Pompeo Aldrovandi, che gli affidò la sovversiva facciata del suo palazzo in via Galliera (1744-52; p. 36; Cuppini, 1974, pp. 36, 125-130; Matteucci, 1988a, p. 100) e la sfarzosa cappella del capo di S. Petronio nell’omonima basilica (1743-50; Foratti, 1935, p. 34; Fanti, 1981, p. 159). Realizzò inoltre diverse opere minori come le scale monumentali delle case Bernacchi (1745; Foratti, 1935, p. 38) e Panzacchi (1752; Righini, 2010-2011, pp. 289-291), la piccola villa Orsi fuori di porta S. Felice (1750; Pascale Guidotti Magnani, 2009-10, p. 93) e la facciata del palazzo Dondini (1753; Foratti, 1935, p. 41; Cuppini, 1974, p. 134). Fuori di Bologna gli sono attribuiti a Faenza l’ampliamento del palazzo Ferniani (1734; Foratti, 1935, p. 42), a Modena la scala (distrutta) e la facciata del palazzo Levizzani (1741-43; p. 34) e la scala del palazzo Frosini (1755; p. 42), a Fano la facciata del palazzo Montevecchio (1740 circa; p. 33; Matteucci, 1988a, p. 65), a Brescia il palazzo Martinengo Colleoni (1751; forse solo lo scalone: Amendolagine - Parmigiani, 1981, p. 221; Matteucci, 1988a, p. 100). Tra tutti, però, il suo capolavoro nel campo dell’architettura residenziale è il palazzo Cavriani di Mantova, progettato a partire dal 1736 in ogni aspetto architettonico, ornamentale e fino all’arredamento (oggi in parte disperso; Foratti, 1935, p. 43; Matteucci, 1988a, pp. 100, 281; Medde, 2007). In forza di queste referenze, a Torreggiani furono offerte anche alcune importanti commesse pubbliche, come il nuovo ospedale di Modena (1753; Foratti, 1935, p. 42) e il rinnovamento del palazzo comunale di Imola (1755; p. 40).
Nell’ultima fase della sua vita Torreggiani diradò gli impegni, pur continuando a realizzare a Bologna opere di un certo pregio come i lavori per la famiglia Boschi (1758-62: sistemazione del palazzo di via Foscherari, distrutto da eventi bellici, e scala della villa Sampiera; Matteucci, 1969, p. 57). Il minuto atrio e la scala della casa Graziani (Foratti, 1935, p. 44) costituiscono una notevole prova progettuale, mentre le scale della casa Palmieri e dell’oratorio della Grada risultano più convenzionali. Infine, si ricordano la chiesa e l’oratorio della Maddalena in via Mascarella, fortemente danneggiati durante l’ultima guerra.
Morì il 19 aprile 1764 a Bologna, nella parrocchia di S. Sigismondo (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Parrocchie soppresse, S. Sigismondo, Libro dei morti, D, c. 23r), in una casa in via Vinazzoli nella quale abitava con la famiglia almeno dal 1758 (ibid., Stati delle anime, L 1/2).
Dalla moglie Lucrezia Fabbri aveva avuto alcuni figli, tra i quali si ricorda Antonio (chiamato Giuseppe, in Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B132, p. 319), nato il 24 novembre 1718 (ibid., ms. B873) e morto nel 1758. Piuttosto dotato per l’architettura, progettò il rinnovamento della chiesa parrocchiale di S. Prospero a Bologna e fornì disegni per l’oratorio della villa Rasponi a Russi; realizzò inoltre una cancellata in bronzo per il seminario di Coimbra (1756; Lenzi, 2004).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Demaniale, Lateranensi di S. Giovanni in Monte, 150/2120, Campione delle piante de’ beni di S. Giovanni in Monte (1704); Gabella Grossa, Scritture citate negli atti della Congregazione della Gabella Grossa, 316 (1713-15); Bologna, Archivio Davia Bargellini, 1-1848: Piante e disegni del palazzo Bargellini; Archivio generale arcivescovile, Parrocchie soppresse, S. Sigismondo, Libro dei morti, D (1760-96); Stati delle anime, L 1/2 (1745-71); Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B132: M. Oretti, Notizie de professori del dissegno; ms. B873: B. Carrati, Estratti dai registri battesimali della Cattedrale di Bologna (1710-19); Budrio, Archivio della parrocchia di S. Lorenzo, Registri battesimali, 1682.
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