FASULO, Alessio
Figlio di Filippo e Celidea Vinacci, nacque a Napoli il 30 dic. 1760 da famiglia di magistrati e avvocati. Coi fratelli Nicola e Giuseppe e la sorella Margherita fu giacobino e partecipò alla congiura del 1793-94 mentre era componente del corpo delle guardie reali e fu tra i rei di Stato processati nel 1794-95. Prese parte anche alla Repubblica del 1799, come tutta la famiglia; fu nominato il 25 febbraio amministratore del dipartimento del Vesuvio. Era nella lista dei capitolati dei castelli dopo il 13 giugno ma, poiché Nelson aveva stracciato la capitolazione, fu dalla giunta di Stato condannato alla relegazione a vita nell'isola di Pantelleria e alla confisca dei beni, indi alla fossa della Favignana, pena poi commutata in quella dell'estromissione dai reali domini.
Si recò in esilio a Tolone e fece probabilmente parte della legione italica costituita nel 1800 a Digione dal generale G. Lechi, al quale era stato segnalato da C. Paribelli; quest'ultimo lo raccomandò anche al ministro della Giustizia A. J. Abrial, che era stato commissario organizzatore della Repubblica a Napoli. A Parigi nel 1802 partecipò con altri esuli napoletani ad "oscure macchinazioni" (Diz. d. Risorg. naz.). Tornò a Napoli nel decennio della dominazione francese: nel 1809, contro la spedizione anglo-sicula con la quale la corte borbonica riparata in Sicilia nel 1806 tentò di riconquistare il Regno, fu a capo di una delle dodici compagnie che formavano la milizia urbana di volontari scelti fra nobili, magistrati, ufficiali e "potenti per nome e ricchezza" (Colletta) organizzata con decreto 16 giugno 1809. Prese parte alla rivoluzione del 1820: proclamata la costituzione, gli furono offerte le cariche di commissario di Polizia e quella di decurione, entrambe rifiutate. Nel 1821, dopo la sconfitta di Rieti, assistette all'ingresso degli Austriaci nella Città il 23 marzo e chiese un passaporto per la Sicilia ed uno per Malta: si recò infatti a Messina, ove giunse il 24 marzo (ma egli affermò poi di esservi giunto il 26 per dissociarsi da G. Rosaroll).
La città era centro di numerose vendite carbonare, per quanto in dissidio fra loro, e parve perciò luogo adatto a riorganizzare le truppe costituzionali: il 25 marzo i carbonari avevano infatti deciso di difendere la libertà in pericolo e si erano rivolti al generale Giuseppe Rosaroll in quanto capo della divisione militare della città ed uomo di sentimenti liberali.
Con lui il F. condivideva l'amarezza per l'ingresso degli Austriaci a Napoli e l'intenzione di difendere la costituzione in reazione all'atteggiamento non combattivo della capitale, ove solo ventisei deputati nel Parlamento il 19 marzo avevano protestato. Rosaroll accettò l'invito dei carbonari di combattere per la costituzione e, confortato dalle notizie giunte a Messina il 26 marzo sulla rivoluzione piemontese iniziata il 10 marzo, fece appello alle altre città siciliane perché si unissero a lui. Rosaroll incaricò il F. di una missione segreta. Il 27 marzo questi partì per Palermo per sondare la possibilità di riorganizzare truppe pronte a battersi contro gli Austriaci ed eventualmente disporne la marcia verso Messina. Il F. invece rifiutò, come risulta dagli atti processuali (Labate, II, p. 12), di farsi latore di una lettera ad alcuni generali, tra i quali C. Nicoletti con gli ordini, ufficiali e segreti, del Rosaroll. Si accompagnava al F., per recarsi a Trapani con simili compiti, il maggiore G. Vista, che avrebbe dovuto con gli ufficiali superiori garantire la piena fiducia dal Rosaroll posta nel F., suo rappresentante. Giunti i due a Termini, il F. fu arrestato dal tenente colonnello R. Palmieri per sospetti già esistenti sulla sua persona; perquisito, gli si trovarono addosso due proclami a stampa, uno del Rosaroll, l'altro dell'abruzzese Marino de Gregoriis, che invitavano le popolazioni del Regno ad armarsi contro gli Austriaci.
Consegnato al generale V. Nunziante, ispettore generale dell'esercito in Sicilia dal gennaio 1821, nominato luogotenente il 24 marzo con ampi poteri militari e civili, il F. fu rinchiuso nelle carceri di Palermo, e poi in quelle di Messina, in attesa del processo. Allorché infuriò la reazione, dopo il rientro del re Ferdinando a Napoli il 15 maggio 1821, cominciarono le istruzioni penali, che durarono fino al 1822, precedute da due dibattimenti, nel secondo dei quali furono imputati "di cospirazione contro la sicurezza dello Stato, di fellonia, di alto tradimento accaduto in Messina" il F., il generale Rosaroll, G. Mastrojanni, R. Villascosa, P. Buongiovanni, C. D'Amico, il maggiore Vista, V. Galletti, S. Sampognano e F. Pagano.
Il F. dalla prigione di Palermo il 29 ag. 1821 inviò al Nunziante una supplica nella quale espose le circostanze che lo avevano indotto a condividere l'azione del Rosaroll a difesa di una costituzione che era stata giurata dal re e sostenuta dal principe ereditario Francesco; in altra successiva petizione, senza data, al re Ferdinando I tuttavia ritrattò la prima versione, non facendo cenno al ruolo avuto nell'impresa del Rosaroll.
Ricordò la desolazione in cui era stata gettata la famiglia dopo il 1799, il fatto che dopo il 1815 aveva vissuto da "anacoreta", senza partecipare agli affari pubblici, sia prima sia dopo la costituzione, quando aveva rifiutato la carica di commissario di Polizia; fece presente i meriti del fratello Giuseppe e, dopo aver dichiarato "folle" (Guardione, p. 142) l'impresa costituzionale, escluse ogni suo coinvolgimento.
Giudicato in Palermo il 27 febbr. 1823 da una commissione militare e condannato a morte, ebbe dal re commutata la pena nell'ergastolo, da scontare a Santo Stefano, con la confisca dei beni, e poi in venti anni di carcere duro. Condotto a Napoli il 9 dic. 1823, ammalato, fu ricoverato nell'ospedale di S. Francesco firto al maggio 1824 e partì per l'isola in luglio. Fu liberato dopo dieci anni, nel 1831, dietro pagamento di una forte somma.
Il F. morì a Napoli poco tempo dopo.
Fonti e Bibl.: Napoli, Parrocchia di S. Maria dei Vergini, Battesimi 1760-1767, reg. XXIII, p. 34; Archivio di Stato di Napoli, Ministero Polizia, f. 446, inc. 1676; Ibid., Prefettura di Polizia, Segretariato, f. 248, inc. 101 (per gli atti del processo del 1823, nell'Archivio di Stato di Palermo e nella Bibl. prov. di Messina, cfr. i doc. in Guardione e in Labate); Napoli, Società napoletana di storia patria, Fondo Paribelli, ms. XXVI, A, 9, cc. 10v, 34-35rv; Nota dei beni confiscati ai rei di Stato, Napoli 1800, p. 85; A. Sansone, Gli avvenimenti del 1799 nelle Due Sicilie. Nuovi documenti, Palermo 1901, p. 119; C. De Nicola, Diario napoletano dal 1788 al 1825, Napoli 1906, I, pp. 272, 293; N. Palmieri, Saggio storico e politico sulla costituzione del Regno di Sicilia..., Losanna 1847, p. 428; F. Paternò Castello, Saggio storico politico sulla Sicilia..., Catania 1848, p. 222; F. Guardione, Il generale G. Rosaroll nella rivoluzione del 1820-21 in Sicilia, Palermo 1900, pp. 36 ss., 44 s., 66, 68 s., 114, 141 ss., 145; V. Labate, Un decennio di carboneria in Sicilia (1821-1831), Roma-Milano 1904-1909, I, pp. 65 s., 75, 106; II, pp. 4, 11-14, 32, 34, 37 s., 48, 50; B. Croce, La rivoluzione napol. del 1799, Bari 1912, pp. 349-51, 416; A. Simioni, Le origini del Risorgimento politico nell'Italia meridionale, Messina 1925, II, pp. 67, 187 n., 221; B. Croce, I "lazzari" negli avvenimenti del 1799, in La Critica, XXXII (1934), p. 463; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, Napoli 1969, II, p. 316 n.; Diz. del Risorgimento naz., III, p. 44.