FONTANELLI, Alfonso
Nacque a Reggio Emilia il 15 febbr. 1557 dal conte Emilio e da Isabella del conte Raffaello Fontanelli iuniore.
Dimostrò molto presto attitudine per le lettere: a tredici anni compose e recitò in pubblico un'orazione latina in onore di s. Prospero, vescovo di Reggio, che venne data alle stampe. In quello stesso periodo si dedicava allo studio della musica sotto la guida del servita S. Essenga. Nel 1579, alla morte del padre, si recò a Ferrara per ricevere l'investitura del feudo di famiglia. Accompagnatoda una lettera del governatore di Reggio, in cui se ne lodavano la virtù e la modestia, il F. fece così il proprio ingresso nella corte degli Estensi, al servizio dei quali rimarrà, salvo brevi interruzioni, per oltre un quarantennio.
Nonostante gli impegni della vita di corte, il F. non trascurò la passione per le lettere: nel 1580 - pare improbabile che la nomina risalga al 1570., come vuole G. Guasco - fu nominato principe dell'Accademia de' Politici in Reggio. Allo stesso anno risale anche il suo primo matrimonio, con Veronica dei conti da Correggio di Parma, dalla quale ebbe un'unica figlia, morta ancora bambina. Nel 1584 fu tra i cortigiani chiamati a sovrintendere ai solenni spettacoli allestiti a Reggio in onore della duchessa Margherita Gonzaga, moglie di Alfonso II d'Este. Ben presto, però, le esigenze della carriera di corte cominciarono a farsi sempre più impegnative. Entrato al servizio dello zio del duca, Alfonso d'Este marchese di Montecchio, con la qualifica di maestro di camera, venne inviato in data imprecisata a Venezia per complimentare il nuovo doge, forse Pasquale Cicogna, eletto nel 1585. Nel biennio 1586-1588 fu al servizio del figlio di Alfonso, Cesare d'Este, con lo stipendio di 300 scudi (il marchese Alfonso morì nel 1587).
A questo periodo risalgono i primi viaggi a Roma: nel 1586 con lo stesso Cesare, per presentare omaggio al pontefice Sisto V e nel 1587 per sovrintendere all'eredità del cardinale Luigi d'Este. In questa occasione, secondo V. Santi, diede prova di grande abilità nel risolvere le difficili e intricate controversie legate all'eredità del cardinale, gravata da debiti e vincoli di ogni sorta. Nel 1588 Alfonso II lo volle presso di sé con la qualifica di gentiluomo e nel medesimo anno fu consigliere di musica nell'Accademia dei Parteni. Il F. resterà poi al servizio del duca fino alla morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1597.
Frequenti furono in questo periodo le missioni affidate al F.: nel 1589, nel '92 e nel '95 fu inviato presso il duca di Mantova; nel 1591 e nel '93 accompagnò Alfonso II a Roma. Nel 1594 fu inviato ad accogliere e accompagnare C. Gesualdo, principe di Venosa, giunto nel Ducato per le nozze con la nipote del duca, Eleonora d'Este. Successivamente accompagnò la coppia a Napoli (nell'Archivio di Stato di Modena si conserva un carteggio intercorso tra il duca di Modena e il F., in cui questi riesce a tracciare un vivo ritratto del Gesualdo).
Alla morte di Alfonso II (1597), il nuovo duca (dal 1598 solo di Modena e Reggio) Cesare lo confermò al proprio servizio, assegnandogli nel 1598 la qualifica di maestro di camera.
Molte e importanti le missioni diplomatiche che gli furono affidate negli anni seguenti: nel 1599 era a Firenze, l'anno dopo fu inviato presso la corte di Enrico IV - viaggio descritto in una lettera trascritta dal Santi - e nello stesso anno a Roma, per conto del cardinale Alessandro d'Este, per tornare nella città medicea nel 1601.
In questi anni il F. acquistò larga notorietà nei circoli musicali fiorentini, come testimoniano le dediche nella prefazione dell'Euridice di I. Peri e nel Primo libro di madrigali di G. Del Turco, dove il suo nome figura accanto a quello dei più prestigiosi compositori dell'epoca.
Sul finire del 1601 il F. si assentò dalla corte estense per alcuni anni: in base a testimonianze documentarie citate da G. Tiraboschi e dal Santi, fu implicato nell'omicidio - avvenuto a Reggio appunto nel 1601 - di un certo Flaminio Signoretti, amante di Maria Biancoli, che il F. aveva sposato in seconde nozze nel 1595. Il coinvolgimento nell'assassinio del Signoretti, confermato indirettamente dallo stesso F. in una lettera a R. Arlotti (cfr. Santi), gli provocò l'ostilità del duca: condannato alla pena capitale, fu espulso dalla corte, spogliato dei beni e bandito dal Ducato. I rapporti con gli Estensi non dovettero però interrompersi del tutto se al principio del 1602 lo troviamo a Roma, al servizio del cardinale Alessandro d'Este come maggiordomo, forse grazie anche ai buoni uffici dell'amico Arlotti, che del cardinale era segretario.
Ben presto il F. venne riammesso al servizio del duca, che nel 1605 lo inviò presso la corte pontificia come proprio gentiluomo residente con uno stipendio di 800 scudi. Non è chiaro, invece, perché nel 1608, al termine del soggiorno romano, risulti al servizio dei Medici, in particolare dell'arciduchessa Maria Maddalena d'Austria, moglie del futuro granduca Cosimo II. Nel 1611 è comunque nuovamente presso il duca d'Este, che lo inviò alla corte di Spagna, latore delle condoglianze per la morte della regina. In Spagna il F. restò fino al 1612, come risulta da una lettera di A. Tassoni a lui indirizzata, comunemente datata allo stesso anno 1612 (A. Tassoni, Lettere, I, p. 86 n. 122), acquistando sempre maggiori meriti agli occhi del duca, che gli concesse uno stipendio di 6.000 scudi e lo ricompensò assegnandogli nel 1612 il feudo di San Donnino e, nel 1619, quello delle Carpinete, con il titolo di marchionale. All'abilità esemplare di diplomatico del F. fa riferimento V. Gramigna, che nel suo dialogo Il segretario (Firenze 1620) lo introduce a discorrere in materia di segreteria.
Raggiunta ormai la vecchiaia, dopo una vita passata al servizio degli Estensi, sul finire del 1621, come risulta da una lettera del Tassoni al canonico Sassi (Lettere, II, p. 104 n. 615), il F. decise di abbracciare lo stato sacerdotale. Non avendo avuto figli nemmeno dalla seconda moglie - morta di dolore per la perdita dell'amante, secondo una nota citata dal Santi - il F., dopo aver restituito al duca il feudo delle Carpinete, nominò proprio erede il cugino in quarto grado, suo omonimo, e si ritirò a Roma, presso i padri dell'Oratorio nel convento di S. Maria della Vallicella, dove morì l'11 febbr. 1622, "di puntura", come narrato dal Tassoni in un'altra lettera al canonico Sassi (II, p. 114 n. 627).
Testimonianza della sua opera è affidata essenzialmente alla pubblicazione di due libri di madrigali a cinque voci, le cui numerose edizioni attestano la stima e il successo da lui riscossi presso i contemporanei. Già nel Primo libro de' madrigali senza nome a 5 voci pubblicato a Ferrara da V. Baldini nel 1595 e a Venezia da A. Gardano nel 1603, è evidente la ricerca di nuovi espedienti espressivi: la varietà ritmica, le imitazioni ravvicinate, il largo uso di fioriture e la gestione sperimentale delle dissonanze testimoniano l'adesione dell'autore alla linea della "seconda pratica", come risulta dalla prefazione di O. Vecchi alla ristampa dell'opera, reputata "pien di novità, di dignità, di diletto, e d'affetto". Stilisticamente il Secondo libro di madrigali senza nome a 5 voci (pubblicato a Venezia da A. Gardano una prima volta nel 1604 poi nel 1609, quindi ristampato da B. Magni nel 1619) non si discosta dal precedente, anche se, almeno nelle intenzioni, il F. sembrerebbe orientarsi verso un linguaggio più semplice. Secondo il Newcomb una corretta valutazione dell'opera non può prescindere dalla comparazione con la produzione madrigalistica romana, in particolare con i modelli offerti dai contemporanei A. Cifra, G. B. Nanino e G. Frescobaldi.
Oltre alle raccolte citate, di lui ci rimangono il madrigale a 5 voci Com'esser può mia vita inserito nella raccolta La gloria musicale di diversi ecc.mi autori a 5 voci edita a Venezia nel 1592 presso R. Amadino e, in manoscritto, 15 madrigali e un mottetto (attribuzione incerta: cfr. Newcomb, 1974).
I contemporanei espressero sul valore letterario del F. giudizi lusinghieri, che è difficile confermare alla luce del troppo esiguo numero di sue opere giunte fino a noi. Fu edita la giovanile orazione in latino: Oratio in Ecclesia Divi Prosperi habita (Reggio, E. Bartoli, 1570). Di una produzione lirica che doveva essere assai ricca, sopravvivono un madrigale, pubblicato da G. Guasco, p. 117, e un sonetto, inserito in A. Scajoli, Parnaso de' poetici ingegni (Parma 1611, p. 5), entrambi piuttosto convenzionali e dedicati al tema canonico degli occhi dell'amata.
Dal Tiraboschi sappiamo che intrattenne un rapporto epistolare con A. Tassoni, che al F. si ispirò per il personaggio del conte di San Donnino, generale dei Reggiani, riuscita figura di guerriero-poeta. Nell'epistolario tassoniano si conserva però una sola lettera a lui direttamente indirizzata (Lettere, I, p. 86 n. 122), anche se il F. viene citato, con accenti diversi, numerose volte. Due lettere sono parzialmente pubblicate in F. Parisi, Istruzioni per la gioventù impiegata nella segreteria, Roma 1781, III, pp. 221 s.; un'altra, al Tassoni, è pubblicata dal Tiraboschi, pp. 329 s. Diverse ne raccoglie V. Santi, indirizzate soprattutto all'amico Arlotti, ma anche a E. Coccapani e a illustri personaggi della casa d'Este.
Fonti e Bibl.: Modena, Bibl. Estense, Fondo Albano Sorbelli, n. 1701: V. Santi, Notizie e documenti intorno ad A. F; A. Tassoni, Lettere, a cura di P. Puliatti, I-II, Bari 1978, ad Indicem; A. Banchieri, Conclusioni nel suono dell'organo, Bologna 1606, p. 60; G. Erythraei [G.V. Rossi], Pinacotheca..., Coloniae Agrippinae 1643, p. 15 (s. v. G. U. Bonarelli); G. Guasco, Historia litteraria del principio e progresso dell'Accademia di belle lettere in Reggio, Reggio Emilia 1711, pp. 116 ss.; G.M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, Venezia 1714, libro V, 2, p. 156; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrara 1735, II, p. 292; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, II, Modena 1782, pp. 323-330; E. Vogel, Marco da Gagliano zur Geschichte des florentiner Musikiebens von 1570 bis 1650, in Vierteliahsschrift für Musikwissenschaft, V (1889), p. 509; G. Gaspari, Catal. della Bibl. del Liceo musicale di Bologna, III, Bologna 1893, p. 70; V. Santi, La storia nella "Secchia Rapita", in Memorie della R. Accademia di scienze, lettere, ed arti in Modena, s. 3, VI (1906), p. 364; G. Grasselli, Reggiani memorabili, Reggio Emilia 1935, pp. 17, 20 ss.; F. Vatiellì, Il principe di Venosa e Leonora d'Este, Milano 1941, pp. 19 ss.; A. Einstein, The Italian madrigal, II, Princeton 1949, pp. 703 s.; D. Arnold, "Seconda Pratica": a background to Monteverdi's madrigals, in Music and letters, XXXVIII (1957), p. 341; G. Roncaglia, La cappella musicale del duomo di Modena, Firenze 1957, p. 60; C. Palisca, The Artusi-Monteverdi controversy, in The Monteverdi companion, London 1968, pp. 91 s.; A. Newcomb, Carlo Gesualdo and a musical correspondence of 1594, in The Musical Quarteriy, LIV (1968), pp. 409-436; Id., A.F. and the "Seconda Pratica" in Ferrara: some newly uncovered musiè and letters, in Internat. MusIndex ac status causarum beatificationis servorum Dei et canonizationis beatorum Roma 1979, p. 290; Musicological Society Congress Report, II (1972), pp. 576-580; Id., A. F. and the ancestry of the "Seconda Pratica" madrigal, in Studies in Renaissance and Baroque music in honor of Arthur Mendel, Kassel-Hackensack 1974, pp. 47-68; Storia della musica, IV, L. Bianconi, Il Seicento, Torino 1982, pp. 9, 26; R. Eimer, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 24; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 553; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, IV, coll. 498 ss.; Diz. musicale Larousse, I, Milano 1961, pp. 661 s.; Encicl. della musica Ricordi, II, Milano 1964, p. 216; Répertoire international des sources musicales. Einzeldrucke vor 1800, III, p. 87; Bibl. d. musica ital, vocale profana, I, Pomezia 1977, pp. 654-657; The New Grove Dict. of music and musicians, V, pp. 698 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, II, p. 798.