MONTECUCCOLI, Alfonso
MONTECUCCOLI, Alfonso. – Nacque nel 1546 da Alfonso, signore di Riva e Montespecchio, sull’Appennino modenese orientale.
Esordì nella carriera militare nelle guerre civili francesi, intorno al 1568. Nel 1570 sposò Isabelle de Coqui. Rimasto vedovo, entrò fra i gentiluomini della corte della regina Elisabetta d’Asburgo, moglie del re di Francia Carlo IX e, dopo la morte di questo (1574), l’accompagnò nel suo rientro a Vienna nel 1576. Presso la corte imperiale ebbe la carica di coppiere (Mundschenk).
Intorno al 1580, con l’approvazione dell’imperatore Rodolfo II e del duca di Ferrara Alfonso II d’Este, si fidanzò con Sidonia de Golgin, dama di corte alla cui dote provvide la stessa Elisabetta d’Asburgo. Le nozze furono celebrate a Praga nel 1581. Nel 1582 la coppia si spostò nel frignano, dove Montecuccoli, dopo la morte del padre, era diventato signore di Riva e Montespecchio, insieme con il fratello Desiderio. Gli nacquero in questi anni i due figli maschi, Ernesto e Girolamo; ebbe anche due figlie, Isabella e Sidonia.
Già nel 1584 rientrò alla corte imperiale di Praga e al servizio di Elisabetta d’Asburgo. fu particolarmente impegnato in occasione della successione polacca apertasi con la morte di Stefano Báthory nel dicembre 1586. Dapprima sollecitò i membri della sua famiglia a sostenere con le armi le ragioni dell’arciduca Ernesto d’Asburgo, che già alcuni anni prima aveva ambito al trono di Polonia; poi, fu inviato in Italia per chiedere sostegno finanziario al duca Alfonso II d’Este. Quando rientrò in Germania (con una cauta disponibilità agli aiuti da parte del duca), l’arciduca Massimiliano d’Asburgo era diventato il candidato di casa d’Austria al trono polacco e stava armando truppe per combattere il rivale Sigismondo Vasa. Montecuccoli fu nominato comandante di un contingente di 300 archibugieri a cavallo e partecipò alle operazioni militari iniziate nell’ottobre 1587. Massimiliano fu sconfitto nella battaglia di Byczyna (24 gennaio 1588) e venne fatto prigioniero: nell’aprile 1588 Montecuccoli fu incaricato da Elisabetta d’Asburgo di incontrare l’imperatore Rodolfo II per ottenere la liberazione di Massimiliano.
A cavallo fra il 1588 e il 1589, morto da circa un anno il conte Girolamo Montecuccoli senza eredi maschi, i suoi feudi e beni allodiali furono divisi tra i nipoti. A favore di Alfonso, che in questi mesi rientrò per due volte in Italia, intervenne presso Alfonso II la stessa Elisabetta d’Asburgo, ma senza procurargli nuove giurisdizioni: mentre i suoi fratelli Sigismondo e Desiderio ottenevano rispettivamente Salto e Sassostorno, egli ebbe soltanto la piena e indivisa signoria su Riva e Montespecchio.
Tornato a Praga, in occasione di una seduta del 1590 fu invitato alla Dieta aristocratica boema (Zemsky snem). Alcune fonti parlano anche di un suo viaggio nella penisola iberica l’anno successivo, verosimilmente per conto di Elisabetta (che morì poco dopo, nel gennaio 1592). Alla fine del 1592 fu nominato comandante di contingente di 300 lancieri a cavallo impegnato in Croazia, dove ‒ dopo la conquista turca di Bihać (avvenuta in giugno) ‒ si stava accendendo un conflitto di larghe dimensioni con la Porta. Rientrò a Praga nel dicembre 1593 e l’anno seguente passò nelle fiandre, fra le truppe dell’arciduca Ernesto d’Asburgo, governatore dei Paesi Bassi spagnoli.
Morto quest’ultimo, il cardinale Alberto d’Asburgo ne assunse le cariche e Montecuccoli ‒ quando ormai il conflitto aveva preso le forme di guerra aperta tra Francia e Spagna ‒ si distinse dapprima nel soccorso alla piazza di La fère (marzo 1596), poi nelle operazioni che portarono alla conquista di Calais (17 aprile). Partecipò anche all’assedio di Ardres, che si arrese in maggio. Quindi, tra agosto e settembre, con il grado di capitano di una compagnia di lancieri, entrò nel contingente del governatore dell’Artois (Marc de Rie, marchese di Varambon) che tentò senza fortuna di contrastare un’incursione nell’Artois del maresciallo Charles de Gontaut, duca di Biron. Al pari del marchese di Varambon, Montecuccoli cadde prigioniero dei francesi. Trasferito a Parigi, restò in prigionia per diversi mesi. Da Parigi, nel dicembre 1597, rassicurò Cesare d’Este, in procinto di contrastare con le armi la devoluzione del Ducato di Ferrara alla S. Sede, che gli avrebbe procurato «cavalleria provata, soldati e capitani di fiandra, cavalleria Vallona in gran numero» (Callegari, 1895).
Rientrò in Italia nel 1599; si distinse subito come mediatore tra la corte di Modena e quella di Firenze; quindi, passò al servizio del granduca Ferdinando I de’ Medici, che lo fece entrare nell’Ordine di S. Stefano e gli diede l’incarico di luogotenente degli uomini d’arme di Siena. Al pari di altri membri della nobiltà italiana attivi alla corte di Ferdinando, fu avviato alla carriera diplomatica: nell’aprile 1603 si recò a Livorno per ricevere il conte Francesco de Castro, di passaggio verso la Spagna dopo aver ricoperto la carica di reggente del Regno di Napoli.
Nella posizione di cerniera fra la corte medicea e quella estense (congiunte peraltro da legami di parentela) ebbe una nuova occasione di emergere durante la seconda guerra di Garfagnana, divampata fra la Repubblica di Lucca e il Ducato di Modena nella primavera del 1603. In particolare, a partire dalla metà di maggio 1603 si adoperò per guadagnare alla causa di Cesare d’Este l’appoggio di Ferdinando I, che parve pronto a concedere ai modenesi il passaggio sul territorio del Granducato e addirittura a dare loro rinforzi militari, compreso un corpo di cavalleria guidato dallo stesso Montecuccoli. Il conflitto trovò però una conclusione temporanea l’8 giugno 1603.
Il granduca Ferdinando I gli affidò quindi l’incarico di portare le sue congratulazioni a Giacomo Stuart, VI re di Scozia (incoronato Giacomo I re d’Inghilterra il 25 luglio 1603). Montecuccoli, partito il 30 luglio con il figlio Ernesto, fu raggiunto a Parigi dal segretario incaricato Ottaviano Lotti e arrivò alla metà di settembre, mentre nel Regno d’Inghilterra era diffusa la peste. Il 6 ottobre, a Winchester, ebbe la prima udienza dal nuovo sovrano: iniziò a proporre un possibile matrimonio tra Caterina de’ Medici, figlia terzogenita del granduca, ed Enrico principe di Galles (le trattative sarebbero durate fino al 1612, anno in cui morì Enrico). Istruzioni segrete consegnate a Montecuccoli prevedevano altresì che si accertasse se Giacomo aveva intenzione di ristabilire le relazioni diplomatiche con la Spagna (come realmente avvenne dopo la firma del trattato di Londra dell’agosto 1604). Proprio con il rappresentante spagnolo a Londra, Juan de Tassis y Acuña, d’altro canto, Montecuccoli ebbe ricorrenti motivi di frizione. Contrasti ancora più accesi scaturirono dal protocollo formulato dalla corte inglese in occasione del Natale 1603: la superiorità del granduca di Toscana sul duca di Savoia, oggetto di ricorrenti polemiche, non sembrò a Montecuccoli adeguatamente confermata. Nondimeno, al momento della sua partenza, avvenuta nel marzo 1604, il diplomatico Henry Wotton osservava: «mai è stato visto in questa corte gentilhuomo più gieloso dell’honor del suo Principe né più bravo et dolce insieme nelli suoi proprij costumi» (Crinò, 1957, p. 26).
Il 1° aprile 1604 Montecuccoli rientrò alla corte medicea, nella quale mantenne una posizione di spicco.
Già tre settimane dopo il suo arrivo a firenze, ebbe l’incarico di ricevere l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, in viaggio in Italia.
Il granduca continuò ad affidargli simili compiti di ricevimento in occasione del passaggio nel suo Stato di personaggi quali il cardinale Alessandro d’Este, l’ambasciatore francese a Roma Philippe de Béthune (nel giugno 1605), il duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga (in agosto), i principi di casa d’Este in visita a Firenze (in ottobre). Per conto dello stesso duca di Mantova, nel novembre 1605 Montecuccoli prese altresì contatti con il noto comico Giovanni Pellesini (detto Pedrolino), per facilitarne il trasferimento nella corte gonzaghesca. Il granduca richiese la partecipazione di Montecuccoli anche per le sue iniziative di guerra marittima contro gli ottomani. Nel 1606 gli affidò il comando di un corpo di spedizione imbarcato sulla flotta guidata dal francese Guillaume Guadagni de Beauregarde, che si poneva l’obiettivo di compiere incursioni sulle coste siriane. L’anno seguente, in occasione di una spedizione contro Famagosta, l’impegno di Montecuccoli fu ancora più consistente.
La città avrebbe dovuto essere conquistata per essere poi utilizzata come testa di ponte per prendere l’intera Cipro. Allo scopo, Ferdinando I aveva ordinato l’allestimento di una forte flotta e l’arruolamento, anche oltralpe (in Francia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra), di un consistente nucleo di truppe, da trasportare mediante nove velieri. Il comando di cinque di questi fu affidato a Montecuccoli, che ricevette anche il grado di comandante del corpo di cavalleria da formare dopo lo sbarco. Salpò per primo, tra l’aprile e il maggio 1607, insieme con altri tre galeoni comandati dal francese Jacques Pierre. Procedette però a rilento e mancò l’appuntamento con il resto della flotta (le galere dell’Ordine di S. Stefano e il galeone «Livorno »), nelle acque tra il capo Gelidonya e Sette Capi (Yedi Burunlar). Questo ritardo fu rovinoso per l’esito dell’operazione: dopo lo sbarco del contingente toscano agli ordini di Antonio de’ Medici (nella notte tra il 23 e il 24 giugno 1607), fu tentato l’assalto, facilmente respinto dagli assediati. L’arrivo della flotta di Montecuccoli fu annunciato proprio mentre le truppe stavano per essere reimbarcate, sotto il contrattacco delle truppe ottomane.
Montecuccoli cadde ammalato durante il viaggio di ritorno, probabilmente mentre riportava indietro le truppe arruolate oltralpe. La notizia della sua morte fu data dai figli al duca di Modena l’11 agosto 1607.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di firenze, Mediceo del principato, 4146-4187; firenze, Biblioteca nazionale, Cod. Capponi, 261: C. Tinghi, Diario fiorentino 1600-1615, cc. 60v, 88r, 90r, 91v, 132v, 134r-135r, 136r, 139r, 140r, 141v, 149r; Calendar of State papers relating to English affairs in the Archives of Venice, X, 1603-1607, a cura di H.f. Brown, London 1900, ad ind.; Correspondance d’Ottavio Mirto Frangipani, a cura di L. van der Essen, I, Rome-Paris-Bruxelles 1924, p. 198; Fonti giudiziarie e militari austriache per la storia della Venezia Giulia, a cura di u. Cova, Roma 1989, p. 144; G.B. Spaccini, Cronaca di Modena, I, 1603-1611, Modena 1999, pp. 11, 20, 30-32, 48, 115; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’«Italia spagnola» (1536-1648), II, 1587-1648, a cura di f. Martelli - C. Galasso, Roma 2007, ad ind.; C. Campori, Il conte A. M., in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, VII (1874), pp. 369-381; E. Callegari, La devoluzione di Ferrara alla Santa Sede, in Rivista storica italiana, XII (1895), p. 16 n. 4; C. Manfroni, La marina militare del Granducato mediceo, II, Da Ferdinando I a Cosimo III, in Rivista marittima, XXIX (1896), primo trimestre, pp. 39-94; A.M. Crinò, Fatti e figure del Seicento anglo-toscano. Documenti inediti sui rapporti letterari, diplomatici e culturali tra Toscana e Inghilterra, firenze 1957, ad ind.; J. Orrell, The London stage in the Florentine correspondence, 1604- 1618, in Theatre Research international, n.s., III (1978), pp. 157-176; M. fantoni, La corte del granduca. Forme e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, Roma 1994, p. 128; M. Gemignani, Il cavaliere Iacopo Inghirami al servizio dei granduchi di Toscana, Pisa 1996, ad ind.; f. Simoncini, Feste toscane in funzione medicea: il viaggio di Cosimo II, in Medioevo e Rinascimento, XI (1997), pp. 311-359; Politics and diplomacy in early modern Italy: the structure of diplomatic practice, 1450-1800, a cura di D. frigo, Cambridge 2000, ad ind.; C. Pagnini, Ottaviano Lotti, residente mediceo a Londra (1603-1614), in Medioevo e Rinascimento, n.s., XIV (2003), pp. 323-408; G. Hanlon, Glorifying war in a peaceful city: festive representation of combat in Baroque Siena, in War in history, XI (2004), pp. 249-277.