CASATI, Alfonso
Figlio di Carlo Emanuele e di Margherita Besozzi, nacque, probabilmente a Milano, verso il 1626. Nel 1629 il padre, che quattro anni prima era stato nominato ambasciatore spagnolo in Svizzera, raggiungeva la propria sede diplomatica di Lucerna. In quella città crebbe e studiò il C., come si può desumere dal fatto che nel 1637 il suo nome figurava nel registro del locale collegio dei gesuiti. Quasi nulla si sa della sua adolescenza: sembra che già nel 1642 militasse nell'esercito spagnolo con il grado di capitano di fanteria. Alla morte del padre, avvenuta nel 1645, gli succedeva nella carica onorifica di capitano custode del parco di Pavia.
Il C. compì i primi passi nella carriera diplomatica sotto la guida dello zio Francesco, che dal 1645 rivestiva le funzioni di ambasciatore ordinario nella Confederazione e nelle Tre Leghe. Sin dal 1648 troviamo il C. - che evidentemente aveva rinunciato alla carriera militare - a fianco dello zio nei vari spostamenti che questi effettuava nel paese per mantenere i contatti con le autorità e per presenziare alle varie Diete. In tal modo, il C. veniva maturando un'esperienza degli uomini e delle cose svizzere che si sarebbe rivelata preziosa negli anni avvenire. Già nel 1653, sebbene non occupasse alcuna posizione ufficiale, sostituiva a Coira lo zio, temporaneamente assente; più tardi, tra il 1657 e il 1658, e tra il 1659 e il 1660, veniva inviato dal governatore di Milano a Innsbruck per sovraintendere alle operazioni di transito di truppe tedesche destinate alla Lombardia. Tra l'ottobre 1662 ed il novembre 1663 reggeva per una seconda volta ad interim la residenza spagnola nei Grigioni.
Il 17 nov. 1663 il C. diveniva titolare effettivo della carica, dalla quale veniva invece sollevato lo zio, che riceveva istruzione di prendere stabile dimora a Lucerna, per meglio invigilare sull'azione della diplomazia francese nella Confederazione.
Lo sdoppiamento delle cariche non doveva recare alcun danno alla causa spagnola, in quanto i due diplomatici avrebbero operato in perfetto accordo: come rilevava due anni più tardi il governatore di Milano, essi erano "como padre y hijo, y tan amigos que se ayudan en todas occasiones para el servicio de V.M.d"(Arch. di Stato di Milano, Potenze Estere, cart. 155, fasc. a. 1666, Ponce de León a Filippo IV, Milano 22 ott. 1666). Nel corso dei tre anni, durante i quali avrebbe occupato la carica, il C. si adoperò per mantenere la concordia nelle Tre Leghe e per vanificare i ripetuti sforzi della diplomazia francese miranti a ottenere dai Grigioni l'accessione all'alleanza franco-elvetica del 1663 Adottando questa linea di condotta, che era stata quella dello zio, poneva la Spagna nelle condizioni di beneficiare pienamente dei vantaggi acquisiti con il trattato del 1639:di conseguenza, mentre per un verso egli si asteneva dall'interferire nelle questioni interne del paese e dal prendere iniziative suscettibili di fomentare i dissidi confessionali tra cattolici e protestanti, per l'altro contrastava efficacemente gli intrighi del partito filofrancese e le proposte degli agenti diplomatici di Parigi. L'offensiva della potenza rivale venne a intensificarsi all'indomani della morte di Filippo IV (17 sett. 1665)e parve prossima al successo: l'energica reazione del C. valse a mantenere inalterate le posizioni della Spagna, come dimostrava, nel novembre successivo, l'apertura dei passi retici alle truppe italiane del re cattolico.
Il 31 marzo 1667 moriva a Lucerna Francesco Casati: non appena ricevuta la notizia del decesso dell'ambasciatore, il 5 aprile il governatore di Milano ordinava al C. di raggiungere la sede di Lucerna e di assicurare la gestione interinaria della rappresentanza diplomatica, in attesa della designazione ufficiale. La nomina regia a favore del C. giungeva di lì a poco, in duplice esemplare: attraverso il Consiglio di Stato, in data 25 maggio 1667 e attraverso il Consiglio d'Italia, in data 1° agosto. Il 9 febbr. 1669, inoltre, egli diveniva questore sovranumerario di cappa corta del magistrato delle Entrate ordinarie dello Stato di Milano, carica che, secondo una tradizione ormai consolidata, veniva concessa al rappresentante spagnolo nella Confederazione allo scopo di integrare, con un'entrata supplementare, il soldo non certo cospicuo di ambasciatore.
Il declino politico e militare della Spagna, ma, soprattutto, la precaria situazione delle sue finanze, che non consentiva il tempestivo e regolare pagamento delle pensioni pubbliche e private in Svizzera, non poteva certo giovare al buon esito della missione che il C. si accingeva a compiere. Per questo motivo, nonostante le non comuni capacità, che anche gli avversari gli riconoscevano, e malgrado la popolarità che il suo tatto e il suo spirito di moderazione gli avevano guadagnato nel paese, egli non avrebbe conseguito, con la sua attività, risultati vistosi.
Il principale problema che il C. si trovò a dovere affrontare fu quello di ottenere dai Cantoni l'efficace difesa della Franca Contea spagnola. Il mantenimento di un territorio neutrale tra la frontiera occidentale del paese e quella della Francia rispondeva ad una delle esigenze fondamentali della politica svizzera; i Cantoni alleati alla Spagna, poi, avevano al riguardo obblighi precisi, imposti loro da una clausola del trattato del 1634. La fulminea occupazione della Franca Contea da parte delle truppe francesi, nella primavera del 1668, aveva perciò messo in allarme la Confederazione, anche se pochi mesi più tardi, con il trattato di Aquisgrana, Luigi XIV si era piegato a restituire al suo legittimo sovrano il territorio conquistato. Benché, quindi, la necessità di provvedere alla sicurezza della provincia spagnola risultasse ormai ben evidente a tutti, il C. non riuscì, dopo il 1668, ad ottenere l'invio di truppe sufficienti a garantirne la difesa. I suoi sforzi per spingere i Cantoni cattolici a insediare guarnigioni nella Franca Contea e per convincere il Cantone di Berna a concedere a questi reparti il transito attraverso il proprio territorio, malgrado qualche esito parziale, non davano risultati apprezzabili, in quanto i contrasti tra i Cantoni delle due confessioni e l'azione penetrante della diplomazia francese finivano col rendere vana ogni iniziativa in proposito. Nel 1674 Luigi XIV poteva così occupare per un seconda volta la provincia spagnola, la cui definitiva annessione alla Francia veniva sancita, nel 1678, dal trattato di Nimega.
Nessuna delle altre iniziative volte a contrastare i progressi della diplomazia francese nella Confederazione dava sviluppi positivi. Né i ripetuti tentativi per trasformare la "unione ereditaria" dell'Austria con i Cantoni in una alleanza difensiva, allo scopo specialmente di introdurre delle guarnigioni svizzere nelle città imperiali della frontiera renana; né gli sforzi dell'ambasciatore per operare un fruttuoso ravvicinamento ai Cantoni protestanti, in particolare a quello di Berna nel 1669 e nel 1671; né, tantomeno, l'opera di persuasione svolta presso i Cantoni dell'alleanza spagnola per ottenere il richiamo delle truppe svizzere al servizio della Francia ottenevano risultati significativi.
Malgrado gli insuccessi, le doti d'ingegno del C., la sua tenacia e soprattutto la profonda conoscenza della situazione svizzera, acquisita sin dagli anni giovanili, gli consentivano per lo meno di mantenere viva l'influenza spagnola nel paese. E ciò non soltanto nelle Leghe Grigie, dove la posizione egemonica conquistata dalla monarchia spagnola non ammetteva capovolgimenti, ma anche nella Confederazione. Così, nel 1671, faceva fallire il piano dell'inviato francese Mouslier, concepito per ottenere dai Cantoni firmatari della alleanza del 1663 una "dichiarazione" che avrebbe rappresentato un vantaggioso ampliamento di alcune clausole. Dal canto suo, il C. conseguiva, nel 1676, un successo non indifferente facendo accettare ai Cantoni cattolici uno "strumento di riduzione" mediante il quale questi ultimi rinunciavano ad un terzo delle pensioni arretrate di cui la Spagna era loro debitrice.
In quell'occasione il C. fu ad un passo dal cogliere una clamorosa vittoria: nello "strumento", infatti, egli aveva fatto inserire alcuni articoli aggiuntivi che restringevano la libertà d'azione delle truppe svizzere al servizio di potenze nemiche, il che avrebbe avuto per conseguenza di ridurre l'alleanza francese ad un'alleanza puramente difensiva. Sebbene i Cantoni cattolici, tranne Friburgo, avessero inizialmente aderito anche agli articoli aggiuntivi, su questo punto il progetto spagnolo veniva contrastato con successo dalla diplomazia francese nella Dieta di Baden del luglio di quell'anno.
Il C. morì a Coira il 16 febbr. 1681, assistito dal figlio Carlo, che qualche anno più tardi sarebbe divenuto suo successore nella carica diplomatica. Il 16 novembre precedente, il C. era stato ascritto, con i suoi discendenti, al patriziato della città di Lucerna. Fu sepolto nella cattedrale di Coira.
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