ULLOA, Alfonso
de. – Nacque a Cáceres, in Spagna, nel 1529. Il padre si chiamava Francisco de Ulloa, mentre il nome della madre non è noto.
Fu nipote di don Álvaro de Sande, capitano generale delle truppe spagnole in Italia, ed ebbe un fratello di nome Martín. Gli atti processuali del 1558 correggono le varie ipotesi elaborate dalla tradizione circa il luogo e l’anno di nascita. Scarsi sono i dati sulla famiglia e sulla formazione di Ulloa e per lo più desunti dai paratesti delle opere da lui edite. Se dubbia pare l’appartenenza della famiglia a una stirpe illustre, come vorrebbe un’impresa interpolata da Ulloa nella traduzione del Razonamiento di Ludovico Domenichi che accompagna il Diálogo de las empresas di Paolo Giovio (1558, pp. 163 s.), più plausibile è il dato circa l’attività militare svolta dal padre Francisco e dal fratello Martín, entrambi al servizio di Carlo V.
Pochi e frammentari sono i riferimenti al periodo antecedente alla venuta di Ulloa in Italia: una generica allusione agli studi a cui il padre lo indirizzò; la sua presenza a Toledo nel 1539; l’essere stato «antiguo servidor» di Hernán Cortés. L’esame dell’intensa attività editoriale a cui Ulloa si dedicò a Venezia, nonché la considerazione degli altri incarichi che ricoprì quando ormai si trovava in Italia, restituiscono la figura di un uomo di buona cultura, forse più vasta che profonda.
Alcuni riferimenti presenti nei paratesti di Ulloa permettono di avanzare l’ipotesi del 1545 o 1546 quale probabile anno di arrivo dello spagnolo in Italia. Tra le motivazioni, sicuramente quella di poter intraprendere una carriera politico-militare, forse avvalendosi del prestigio di cui godeva in Italia lo zio don Álvaro de Sande. Paratesti e fonti conservate negli archivi, alcune edite altre inedite, offrono dati che, seppur frammentari, consentono di ricostruire le sue diverse attività di servizio nell’Italia spagnola. Negli anni 1551-52 fu al seguito di Ferrante Gonzaga nella conquista di Colorno e in altre fasi della guerra di Parma; tra gli anni 1547 e 1552 fu cancelliere dell’ambasciatore spagnolo a Venezia don Juan Hurtado de Mendoza, incarico da cui venne sollevato per presunta attività spionistica filofrancese; intorno al 1560 intraprese un viaggio in Spagna perché chiamato da sua Maestà; in un altro momento imprecisato della sua vita fu «secretario de un cardenal de Santa Cruz» (Archivio di Stato di Napoli, Carte farnesiane, fascio 278, f. 1). Gli ultimi documenti rinvenuti presso la Biblioteca del seminario teologico centrale di Gorizia (Fondo Strassoldo-Villanova, b. 216, cc. 87-90) permettono di rettificare che Ulloa non interruppe le sue relazioni con l’ambasciata spagnola a Venezia dopo le menzionate accuse di spionaggio; confermano, inoltre, quanto solo ipotizzato dalla tradizione, cioè che Ulloa fu a Venezia osservatore e spia al servizio della casa asburgica.
La sua intensa attività editoriale dal 1552 all’anno della sua morte, nel 1570, conta più di settanta edizioni prevalentemente in lingua castigliana o in traduzione italiana. Collaborò con alcuni dei più importanti editori veneziani, tra cui Gabriele Giolito (soprattutto negli anni 1552-56), Valgrisi, Farri, Pietrasanta, Valvassori, Bindoni, Zaltieri, Bevilacqua, Rampazetto e Sessa.
Al sodalizio Giolito-Ulloa è legato il maggior numero di edizioni in lingua castigliana, tra cui la Celestina, il Libro áureo di Guevara, la Cuestión de amor, la Silva di Pedro Mexía, la Cárcel de amor di Diego de San Pedro e Las obras di Juan Boscán e Garcilaso de La Vega.
Dal 1556 in poi, il nome di Ulloa si andò lentamente dissociando da quello di Giolito. Ormai padrone del proprio mestiere e profondo conoscitore dell’editoria veneziana, la sua attività si andò rivolgendo in una duplice direzione: da un lato come promotore di una serie di stampe sempre più a carattere spirituale, morale, filosofico e storiografico; dall’altro come ‘supplicante’ di privilegi per terze persone. Non è escluso che la frequentazione di persone legate ad ambienti eterodossi sia stata all’origine di alcune scelte editoriali, come la Militia celeste di Jerónimo de San Pedro (1556), la Somma della natural filosofia di Alfonso de Fuentes (1557), Della filosofia naturale di Juan de Jarava (1557), l’Institutione d’un re christiano di Felipe de la Torre (1557), Il concilio e consiglieri del principe di Furió Ceriol (1560), l’Institutione de’ mercanti di Saravia de la Calle (1561) e il Rimedio de’ giuocatori di Pedro de Covarrubias (1561). I testi a carattere più propriamente storiografico, invece, oltre a essere funzionali alla propaganda filospagnola di cui Ulloa continuava a farsi portavoce, rispondevano anche alle nuove esigenze del mercato: scrisse, tra le altre, la Vita dell’invittissimo imperator Carlo V (1560), la Vita del valorosissimo e gran capitano don Ferrante Gonzaga (1563), la Vita del potentissimo e christianiss. imperatore Ferdinando Primo (1565); e tradusse il Libro dell’origine e successione dell’impero de’ Turchi di Díaz Tanco (1558), le Vite di tutti gli Imperadori di Pedro Mexía (1561), l’Asia di João de Barros (1561), le Historie di Agustín de Zárate (1563) e le Historie di Fernando Colombo (postumo, 1571).
Le scelte editoriali di Ulloa non sempre passarono indenni il vaglio della censura, come attestano i due processi indetti a suo carico: il primo, istituito dal S. Uffizio nel 1558, lo vide imputato per aver pubblicato o partecipato alla stampa dell’Institutione d’un re christiano di Felipe de la Torre e dei Due primi dialoghi di Pompeo della Barba; il secondo, indetto dal tribunale del Consiglio dei dieci nel 1568, per aver contraffatto, con l’aiuto di un patrizio veneziano, la licenza di un libro in lingua ebraica. La confessione del nome del patrizio coinvolto gli valse la commutazione della pena, che prevedeva inizialmente la decapitazione in piazza San Marco, in quella del carcere perpetuo.
E proprio nelle buie prigioni veneziane morì il 16 giugno 1570.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, b. 14 (atti processuali del 1558); Esecutori contro la bestemmia, Notatorio, reg. 56 e Consiglio di X. Registri criminali, n. 10 (atti processuali del 1568); Fondo notarile, b. 443, n. 9 (testamento); Necrologi della Sanità 16-VI-1570 (necrologio); Senato Terra, registro 41, cc. 52v-53r (richieste privilegi di stampa); Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, f. 522, c. 400 e f. 526, cc. 206-207 e 400 (lettere di Ulloa a Francesco de’ Medici); Ducato di Urbino, Fondo Guidobaldo II, cl. I, f. 217 (lettera di Ulloa al duca di Urbino); Guastalla, Biblioteca Maldotti, Fondo Gonzaga, 15/29 (lettera di Ulloa a Cesare Gonzaga); Gorizia, Biblioteca del seminario teologico centrale, Fondo Strassoldo-Villanova, b. 216, cc. 87-90 (lettere di Massimiliano II all’ambasciatore veneziano); Archivio di Stato di Napoli, Carte farnesiane, fascio 278, c. 1 (lettera del duca d’Alba al conte di Mansfelt); Archivo general de Simancas, Estado, leg. 1469, cc. 144-146 (inchiesta a carico di Ulloa, accusato di spionaggio); Estado, Venecia, leg. 1326 (lettere di Ulloa a Filippo II e lettere di Filippo II all’ambasciatore Diego de Guzmán de Silva e al doge veneziano Pietro Loredan); Vienna, Staatsarchiv Oesterreisches, Familienarchiv Sammel-baende, box I, vol. 2, c. 8 (lettera di Massimiliano II all’ambasciatore veneziano); Vienna, Oesterreichische Nationalbibliothek, HS, Cod. 9039, cc. 31-36 (documento di Sambucus a Massimiliano II).
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