FALLICA, Alfio
Nacque a Paternò (Catania) il 18 apr. 1898 da Salvatore, agricoltore, e Maria Russo. Frequentò la scuola superiore di architettura di Roma e già prima della laurea (1931) partecipò a numerose esposizioni.
Nel maggio 1925 espose nella sede del gruppo romano incisori e artisti, insieme con il catanese Eugenio Fegarotti.
In quella occasione il F. si distinse soprattutto per l'originalità e per le sue doti di disegnatore: "egli sa ben disegnare ed anche ottimamente sintetizzare con carattere personale e architettonico, evitando l'inutile e abolendo il convenzionalismo" (Scarpa, 1925, p. 5). Oltre ai disegni, nella stessa mostra presentò anche alcune acqueforti.
Nel 1925 partecipò alla III Biennale di Roma (cfr. Il Messaggero, 1° luglio 1925) e nel 1927 alla III Esposizione internazionale dì Monza e alla II Esposizione del Werkbund di Stoccarda. Nel 1927, inoltre, vinse a Roma il primo premio al concorso per il monumento alla guardia di finanza. Sempre a Roma, nel 1928 partecipò alla I Esposizione italiana di architettura razionale.
Fra i 42 architetti espositori solo due provenivano dall'Italia meridionale ed insulare: il F. e il catanese G. Marletta (Cennamo, 1973, p. 101). Il F. presentò sette progetti, alcuni dei quali erano già in costruzione: la villetta Cutore sull'Etna, il "laboratorio di agrumi" a Paternò, la villa Fegarotti a Fregene, il villino Fegarotti a Roma, l'ingresso della Plaja a Catania (il disegno, che evoca atmosfere dechirichiane, si trova a Catania, presso la figlia del F. Mariela), la trasformazione della casetta di proprietà Cutore e David sull'Etna, la sistemazione del padiglione della Camera di commercio a Milano, una prospettiva ed un alzato del suo studio.
Nel progetto di villa Cutore sull'Etna, fra la semplicità delle linee rette e delle superfici piane, emerge un rigore eccessivo, un po' castigato e "non sufficientemente animato dai vuoti ombrosi delle grandi aperture, delle scalette esterne, dalla sottilissima inferriata" (Rocca, 1988, p. 101). Nel "laboratorio per agrumi" di Paternò, invece, le forme lineari dialogano con le volumetrie curvilinee. Un'operazione più complessa fu il villino Fegarotti in viale Bruno Buozzi a Roma., definito una "interpretazione mediterranea di principi razionalisti" (De Guttry-Maino, 1988, p. 148), in cui le uniche inserzioni storicistiche sono evidenti nei timpani "cinquecenteschi" e nel pilastro-torre che rimanda all'art nouveau.
Nel 1929 il F. progettò e realizzò a Catania il negozio di gioielleria Fecarotta in via Etnea n. 172 (oggi rimane soltanto l'insegna e un grande tavolo rotondo, da lui progettato). Intorno al 1930, sempre a Catania, progettò villa Caponetto, realizzata in via Passo di Aci.
Si tratta di un'architettura eclettica in cui appare evidente l'interesse del F. per il gusto déco, ma anche per la tradizione palermitana (arabo-normanna) nelle rosse cupole e per la cultura classica, nell'uso della cornucopia che di frequente appare come sigla dei lavori del Fallica. Infine è da notare la torretta in cui emerge l'originale inserzione del balconcino rotondo che gira "all'esterno, come un vassoio sospeso oltre il corpo trasparente della veranda" (Rocca, 1988, p. 102).
Nel 1931 il F. conseguì la laurea in architettura con Marcello Piacentini, relatore; l'anno successivo, l'11 maggio, a Catania, sposò Rachele Sciuto, appartenente all'alta borghesia catanese, da cui ebbe tre figli: Mariela (nata il 20 luglio 1933), Livia (nata il 27 marzo 1937), Salvatore (nato il 31 genn. 1947). In quegli anni il F. lavorò tra Catania e Roma, dove nel 1939 chiamò la famiglia. Fece rientro definitivamente nel 1943 a Catania, dove continuò ad operare con intensità nel campo della progettazione architettonica.
Nel 1932, sempre a Catania, realizzò l'originale caffè Etne (cfr. F. Fichera, in Rivista del Comune di Catania, ottobre 1932, pp. n.n.), oggi distrutto, in cui le pareti dipinte presentavano evidenti motivi déco, mentre la monumentale macchina di caffè evocava forme futuriste. Fra le architetture civili di questo periodo sono da citare il palazzo condominiale di via Umberto 144/D, di forma rigidamente squadrata, e un altro palazzo in piazza Jolanda 23, notevole soprattutto per lo scalone interno che si svolge morbidamente intorno ad un ideale pilastro ovale. Denotano un novecentismo ormai di maniera il palazzo di viale XX Settembre 29-33 del 1934 e il palazzo condominiale di via Lago di Nicito 34. Notevoli dovevano essere comunque i limiti posti al F. dalla committenza, che tendeva ad economizzare a scapito della qualità e dell'apparato decorativo.
Fra gli architetti catanesi degli anni Venti-Trenta - C. Aloisi, F. Fiducia, R. Leone, G. Marletta e F. Fichera - il F. fu probabilmente il più eclettico: si dedicò infatti anche all'arredamento, alla scultura, alla pittura e all'incisione.
Più nota fu la sua attività di arredatore e dì creatore di mobili, come testimonia il successo del cosiddetto mobile "cervo", esposto a Monza nel 1930, alto due metri, in ciliegio e palissandro, dalla forma pienamente déco (proprietà della figlia Lidia Fallica Rosano, Catania); sempre alla IV Triennale di Monza ebbero ampia risonanza i mobili progettati dal F. in cui era inserita una fontana murale dello scultore catanese Carmelo Florio (cfr. ill. in Caioli, 1931). Esemplificativo di questa attività è anche l'arredamento della sua casa a Catania in piazza Borgo, tutta in stile déco con un ampio tappeto, pure disegnato da lui. Moderato ed equilibrato assertore di tale stile, il F. preferiva adottare sagome assai semplici, valorizzando i materiali; in particolare era solito vivacizzare i mobili con tappezzerie di gusto palesemente novecentista.
Nelle decorazioni pittoriche del F. taluni "spunti" sembrano derivati da una larvata adesione al surrealismo e al simbolismo, ma i maggiori stimoli provengono dal mitologismo neoetrusco di C. Campigli e dal terroso linguaggio pittorico di M. Sironi; altri motivi sono tratti dal novecentismo neoquattrocentesco (vedi i murales di villa Caponetto, con dipinti e bassorilievi). Il F. realizzò anche pannelli intarsiati con applicazioni in madreperla di cui si è persa traccia (cfr. ripr. in Il Cellini, III [1942], 12-13).
Fra le sculture del F. si ricordano: I guerrieri in bronzo (ibid.), di gusto neoetrusco; Un cavallino stilizzato di memoria siceliota con striature sulla criniera, in bronzo dorato, realizzato negli anni Trenta (Catania, proprietà Angelo Ciccarelli); dello stesso periodo è una scultura in ferro raffigurante le Amazzoni (conserv. a Catania presso il figlio Salvatore). Sul Corriere di Catania (1° nov. 1953) è pubblicato un suo bassorilievo raffigurante Esculapio, mentre un'altra scultura in ferro dorato raffigurante Artemide e Atteone è riprodotta da Il Popolo di Sicilia (Catania), 19 apr. 1940.
A Catania, negli anni '30, il F. fu assiduo frequentatore dello studio dello scultore Giovanni Formica, insieme con Emilio Greco e con altri giovani scultori catanesi, tutti accomunati da una generica insoddisfazione che manifestavano nelle loro opere pur "... non sapendo esattamente cosa amare ..." (Frazzetto, 1988).
Nel dopoguerra il F. continuò un'intensa attività progettuale, soprattutto per strutture pubbliche, ma il raffinato linguaggio degli anni precedenti si andò via via stemperando e il F. per lo più si adeguò agli standards architettonico-edilizi di quegli anni. Nel 1948 progettò un nuovo albergo e vari rifugi sull'Etna: ad Acicastello nel 1950 ricostruì la chiesa di S. Mauro, mentre nel 1953 a Carranna (fraz. di Mascali) progettò e realizzò la chiesa di S. Giuseppe e a Lavinia quella di S. Maria. Nel 1955 realizzò la nuova chiesa di Acitrezza e un'altra a Biancavilla. Nel 1957 redasse il piano regolatore della collina di Paternò e sempre a Paternò progettò nel 1958 l'albergo Sicilia e nel 1960 l'ospedale S. Salvatore. Nel 1962, infine, progettò una unità residenziale dell'Istituto immobiliare "San Berillo" a Catania. Alla fine degli anni '50 il rettore dell'università di Catania C. Sanfilippo gli commissionò un progetto per la città universitaria, ma per ragioni di salute il F. fu costretto a rinunciare all'incarico.
Morì a Catania il 15 luglio 1971.
È da ricordare che il F. partecipò a numerosi concorsi architettonici e mostre, curando anche gli allestimenti (ad es. il padiglione Lazio della Fiera di Milano nel 1928, quella di Messina nel 1935 e quella di Tripoli nel 1937). Dal 1941 al 1944 fu membro della commissione edilizia del Comune di Catania.
Fonti e Bibl.: P. Scarpa, Note d'arte: A.F. ed Eugenio Fegarotti, in Il Messaggero, 24-25 maggio 1925; L. Piccinato, Una casa di A.F., in Domus, n. 6, giugno 1929, p. 11; F. Caioli, Gli artisti e gli artigiani sicil. alla Triennale di Monza, in Il Giornale d'Italia, 27 genn. 1931; P. Scarpa, Una villa romana eden degli artisti, in Il Messaggero, 24 nov. 1934; B. Zevi, Storia dell'architettura moderna, Torino 1950, p. 639; G. Marletta, Nacque da una rivolta di studenti l'architettura moderna in Italia, in La Sicilia, 8 ott. 1968; L'eclettico A. F., in Iniziativa politica (Catania), 16 giugno 1968; M. Cennamo, Materiali per l'analisi dell'architettura moderna, Napoli 1973, pp. 101, 111, 189, 204, 239; M. Tafuri-F. Dal Co, Architettura contemporanea, Milano 1976, p. 307; Gli artisti di villa Strohl-Fern tra simbolismo e Novecento (catal.), a cura di L. Stefanelli Torossi, Roma 1983, p. 118; M. Francalanza, in Encicl. di Catania, II, Catania 1987, p. 773 (sub voce Viali); G. Frazzetto, Solitari come nuvole. Arte e artisti in Sicilia nel '900, Catania 1988, p. 144; A. Rocca, L'arte nel Ventennio a Catania, Catania 1988, pp. 101-105, 109, 193; I. De Guttry-M. P. Maino, Il mobile déco italiano 1920-1940, Parma-Bari 1988, ad Indicem; U. Di Cristina-G. Trombino, in Diz. degli artisti siciliani L. Sarullo, Architettura, Palermo 1993, pp. 168 s.