MORINI, Alfonso
MORINI, Alfonso. – Nacque a Bologna il 22 dicembre 1898 da Raffaele e da Maddalena Aldrovandi degli Esposti. Conseguita la licenza elementare, volle intraprendere l’arte del fabbro e del meccanico, disdegnando l’attività del padre, giardiniere.
Nel 1916, dimostrando precoce spirito d’iniziativa e manifestando fin d’allora quella che sarà la passione della sua vita, inaugurò un’officina per la manutenzione delle motociclette. Pochi mesi dopo fu chiamato alle armi e assegnato alla Compagnia automobilistica di artiglieria a Mantova. Dopo un breve addestramento fu inviato al fronte, come soldato dell’8° autoparco e nel 1919 promosso caporale e dislocato presso il II laboratorio della Direzione centrale automobilistica. Alla fine di quell’anno ottenne finalmente il congedo, forte di una notevole esperienza riguardo ai motori in dotazione all’esercito. Tornato civile, per alcuni anni fu meccanico del pilota bolognese Amedeo Ruggeri e operaio presso le officine Calzoni. Nel contempo iniziò a partecipare alle competizioni motociclistiche, con i modelli più diversi. Il 31 maggio 1923, alla guida di una Harley Davidson 1000 con sidecar, vinse la Bologna-Rocca di Roffeno.
Competizioni e meccanica furono la passione di Morini. Un incontro fondamentale fu quello con Mario Mazzetti, un brillante tecnico impiegato presso la fabbrica G.D., con idee innovative sul motore a due tempi. Morini e Mazzetti allestirono un prototipo di 125 cc che fornì lusinghieri risultati, inducendo i due a cercare i capitali per intraprenderne la costruzione e la commercializzazione. Nella primavera del 1924 racimolarono 40.000 lire, ripartite in quattro singole quote di 10.000 lire ciascuna: una di Morini, la seconda di Mazzetti con i suoi sei fratelli, la terza di Angelo Mattei e la quarta di Giuseppe Massi- Mazzi. Il 18 settembre 1924 fu fondata ufficialmente la nuova impresa, denominata Fabbrica italiana motociclette brevetti M.M. di A. Mattei e C. Mentre Mazzetti si dedicava esclusivamente all’officina e alla progettazione tecnica, Morini organizzava la produzione, gestiva le maestranze, curava la parte commerciale e il reparto corse. Nel 1926 sposò Lea Tosarelli, nata a San Giovanni Persiceto, dall’unione con la quale nacque l’unica figlia Gabriella.
Fra il 1924 e il 1927 Morini ottenne una lunga serie di brillanti risultati nelle competizioni della classe 125 cc: nel 1927 trionfò al Gran premio delle nazioni di Monza e conseguì ben sei record mondiali della classe IV (i primati delle 100 miglia e delle 2 ore resistettero fino al 1949); la M.M. 125 cc trionfò anche nel campionato italiano della categoria biciclette a motore guidata da Amedeo Tigli con Morini secondo. Tra il 1933 e il 1936 le motociclette progettate e allestite da Mazzetti e Morini dimostrarono la loro eccellenza tecnica anche nelle cilindrate superiori, superando il record mondiale di velocità per la classe 175 cc e quello per la classe 350 cc.
Nel 1928 Morini diradò la partecipazione alle competizioni per l’impegno sempre più assiduo nell’attività aziendale. Mattei e Massi-Mazzi si erano ritirati e al loro posto era subentrato, come finanziatore principale, Angelo Salvia, da cui la nuova denominazione Fabbrica Italiana Motociclette M.M. di A. Salvia e C. Nel 1937 maturarono alcuni contrasti con Salvia, che indussero Morini, seppur a malincuore, ad abbandonare la M.M. Già l’anno seguente, coadiuvato da Dante Lambertini e Dolcino Veronesi, investì la propria liquidazione (40.000 lire) in una nuova impresa, la Moto Morini, che allestiva motociclette a valvole laterali di 350 e 500 cc. Si trattava di modelli largamente ispirati alla tecnica della M.M., capaci però, data anche la fama del tecnico bolognese, di superare la difficile fase di avviamento, aggravata dalla scarsità di capitali.
La soluzione ai problemi iniziali della fabbrica fu trovata diversificando la produzione nel settore dei motocarri, un mezzo all’epoca molto richiesto dalle piccole imprese industriali, commerciali ed edili. Morini progettò un motocarro pesante originale, differenziandolo da quelli allestiti dalla M.M., dotandolo di un motore di grossa cilindrata (608 cc), di un efficace sistema di raffreddamento ad aria forzata e di un albero con coppia conica per la trasmissione finale, anziché la più economica catena. Il mezzo così concepito si distingueva per la grande robustezza e per l’ampia capacità di carico: i due fattori più ricercati dagli acquirenti.
Il successo arriso al nuovo mezzo spinse Morini a concentrarsi nella produzione di motocarri, tralasciando quella delle motociclette, che pativano la concorrenza delle case più grandi e affermate, come Bianchi, Benelli, Gilera, Guzzi e Sertum. Alla vigilia della seconda guerra mondiale la Moto Morini impiegava 2 capi operai, 20 operai e 10 apprendisti e aveva una capacità produttiva annua pari a circa 150 motofurgoni e motocarri. Durante il conflitto, sospesa in principio la fabbricazione di mezzi destinati alla circolazione civile, l’azienda fu impiegata nella produzione bellica, specializzandosi nella fabbricazione di componenti per i motori di aviazione. I violenti bombardamenti dell’estate 1943 e il caos seguito all’armistizio bloccarono definitivamente ogni attività.
La Moto Morini rinacque ufficialmente il 30 giugno 1945. Negli ultimi drammatici mesi di guerra Morini aveva progettato un nuovo modello di 125 cc dotato di motore a due tempi e fu proprio questo motociclo che il tecnico bolognese mise in produzione nella nuova officina allestita nel dopoguerra. Il Morini 125 cc, che abbinava velocità, robustezza ed economicità d’uso (fattore particolarmente importante nel mercato dell’epoca), ottenne uno straordinario successo di vendite. L’incremento della produzione era trainato anche dalle vittorie ottenute dal nuovo mezzo in tutti i tipi di corse. Da allora e fino agli anni Sessanta, il trinomio eccellenza tecnica della produzione di serie, successi nelle competizioni e aumento delle vendite sul mercato motociclistico costituì una costante dell’azienda bolognese.
Consapevole dell’importanza delle gare, Morini si dedicò in prima persona al reparto corse. La Moto Morini si distinse per l’allestimento di modelli da competizione, vagamente derivati da quelli di serie, simili a quelli ufficiali e venduti a corridori privati, che potevano usufruire di mezzi molto competitivi. In tal modo divenne interminabile l’elenco delle vittorie conseguite dall’azienda negli anni Cinquanta e Sessanta in tutte le specialità (ma in particolare nella velocità), anche a opera di piloti esteri sui circuiti delle rispettive nazioni.
Quando nel 1956 fu inaugurato a Bologna un nuovo stabilimento – un’area di 10.000 m2 su due piani – le maestranze superavano il centinaio e la capacità produttiva era pari a 15-20 macchine al giorno (con una produzione complessiva annua di circa 9000 moto). Alla fine degli anni Cinquanta Alfonso Morini fu nominato commendatore.
La Moto Morini continuò a distinguersi per tutta una serie di modelli di cilindrata compresa tra 98 e 250 cc, particolarmente adatti per l’uso quotidiano e il turismo, e nondimeno ai vertici delle proprie cilindrate per quanto riguardava le prestazioni velocistiche. Nel 1959 la linea delle moto da turismo fu radicalmente modificata con la nascita del Corsaro 125 cc, espressione dei progressi tecnici derivanti da una più razionale organizzazione produttiva dell’azienda e dagli stretti rapporti con i fornitori più qualificati della componentistica, la maggior parte dei quali era ubicata nell’area bolognese: Bonazzi e Gualanti (forcelle), Paioli (sospensioni telescopiche, ruote e mozzi), Verlicchi (telai e marmite), Marzocchi (sospensioni telescopiche e ammortizzatori), Labanti e Bernardi (serbatoi), Bonori (marmitte), orlandi (rubinetti e ruote), Arbizzani e GAF (fusioni in lega di alluminio), Avoni (verniciatura). Nello stabilimento, oltre all’assemblaggio delle parti, si provvedeva alla meccanica fine relativa al motore.
Alla crisi dei primi anni Sessanta, la Morini rispose riducendo i costi di pubblicità, contenendo i costi produttivi e intensificando l’esportazione all’estero. Un mercato promettente sembrava essere quello spagnolo. Per aggirare il rigido protezionismo imposto dal regime franchista, e non potendo permettersi investimenti in stabilimenti produttivi, come avevano fatto Piaggio e Ducati, l’azienda bolognese raggiunse un accordo con la casa spagnola ossa per la fornitura di motori sciolti. La ripresa delle vendite fu agevolata dal nuovo modello di 50 cc, dotato di motore a 4 tempi, il Corsarino, che incontrò un buon successo tra i giovani anche per la sua economicità d’uso (i consumi di carburante erano limitatissimi), e dai nuovi modelli di 125 e 175 cc per il fuoristrada, un settore in espansione alla fine degli anni Sessanta.
Ma l’avventura più entusiasmante, e anche simbolicamente il canto del cigno della Moto Morini nelle competizioni di velocità, fu la straordinaria prestazione offerta dalla 250 cc monocilindrica bialbero condotta da Tarquinio Provini, che, nel 1963, sfiorò il titolo mondiale della categoria, perdendolo solo all’ultimo Gran premio in Giappone, superata dalla Honda 4 cilindri. Questa motocicletta, massima espressione dei monocilindrici a 4 tempi, frutto del lavoro dei tecnici Biavati, Lugli e Albertazzi, spronati da Morini, si era dimostrata, infatti, in grado di competere alla pari con le pluricilindriche della MV e della Honda, i cui reparti corse godevano di budget infinitamente superiori a quello della casa bolognese.
Alla fine degli anni Sessanta, la concorrenza giapponese divenne sempre più forte, arrivando a compromettere le sorti delle aziende britanniche e italiane sui principali mercati internazionali. Anche sul mercato interno, in cui vigeva il divieto dell’importazione di motocicli inferiori a 350 cc, i motori a 4 tempi che caratterizzavano la produzione dell’azienda furono soppiantati dai più veloci e agili 2 tempi, montati dalla maggior parte dei produttori e preferiti dai giovani. Un altro duro colpo fu inferto dalle vicende connesse alle lotte sindacali dell’autunno caldo, che fecero saltare il progetto industriale e aggravarono pesantemente i costi di impresa. L’intensità delle rivendicazioni operaie, soprattutto da parte degli elementi più giovani e meno legati alla storia del marchio, scosse fortemente un ambiente come quello della fabbrica bolognese, in cui il datore di lavoro, di umili origini, si era sempre rapportato paternalisticamente con le maestranze e aveva sempre concepito i rapporti all’interno della fabbrica come quelli di una famiglia.
Profondamente turbato dalla nuova temperie, Morini ebbe alcuni disturbi cardiaci, che lo condussero alla morte il 30 giugno 1969 a Bologna.
Priva del suo fondatore l’azienda continuò l’attività diretta dalla figlia Gabriella, coadiuvata dai principali collaboratori del padre. Pur distinguendosi ancora tecnicamente (fu la Morini a rilanciare il motore a V, poi ripreso dai giapponesi, con le sue bicilindriche di 350 e 500 cc), l’impresa vide progressivamente diminuire i volumi di vendita sul mercato nazionale, fino a che, nel 1987, fu ceduta al gruppo Cagiva che ne conservò solo il marchio, sospendendo definitivamente la produzione.
Fonti e Bibl.: le traversie dell’azienda dopo la chiusura non consentono di disporre di un archivio societario. Nel Museo del patrimonio industriale di Bologna sono conservati fondi utili alla ricostruzione del profilo tecnico delle industrie motociclistiche cittadine e ricchi materiali librari. Ai fini della ricostruzione del profilo umano e aziendale, si veda: E. Ruffini, Dalla bicicletta a motore alle superbike. Artigianato ed industria della motocicletta a Bologna, in Scuola Officina, pubblicazione del Museo del patrimonio industriale di Bologna, XV (1996), 2, pp. 8-19; Id., A. M., in Legend Bike, VI (1997), 57, pp. 60-67; 58, pp. 46-55; Prodotto a Bologna. Una identità industriale con cinque secoli di storia, a cura di A. Campigotto et al., Bologna 2000, pp. 118-135; A. Campigotto - M. Grandi - E. Ruffini, Moto bolognesi del dopoguerra, Vimodrone 2008; M. Clarke, Moto Morini. Una storia italiana, Vimodrone 2009.