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CERVI, Alfonso

di C. Willemijn Fock - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)
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CERVI, Alfonso

C. Willemijn Fock

Nato a Firenze da Anton Maria, fu fratello, probabilmente minore, di Giovanni Battista, insieme con il quale divenne membro dell'arte della seta di Firenze il 7 luglio 1575. Nei documenti è menzionato per la prima volta nel 1571, quando eseguì gli stemmi dei Medici in argento per un bacino e un mesciroba per Giovanna d'Austria, moglie del principe Francesco, e di nuovo nel 1578 (il 17 maggio) quando fu pagato dal granduca per un fornimento d'oro a una balestra. Fu soltanto dopo l'avvento al trono del granduca Ferdinando I (1587) che le relazioni del C. con la conte medicea divennero più strette. Il nuovo granduca sfoggiava un lusso più che regale e commissionò immediatamente parecchi servizi da tavola in argento, destinati a banchetti e ricevimenti grandiosi, che raggiunsero l'apice durante le sue nozze con Cristina di Lorena nel 1589. La corte medicea fu perciò costretta in quella circostanza a rivolgersi a orafi esterni alle botteghe granducali, visto che quelli "sul corridoio" erano talmente impegnati da non poter adempiere a tutte le nuove commissioni.

Già nel 1587 il C., che aveva la sua bottega sul Mercato Nuovo e sembra, a differenza del fratello, essersi specializzato soltanto in argenteria, riceveva più di 116 libbre d'argento per fare piatti, tramite Salvestro Castrucci orafo in S. Andrea, impiegato già da qualche anno dai Medici. Nel marzo 1588 il C. eseguiva la prima serie di settantotto piatti mezzani d'argento; nel luglio seguivano quattro tazze e sei candelieri, il 31 ottobre due bacini con le armi dei Medici e cinque boccali con manici. Soprattutto nel 1589, anno delle nozze del granduca, il C. fornì in diversi momenti un gran numero di oggetti d'argento: centotré piatti fondi, cinquantasette piatti tondini, dodici piatti grandi "alla francese con orlo di sotto", sedici candelieri lisci, sei "vasi" portapane quadri con navicelle per il sale, e dodici forchette e cucchiai d'argento con manici a zampa di cervo. Da allora le commissioni, diminuirono notevolmente; nel 1590 il C. fornì ancora tre candelieri lisci, sette scodelle e quattro piatti grandi "alla francese", mentre nel settembre 1591 eseguiva per la corte quattro scatoline lunghe lisce di piastra d'argento e due faschette traforate per rivestire fiaschette di vetro. Nel 1595 e nel '96 il C. è menzionato ancora per lavori di prezzo modesto non meglio identificati.

Il C. ebbe l'ultima commissione importante nel 1600. Oltre che riparare parecchi oggetti d'argenteria (il che per tutti gli orafi costituiva la maggior parte della loro attività), fu pagato il 28 luglio per due forcini e cinque cucchiai con manico a faccia e scudo con arme, due candelieri lisci, sei piatti grandi tondi "alla francese", due piatti a scodella mezzani e un boccaletto per olio e aceto con due beccucci lunghi a collo d'uccello e il piede a balaustro. L'ultima menzione, del 16 dicembre dello stesso anno, riguarda il pagamento per lavori non precisati per Maria de' Medici, in occasione della sua partenza per la Francia. Non si conosce l'anno della morte del Cervi.

Nessun pezzo si conserva di tutta questa argenteria domestica fatta per i Medici alla fine del Cinquecento dal C. e dai suoi contemporanei (gli orafi Giovanni Righi, Egidio Leggi, Salvestro Castrucci, Cencio della Nera, Michele Mazzafirri e Giovanni Garzi), che veniva fusa appena si rovinava o diventava fuori moda: anche il C. ricavava spesso il suo materiale da vecchie argenterie. Una descrizione, talvolta minuziosa, di questi oggetti si trova negli inventari contemporanei della Guardaroba dove fu conservata tutta l'argenteria di corte (Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea, nn. 126, 132, 133, inventario della Guardaroba dell'anno 1587, parz. pubbl. da I. B. Supino, L'arte di B. Cellini, Firenze 1901, pp. 65-75; ibid., n. 190, inventario della Guardaroba dell'anno 1595).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea, n. 101, inserto 1575 ("Filza di Conti e Ricevute"), c. 33; n. 117, c. 165v; n. 131, cc. 14, 35; n. 157, cc. 52v, 53; n. 208 ("Memoriali di manifattori"), c. 84; n. 133 ("Inventario generale a capi"), cc. 39, 40, 103, 160; n. 137, cc. 27, 42; n. 201, c. 19v; n. 230 ("Entrata e Uscita"), c. 19; n. 142 ("Conti per le nozze di Ferdinando I"), cc. 1222, 1233; n. 157, c. 32; n. 182; n. 186, c. 87; n. 232 ("Debitori e Creditori"), c. 69; n. 229 ("Giornale di Debitori e Creditori"); Ibid., Depositeria Generale, n. 986; n. 55 ("Recapiti di cassa"); Ibid., Arte della seta, n. 13, p. 126v; C. W. Fock, Der GoldschmiedJ. Bylivelt... und sein Wirken in der MediceischenHofwerkstatt..., in Jahrbuch der Kunsthistor. Sammlungen in Wien, LXX (1974), pp. 90, 94, 135, 136; Id., Vases en lapis-lazuli des collections Médicéennes du seizième siècle, in Münchner Jahrbuchder Bildenden Kunst, s. 3, XXVII (1976), pp. 127, 129, 152 note 88 e 108.

Vedi anche
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cèrvia
cervia cèrvia s. f. (ant. cèrbia) [lat. tardo cĕrvia, da cervus «cervo»], pop. – 1. Cerva, femmina del cervo: Non par la donna all’altre donne bella, Né a cervie cervia, né all’agnelle agnella (Ariosto); andando dietro a una gran cerbia...
cèrvio
cervio cèrvio (ant. cèrbio) s. m. – Variante pop. di cervo, rifatta sul femm. cervia (e cerbia). ◆ Dim. cerviétto, cerviettino.
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