ALESSIO I Comneno, imperatore di Bisanzio
Di famiglia greca patrizia, originaria di Comne presso Adrianopoli, ricca poi di vasti possessi in Anatolia, nel bacino del Qizil Irmatl, a Qastamūnī. Il padre, Giovanni, era fratello del famoso generale Isacco Comneno, riuscito, sebbene per poco, a cingere la corona imperiale (1057-59). La madre, Anna Dalassena, donna abile e ambiziosa, rimasta sola dopo la morte di Giovanni (1067) ad allevare gli otto figli, nulla tralasciò per portarli ad alti uffici. Alessio, nato nel 1048, fu messo in evidenza, dopo un tirocinio militare in Anatolia, dal matrimonio con una principessa imperiale, Irene Ducas, che lo fece padre di numerosi figli: Giovanni, Andronico, Isacco, Anna, Maria, Eudossia, Teodora. Con grande abilità seppe Alessio, consigliato dalla madre, attraversare l'agitato periodo del governo di Niceforo III. Poi, fattosi capo del partito Ducas e adottato dall'imperatrice Maria, consorte successivamente di Michele VII e di Niceforo, si fece proclamare imperatore a Shiza (Tracia), e facilmente occupò la capitale, facendosi incoronare in Santa Sofia col giovanissimo Costantino Ducas, figlio di Michele VII (marzo 1081). All'avvento di Alessio I, l'impero bizantino pareva prossimo a scomparire. Con l'invasione selgiūqida, i Bizantini avevano perso quasi tutta l'Anatolia e le stesse città di Nicea e di Nicomedia; le provincie balcaniche erano turbate dalle incursioni dei Peceneghi, dai Polovzi, tribù mongole della Russia meridionale, e dalle aspirazioni d'indipendenza dei Croati e Serbi; a Occidente, i Normanni avevano occupato tutta l'Italia bizantina e la Sicilia, e da Bari adocchiavano la Macedonia. Nel 1081 questi ultimi erano il pericolo più urgente. Roberto il Guiscardo, d'accordo con il papa Gregorio VII, stava preparando una spedizione contro la scismatica Bisanzio: pretesto era la difesa di uno pseudo-Michele VII, rifugiatosi in Italia, e della figliuola, che Roberto aveva data, il 1075, in isposa al vero Michele VII. Nella primavera 1081 s'iniziò l'offensiva normanna. Occupata Aulona (Valona) e Corfù, Roberto assediò Durazzo. A., affidato il trono all'energica madre, accorse in Macedonia: ma gli scarsi mezzi finanziarî, le poche milizie, pur rinforzate da un corpo di 7000 ausiliarî turchi, non permisero di salvare Durazzo, arresasi il 21 febbraio 1082. Più abile nella diplomazia che nelle armi, A. riuscì, in cambio di privilegi commerciali, ad avere, contro i Normanni, l'alleanza di Venezia e, contro il papa, l'appoggio di Enrico IV. Cercò anche di far insorgere la Puglia. Cosicché, quando Roberto il Guiscardo dové tornare in Italia per soccorrere Gregorio VII, Alessio attaccò le sue genti d'arme guidate dal figlio. Boemondo, rimasto al comando delle milizie normanne, lo sconfisse presso Larissa, e lo respinse fino al mare (1083). Nel 1084 Roberto ricomparve in Macedonia, rioccupò Aulona e Corfù, sconfisse una flotta veneziana. Ma improvvisamente venne a morte (17 luglio 1085), e i figli abbandonarono l'impresa. A. poté allora rivolgere la sua attenzione ai Turchi, ne rintuzzò gli attacchi sulle coste del Mar di Marmara, iniziò l'offensiva contro Nicomedia e Nicea. Dové fronteggiare anche i minacciosi Peceneghi, e riuscì, alleato coi Polovzi, a schiacciarli sulla Marizza (1091). Poco dopo, fattisi prepotenti i Polovzi, distrusse pur essi ad Anchialo (1094). Negli stessi anni A. cercò anche d'imporsi con le armi ai varî capi serbi, come Bodin e Volkan, senza tuttavia riuscirvi appieno.
Dal 1096 l'attenzione dell'imperatore si volse tutta alle provincie orientali, ove l'intervento dei principi d'Occidente aveva determinato una situazione grave (v. crociate). Si è fatta ad A. e ai Greci tutti l'accusa di avere spinto i principi cristiani alla crociata e di averne poi provocato il fallimento. La critica moderna ha dimostrato la falsità di queste accuse. A. adottò con i Latini una politica ben chiara e coerente con le tradizioni imperiali: s'illuse, cioè, di poter volgere a pro dell'Impero il vasto movimento e servirsi dei principi, nei quali vedeva altrettanti avventurieri assoldati o vassalli, per rioccupare i territorî perduti in Oriente. Le bande di Pier l'Eremita e di Gualtieri Senzavere egli accolse e trasportò in Asia; e, contro la sua volontà, esse compirono quella marcia nell'interno, che finì con la loro distruzione. Anche i principi che giunsero a Costantinopoli nel 1096 A. ospitò e vettovagliò, promettendo di prender parte alla spedizione; ma chiese che gli giurassero fedeltà e s'impegnassero a consegnargli le terre di diritto bizantino che riuscisse loro di conquistare. Accompagnò poi i crociati sulla costa anatolica nel 1096, e partecipò con sue milizie all'assedio di Nicea. Ma quando i Latini stavano per saccheggiarla, egli l'occupò, salvandola dal saccheggio, e ricompensò i Crociati secondo l'accordo. Mentre un corpo imperiale seguiva la spedizione latina, Alessio I approfittò del turbamento dei Turchi per ricuperare tutte le coste anatoliche sull'Egeo ed in Cilicia; ma la mancanza di un'intesa coi crociati impedì il ricupero dell'altipiano centrale, che rimase in possesso dei Selgiuchidi di Iconio. Grave colpo all'alleanza franco-bizantina fu l'occupazione di Antiochia per parte di Boemondo, sebbene i crociati ne avessero promesso la restituzione all'Impero. A. approfittò delle lotte sorte fra i principi latini, e, alleato prima di Raimondo di Tolosa, poi del figlio Bertrando, riuscì ad isolare Boemondo. Ma questi riuscì a presentare l'imperatore come nemico ai Latini e come traditore. I rapporti fra A. e i crociati si fecero ancor più difficili dopo la costituzione degli stati latini di Siria, desiderosi d'indipendenza da Bisanzio. Nel 1107 Boemondo organizzò una nuova spedizione contro l'Impero e da Bari sbarcò a Durazzo; ma, bloccato e costretto a chiedere pace, dové dichiararsi vassallo dell'imperatore, che portò il confine, in Oriente, sino al Tauro. Anche Bertrando, conte di Tripoli, acconsentì ad essere vassallo imperiale. Nel 1110 e negli anni seguenti, A. riuscì a respingere nuove scorrerie turche su Nicea e Pergamo, ricuperando i territorî ad O. della linea Sinope Gangra, Ancira, Filomelio.
Attraverso tante guerre, A., con un lavoro silenzioso, minuto e continuo, era venuto riordinando lo stato. Provvide alla flotta, all'esercito, alle finanze, svolgendo una politica fiscale energica a danno della grande proprietà secolare ed ecclesiastica. Dopo avere nei primi anni bandito amici e nemici, abilmente seppe schiacciare tutte le opposizioni di corte e di parte. Tolse di mezzo il giovane collega Ducas, si liberò dell'influsso dell'imperatrice Maria Ducas e dell'invadente madre; contro la moglie e la prima figlia Anna sostenne i diritti del figlio Giovanni; scoprì e punì le numerose congiure, vecchie famiglie patrizie distruggendo, nuove famiglie devote innalzando. Così raggiunse il suo scopo di restaurare lo stato, sotto la guida di una dinastia ereditaria, e la sua organizzazione assolutistica frenò lo sviluppo delle forze che tendevano a disgregare l'Impero. Morì il 16 agosto 1118 in Costantinopoli, nel palazzo di Mangana, e fu sepolto nel monastero del Philanthropos.
Fonte principale è l'opera della figlia Anna: Alexias, ed. Reifferscheid, Lipsia 1884.
Bibl.: F. Chalandon, Essai sur le règne d'Alexis Comnène, Parigi 1900; id., in Cambridge Medieval History, IV, Cambridge 1927, cap. XI e XII; id., Histoire de la domination normande en Italie, Parigi 1907 (per i rapporti coi Normanni). Inoltre, H. Hagenmeyer, Geschichte des ersten Kreuzzuges, Insnbruck 1901.