DUBČEK, Alexander
Uomo politico cecoslovacco, nato a UJhrovec (Trencín) il 27 novembre 1921. Trasferitosi con la famiglia nell'URSS (1925), ne fece ritorno nel 1938; entrato nel Partito comunista clandestino (1939), partecipò all'insurrezione del 1944, dove perse la vita il fratello Julius. Dopo la guerra, avviò la sua carriera politica nella Slovacchia occidentale; trascorse poi (1955-58) un triennio di studi a Mosca, presso l'accademia del Comitato centrale del PCUS. Membro della Segreteria (1960) e dell'Ufficio politico (1962), personalità di primo rilievo nel Partito comunista slovacco dopo la caduta (aprile 1963) dello stalinista K. Bacílek, nel maggio 1966 assunse la carica di primo segretario. Portato dagli sviluppi della crisi in tutto il paese alla testa del Partito comunista cecoslovacco il 5 gennaio 1968, in sostituzione di Antoní Novotný, D. legò il suo nome all'esperimento riformatore troncato il 21 agosto dall'intervento sovietico. Raggiunta Mosca il 23 agosto, dopo tre giorni di discussione accettò, insieme con altri esponenti cecoslovacchi, di rafforzare i legami con i paesi della "comunità socialista" e di risanare la situazione in Cecoslovacchia, restaurando in primo luogo la disciplina dei mezzi d'informazione. Nonostante successive concessioni (accettazione della permanenza di truppe del Patto di Varsavia, riconoscimento della minaccia portata da forze anticomuniste e antisovietiche), D. fu infine sostituito nella Segreteria da G. Husák, il 17 aprile 1969, ed escluso dall'Ufficio politico nel settembre dello stesso anno.
L'impegno fondamentale di D. era stato l'inserimento del Partito, con un ruolo determinante di unificazione e direzione, nella dialettica dei gruppi e degl'interessi sociali. Già i suoi articoli sulla Pravda di Bratislava, nel corso del 1967, reclamavano la "riorganizzazione completa delle strutture burocratiche centralizzate"; al plenum del Partito comunista cecoclovacco dell'ottobre 1967, che aprì la crisi politica, D. indicò risolutamente la necessità di una democrazia interna, identificando con fiducia la realizzazione del comunismo e la prospettiva della rivoluzione tecnico-scientifica. In seguito affermò che il partito "non ha vita propria, al di fuori o al di sopra della società, ma al contrario fa parte integrante della società": egli manteneva il ruolo dirigente del partito, ma sottolineava l'impegno morale indispensabile alla direzione, negando i privilegi da essa derivanti. D. riconosceva nella società socialista una pluralità d'interessi e di atteggiamenti, destinata naturalmente a riflettersi all'interno del partito; poneva dunque con chiarezza, in termini estranei all'ideologia ufficiale, "il problema del potere e della sua democratizzazione come problema politico fondamentale".
Bibl.: A. Dubček, K otazkám obrodzovacieho procesu v KSČ, Bratislava 1968 [trad. it., Le ventimila parole di Dubcek per un'autentica democrazia socialista (30 ottobre 1967-4, agosto 1968), Milano 1969]; Dossier cecoslovacco, a cura di R. Garaudy, ivi 1968; A. Reitzner, Alexander Dubček, Männer und Mächte in der Tschekoslowakei, Monaco 1968; P. Tigrid, Così finì Alexander Dubček, Milano 1970; W. Shawcross, Dubček, Londra 1970; L. Preti, Interpretazioni di Dubček, Milano 1971.