AVERESCU, Alexandru
Generale e uomo di stato romeno, nato da famiglia di agricoltori al Ismail sul Danubio (al confine meridionale della Bessarabia) il 22 aprile 1859. Nel marzo 1876 si arrolò nell'esercito romenoxn qualità di soldato; ma col suo ingegno seppe acquistarsi le spalline da ufficiale nella cavalleria. Per completare la sua istruzione militare, fu mandato, a spese dello stato, all'accademia di Torino (1883-1886) e divenne uno degli ufficiali più colti dell'esercito romeno. Promosso maggiore, fu dal 1895 al 1898 addetto militare alla legazione di Berlino. Nel 1906 fu promosso generale di brigata, e come tale entrò, quale ministro della guerra, nel gabinetto di Demetrio Sturdza (1907-1909). Nel 1911 ebbe la nomina a capo dello Stato maggiore; e promosso, nel 1912, generale di divisione, diresse le operazioni dell'esercito romeno nella breve campagna del 1913 contro la Bulgaria. Dopo la guerra balcanica e più tardi, dopo la morte di re Carol, l'A. si ritrasse dalla vita politica; ma quando scoppiò la grande guerra, egli, che aveva il comando del I corpo d'armata di Craiova, assunse quello della II armata, poi della III, indi del gruppo d'armate del sud. Nel 1917 fu promosso generale di corpo d'armata. Il nome del generale Averescu è legato a due notevoli fatti delle armi romene, all'operazione di Flămânda (ottobre 1916) e alla battaglia di Măraşeşti (luglio 1917). Con la prima operazione l'A. aveva ideato e iniziato il piano di passare il Danubio presso Flămânda e di attaccare i Bulgari alle spalle. L'operazione, bene riuscita, dovette essere sospesa per ragioni e per ordini superiori. Nella battaglia di Mărăşeşti doveva eseguire un attacco dimostrativo nel quadro della grande offensiva sull'intero fronte tra i Carpazî e il Danubio. La sua II armata ruppe le linee nemiche e penetrò in una profondità di 40 km., avanzando col centro fino alle spalle delle posizioni nemiche; ma la defezione delle truppe russe nella Bucovina frustrò anche questo successo. Allorché il Mackensen entrò a Costanza, tutto il popolo invocò un salvatore: l'A. fu chiamato a capo dell'esercito romeno e divenne popolarissimo. Al principio del 1918 egli comandava l'esercito in lotta al fronte russo. La situazione militare e politica era molto oscura. L'A. venne in conflitto col presidente dei ministri, Bratianu. Quando questi fu costretto a ritirarsi nel febbraio 1918, re Ferdinando affidò all'A. la formazione del nuovo ministero, che aveva il doloroso ufficio di preparare la pace con le potenze centrali. In tale carica, firmò con i delegati tedeschi e austroungarici i preliminari di pace a Buftea (5 marzo 1918). Poco dopo dovette cedere il posto al germanofilo Marghiloman.
Finita la grande guerra, l'A. si congedò dall'esercito per dedicarsi tutto alla politica. Era l'uomo più popolare della Romania, e organizzò un nuovo partito, il partito del popolo (poporului), che si sviluppò in antagonismo a quello liberale guidato dai Bratianu. Formatosi, nel 1919, un ministero di concentrazione sotto la presidenza di Vaida-Voevod, transilvano, l'A. ebbe il portafoglio dell'Interno. Caduto il ministero Vaida-Voevod, fu chiamato, nel 1920, per la seconda volta alla presidenza del Consiglio. Difficoltà economiche di vario genere scossero la posizione del gabinetto a cui presiedeva. Di queste approfittò il suo ministro degli Esteri, Tache Jonescu, per rovesciarlo con una secessione dei nazional-democratici (dicembre 1921).
Nelle elezioni del 1922 il partito del popolo raccolse 10 soli mandati alla Camera. L'A. passò all'opposizione contro i liberali. Il partito del popolo subì quindi una modificazione, fondendosi con i conservatori progressisti di Marghiloman (dopo la morte del loro capo, avvenuta il 10 maggio 1925), e assumendo il titolo ufficiale di partito nazionale del popolo (partid national al poporului). Nell'estate 1924 era corsa in tutta la Romania la voce che l'A., ritenuto italofilo e filofascista, preparasse una "marcia su Bucarest". Invece, la fiducia di re Ferdinando lo richiamò, per la terza volta, a capo del Governo, ai primi d'aprile 1926. Quale presidente del Consiglio, senza portafoglio, l'A. riuscì ad ottenere dall'Italia la ratifica del protocollo di annessione della Bessarabia. L'A. si dimise ai primi di giugno 1927 a causa dell'opposizione di Jonel Bratianu, che volle riavere nelle sue mani il timone dello stato, in vista della fine imminente di re Ferdinando.