CITTADELLA (Lombardi), Alfonso
Figlio di Niccolò da Lucca e di Eleonora Lombardi da Ferrara, nacque a Ferrara nel 1497, o poco dopo.
L'origine del nome Cittadella è connessoall'ufficio di capitano della fortezza, o cittadella, di Lucca ricoperto dagli avi di Niccolò, di nome Jacobi. Il padre del C. venne a Ferrara intorno al 1495 ed entrò al servizio del duca Ercole I d'Este: poco dopo sposò Eleonora Lombardi. Il cognome Lombardi, quindi, venne allo scultore da quello della madre; l'origine lucchese, affermata dai documenti (Frediani, 1834), è invece mutuata dalla patria del padre: "Alphonsus de Cittadellis de Lucha, seu ut dicebitur de Lombardis", si legge in un documento del 1537 (Ridolfi, 1874-75).
Una primizia del C. potrebbe essere la statua in cotto di S. Giovanni Battista in una nicchia dell'edificio d'angolo fra le vie Cortevecchia e Boccaleone, secondo il Medri (1957) riferibile a poco dopo il 1515. Successivamente la famiglia si trasferì a Bologna (Niccolò vi è ricordato già nel 1516), dove il C. è documentato per la prima volta il 3 luglio 1519, a proposito del completamento del gruppo in terracotta dell'Ercole e l'Idra, da collocarsi in una sala del palazzo pubblico (tutt'ora nella sala d'Ercole): il committente era stato il gonfaloniere di Giustizia Cornelio Lambertini, che intendeva celebrare la sconfitta del dominio bentivolesco. Il Vasari (p. 86) ricorda che "la statua fu fatta a concorrenza di Zaccheria da Volterra, il quale fu di molto superato...". Il 12 dicembre dello stesso anno il C., ancora minorenne, stipula assieme al padre il contratto di allogagione per il Transitodella Vergine, da collocarsi nell'ospedale di S. Maria della Vita: l'opera risulta compiuta il 30 giugno del 1522 (ora si conserva nell'oratorio di S. Maria della Vita). A questi anni sembra appartenere anche la collaborazione ai monumenti sepolcrali della cappella Bottrigari in S. Francesco.
Smantellati nell'Ottocento e trasportati alla certosa, i sepolcri sono stati ricollocati recentemente nella chiesa, ormai privi della maggior parte delle sculture: sì che riesce difficile ricostruire quale fosse l'opera del Cittadella. Dalla Cronaca di G. B. Bottrigari (Rigoni, 1910, p. 129) sappiamo con certezza che il C. aveva eseguito le sculture per il sepolcro di Ercole Bottrigari (morto a Roma nel 1520). Ed il Lamo (1560) descrive una tomba di pietra, con la figura in terracotta giacente sul sarcofago come pure un Dio padre e due "geni funerari" (sculture tutte perdute). Lo stesso Lamo descrive una seconda tomba con la figura, in terracotta, di "un vescovo cologato sopra un cassone": quasi certamente si tratta della tomba di Galeazzo Bottrigari, vescovo di Gaeta, morto nell'anno 1519. Della prima tomba esiste un ricordo grafico riferito a Battista di Pietro da Como che aveva scolpito le parti in macigno (E Malaguzzi, in Rassegna d'arte, I [1901], pp. 126 s.).
Pure di questo momento giovanile dovrebbero essere il S. Bartolomeo in cotto già in S. Bartolomeo di Reno (ora nell'attiguo ex orfanotrofio) e la Crocifissione di Castelbolognese (S. Petronio). Un'iscrizione ottocentesca riferisce al 1524 il gruppo in terracotta con La Vergine,il Bambino e i ss. Giovanni Battista e Evangelista della Pinacoteca di Faenza (eseguito per la Compagnia di S. Giovanni Decollato). Nel 1525 risultano compiute e collocate le quattro statue in cotto dei patroni di Bologna (S. Petronio,S. Procolo,S. Francesco,S. Domenico) nelle nicchie sotto il voltone del Podestà (in antico vi era ricavata la cappella della Madonna del Popolo). Agli anni 1522-26 è, infine, riferito il grandioso gruppo in cotto del Compianto di Cristo nella cripta del duomo di Bologna, eseguito per le monache di S. Margherita e donato al cardinal Paleotti nel 1584.
Le opere ricordate, che si scalano tutte entro i primi otto anni dell'attività del C., ci propongono l'immagine di un vigoroso plasticatore attento agli esiti del classicismo ferrarese e bolognese (dal Garofalo a Girolamo da Carpi), ma portato dalla stessa scelta della materia ad assimilare il sangue naturalistico della plastica emiliana, da Niccolò Dell'Arca a Guido Mazzoni. Evidenti le affinità con le parallele esperienze del Begarelli. Nel C., tuttavia, si avverte un conflitto irrisolto fra vocazione classicistica (corroborata da modelli toscani) e urgenza di espressività naturalistica: in quest'ultima chiave la riuscita più alta è da vedere nel Compianto del duomo, ove un'autentica tensione di stile innerva il racconto; il gruppo di S. Maria della Vita, al contrario, è emblematico dell'ambizione di eguagliare la misura severa e monumentale della scultura in marmo.
Nell'agosto del 1524 il C. è documentato (Supino, 1914) in rapporto al cantiere di S. Petronio, allorché gli viene affidata l'esecuzione di un rilievo con Mosè quando tolse la corona al faraone, tema che l'artista dovette poi sostituire con Mosè che porta alla bocca i carboni ardenti.
I rilievi in marmo eseguiti dal C. nel portale di sinistra di S. Petronio sono stati identificati nel già menzionato Mosè e i carboni ardenti, nel Ritorno e sponsali di Rebecca e nella Nascita di Esaù e Giacobbe. Ipagamenti (27 gennaio, 24 marzo, 23 giugno, 22 sett. 1526: Rigoni, 1910, pp. 135 s.) riguardano, in effetti, tre rilievi, oltre ad alcuni modelli per angeli e Sibille che dovevano essere eseguiti da altri (in un caso si cita Properzia de' Rossi) e, in parte, da lui stesso: il Supino propone di riconoscere la mano del C. in alcune Sibille nella pilastrata destra della porta di sinistra. Poco dopo il C. esegue anche la Resurrezione in marmo a tutto tondo (lodata dal Vasari) nella lunetta del portale di sinistra (commissionata da B. Barlogia il 5 febbr. del 1526 e collocata nel luglio del 1527: doc. in Ridolfi, 1874-75).
I ripetuti impegni per la cattedrale spinsero il C. a chiedere in locazione una casa e una bottega di proprietà della Fabbrica di S. Petronio dove egli vivrà sino alla fine: il contratto fu steso il 4 ott. 1526. Nel 1528 il C. iniziò a scolpire una statua di S. Procolo (identificata dal Fanti, 1959) che, alla sua morte, risulterà non finita. Altra opera bolognese del C. èil Cristo alla colonna, intagliato in legno di fico, conservato nella chiesa di S. Giovanni in Monte.
Nel febbraio 1530, in occasione della incoronazione imperiale di Carlo V, il C. ebbe il compito di realizzare gli ornamenti plastici per la porta di S. Petronio. Il Vasari sottolinea, a questo punto, l'eccezionale valentia dell'artista nell'eseguire ritratti in stucco e in cera in forma di medaglia: e fra i personaggi ritratti ricorda tra gli altri Clemente VII,Alfonso d'Este, il cardinale Ippolito de' Medici e lo stesso Carlo V. Il ritratto di Carlo V, tuttavia, fu eseguito durante la seconda visita a Bologna dell'imperatore nel 1533, in concomitanza con il ritratto di Tiziano: secondo il Vasari Carlo V rimase così colpito dalla qualità del medaglione in stucco che volle compensare l'artista nell'identica misura di Tiziano (500 scudi) e incaricarlo di ricavare dal ritratto una scultura in marmo che il C. porterà all'imperatore a Genova; nella circostanza dovette compiere il ritratto in cera di Andrea Doria ricordato anche dal Vasari e dal Soprani, 1768 (Middeldorf, 1970: vedi il disegno di Rembrandt nel Museo di Berlino, riprod. a p. 23 fig. 2, da una medaglia che sembra corrispondere ai modi del Cittadella). Che il C. facesse fondere in bronzo le sue medaglie è provato da una lettera del 1533 al duca di Mantova (Braghirolli, 1874-76) dove ne cita varie in stucco e, a proposito di una medaglia, dice: "credo la farò gettare in metallo". Il Middeldorf (1970 e 1977) si è impegnato a ricostruire questo aspetto malnoto dell'operosità dell'artista (l'unico esemplare che finora si conosceva, un ritratto dell'architetto Andrea Tettori, firmato "Alfonsos. Lomb. F", già nella collezione Fillon a Parigi, è andato smarrito e non se ne ha la riproduzione), riconoscendo in un medaglione in bronzo che rappresenta Carlo V di profilo (Ginevra, coll. Lederer) e in una medaglia con Ercole II d'Este del British Museum possibili opere del Cittadella.
A Ferrara si conservano poche opere sicuramente del C.: fra queste fanno spicco i busti in terracotta del Redentore e dei Dodici Apostoli in due cappelle della cattedrale, ove furono collocati nel 1769 (G. Frabetti, L'Ortolano, Milano 1966, pp. 28, 34): provenivano dalla chiesa bolognese di S. Giuseppe di Galliera, poi intitolata alla Maddalena, dove li ricorda il Malvasia (1686).
A Bologna, i lavori per il monumento di Armacciotto de' Ramazzotti in S. Michele in Bosco sono documentati fra il 1530 e il 1533 (G. Zucchini, S. Michele..., in L'Archiginnasio, XXXVIII [1943], p. 30). Il monumento, ricco di marmi, segna un chiaro accostamento ai modelli toscani: la tipologia della figura del defunto sul sarcofago (in atto di sollevarsi sul gomito) riprende le invenzioni di Andrea Sansovino in S. Maria del Popolo e ripropone in marmo il tema che doveva apparire negli smembrati sepolcri Bottrigari. Al monumento Ramazzotti è stato giustamente accostato il monumento del giureconsulto G. B. Malavolta in S. Giacomo Maggiore (1533; Matteucci, 1967, fig. 44). In quegli anni il C. fu impegnato in S. Domenico nel completamento dell'arca (Bottari, 1964): realizzò i rilievi in marmo del gradino con l'Adorazione dei Magi e Storie di s. Domenico, apponendovi la data 1532 e la firma "Alphonsus de Lombardis C. Ferrariensis F". Nella misura della predella il C. riesce a trovare una cifra elegante e fluida, non estranea alla suggestione delle attigue sculture di Michelangelo giovane.
Gli ultimi anni della vita del C. sono caratterizzati da fitti rapporti con committenti di prestigio. Federico II Gonzaga, con il quale era in rapporti dal 1529 (Braghirolli, 1874-76), scrive all'artista il 21 febbr. 1532, pregandolo di portargli a Mantova "le teste" da tempo ordinate per la decorazione della sala delle Teste in palazzo ducale (C. Perina, in Mantova. Le arti, II, Mantova 1961, pp. 461 468, 568 s.). In un'altra lettera (18 dic. 1533) il duca raccomanda al C. - allora in Roma con il cardinale Ippolito de' Medici - di liberarsi di ogni impegno "per venire al lavoro della impresa che avete" (Gaye, 1840, pp. 246 s., 250 s.): il sepolcro di Francesco II Gonzaga, che il C. non riuscirà a realizzare.
A Bologna nel 1533, infatti, il C. aveva conosciuto Ippolito de' Medici, nipote di Clemente VII, che, dopo averlo invitato a Marsiglia (dove la corte pontificia si era recata per le nozze di Caterina de' Medici con Enrico di Francia), lo aveva condotto a Roma, commissionandogli numerose sculture ricordate dal Vasari: una testa di Vitellio, i busti in marmo di Clemente VII e di Giuliano de' Medici (questi ultimi acquistati, poi, dal Vasari e collocati da Cosimo de' Medici in Palazzo Vecchio, nella sala di Leone X). Alla morte di Clemente VII (25 sett. 1534) per l'intervento del cardinale Ippolito il C. ebbe l'incarico di eseguire il monumento del pontefice: dopo aver presentato un modello con figure in cera, sulla traccia di idee di Michelangelo, si reco a Carrara per procurarsi i marmi. Ma la sopraggiunta morte di Ippolito (agosto 1535) provocò un ripensamento dei cardinali e l'incarico passò nelle mani di Baccio Bandinelli. Lo scultore, profondamente offeso, decise allora di ritornare a Bologna (1536): nel passare da Firenze, donò un busto di Carlo V ad Alessandro de' Medici, che gli commissionò un ritratto.
Nell'ottobre del 1536 (ed è l'unica testimonianza dopo il ritorno a Bologna) il C. nominò suo procuratore in Roma il banchiere Giovanni Della Casa.
Morì il 1º dic. del 1537 (Ridolfi, 1895), secondo il Vasari consumato da una malattia conseguente all'insuccesso del monumento di Clemente VII, nella casa di Bologna abitata sin dal 1526.
Si è conservato un inventario delle suppellettili e sculture rimaste nel suo laboratorio (Gaye, 1840, pp. 247s.). La Fabbrica di S. Petronio avrebbe voluto prenderne possesso a compenso di pigioni arretrate: ma lo zio materno, Sigismondo Lombardi, ottenne, come unico erede, la consegna del materiale. Il duca di Mantova, più tardi (aprile 1538), spedì a Ferrara Giulio Romano per recuperare teste e marmi non finiti per il monumento di Francesco II Gonzaga.
Bibl.: P. Lamo, Graticola di Bologna [1560], Bologna 1844, pp. 12, 13 n., 14 n., 20, 22, 26, 28; G. Vasari, Le Vite, a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 83-91; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B. 123: M. Oretti, Notizie de' professori..., cc. 330-337; C. C. Malvasia, Le pitture di Bologna [1686], a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad Indicem; C. Baruffaldi, Vita di A. Lombardi… [sec. XVIII], a cura di G, B. Costabili, Bologna 1839 (ma vedi anche altro ms. del Baruffaldi pubblicato da G. Peretti, Venezia 1847; v. inoltre Indice ragionato delle "Vite de' pittori e scultori ferraresi" di Giordano Baruffaldi, a cura di A. Mezzetti-E. Mattaliano, Ferrara 1980 ss., sub voce Lombardi, Alfonso); R. Soprani-C. G. Ratti, Vite de' pittori, I, Genova 1768, p. 394; C. Barotti, Pitture e scolture... della città di Ferrara, Ferrara 1770, p. 34 e passim; C. Cittadella, Catalogo istor. de' pittori e scultori ferraresi, I, Ferrara 1782, pp. 174-188; L. Cicognara, Storia della scultura, V, Prato 1824, pp. 342-346; C. Frediani, Ragionamento stor. intorno ad A. C., Lucca 1834; C. Gaye, Carteggio ined. d'artisti, II, Firenze 1840, pp. 246-248, 250 s.; M. Gualandi, Nuova raccolta di lettere, III, Bologna 1856, pp. 10-12; E. Ridolfi. Esame critico della vita e delle opere di A. C. ..., in Arch. stor. ital., XX (1874), pp. 409-30; XXI (1875), pp. 81-101, 236-262; W. Braghirolli, A. C., in Atti e mem. della R. Accad. Virgiliana…, 1874-76, pp. 77-132; A. Bertolotti, Artisti bolognesi,ferraresi... in Roma, Bologna 1885, pp. 7075; E. Ridolfi, La data certa della morte dello scultore A. C. da Lucca, in Arch. stor. dell'arte, s. 2, I (1895), p. 138; G. Gruyer, L'art ferrarais à l'époque des princes d'Este, Paris 1897, I, pp. 531-48; G. Rigoni, A. Lombardi a Bologna(1519-37), in Riv. d'arte, VII (1910), pp. 129-142; I. B. Supino, Le sculture delle porte diS. Petronio in Bologna, Firenze 1914, pp. 19 s., 38, 42, 45-47, 64, 66-69, 103, 107 s.; F. Malaguzzi Valeri, Sculture del Rinascimento a Bologna, in Dedalo, III (192-223), 2, pp. 371 s.; I. B. Supino, L'Ercole di A. Lombardi, in Rivista d'arte, XI (1929), pp. 110-113; G. Zucchini, Una Madonna del Lombardi, in Il Comune di Bologna, XXI (1934), 10, pp. 51 s.; A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, I, Milano 1935, pp. 575-601; F. Rodriguez, La basilica di S. Francesco in Bologna, Bologna 1948, pp. 23-25; G. Delogu, Antologia della scultura ital., Milano 1956, pp. 228 s.; G. Medri, La scultura a Ferrara, in Atti e mem. della Deput. di storia patria della prov. ferrarese, n. s., XVII (1957), pp. 83-91; M. Fanti, Il S. Procolo della Fabbrica di S. Petronio in Bologna, in Arte antica e mod., 1959, n. 6, pp. 183-190; J. Pope-Hennessy, Cat. of Ital. sculpt. in the Victoria and Albert Museum, London 1964, ad Indicem (busto in terracotta di una Dama della famiglia Lupari); S. Bottari, L'Arca di S. Domenico in Bologna, Bologna 1964, pp. 82 s.; A. M. Matteucci, Le sculture, in Il Tempio di S. Giacomo Maggiore in Bologna, Bologna 1967, pp. 78 s.; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, cura di A. Emiliani, Bologna 1968, ad Indicem; U. Middeldorf, Una proposta per A. Lombardi, in La medaglia d'arte. Atti del I Convegno intern. di studio, Udine 1970, pp. 20-28 (con ulteriore bibl.); R. Roli, in S. Michele in Bosco, a cura di R. Renzi, Bologna 1971, pp. 251-255; G. Cuppini, Ipalazzi senatori a Bologna. Architetturae immagine del potere, Bologna 1974, pp. 288, 296; A. Parronchi, Il S. Sebastiano... in Attidell'Accad. Clementina, XI (1973), pp. 59 s.; F. Bergonzoni. I quattro santi protettori di Bologna: vicende e restauri del Voltone del podestà, in Strennastor. bolognese, XXVI (1976), pp. 45-70; V. Fortunati Pietrantonio, La via emiliana e romagnola alCinquecento, in Storia della Emilia-Romagna, a cura di A. Berselli, Bologna 1977, p. 630; U. Middeldorf, Zu einigen Medaillen der ital. Renaissance, in Festschrift W. Braunfels, Tübingen 1977, pp. 264 s.; N. Gramaccini, A. Lombardi, Francoforte 1990; K. Weil-Garris, La scultura emilianain terracotta riconsiderata, in Atti d. XXIV congresso internaz. di st. dell'arte,Bologna,settembre1979, in corso di stampa; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, pp. 345 s., sub voce Lombardi Alfonso (con bibl.).