BALDOVINETTI, Alessio (Alesso)
Nacque a Firenze, probabilmente il 14 ott. 1425, da Baldovinetto d'Alesso di Francesco dei Baldovinetti, di antica e importante famiglia; probabilmente si deve solo al suo stato di illegittimo se gli fu permesso di istruirsi nelle arti e iscriversi nella compagnia di S. Luca nel 1448. Non esistono documenti che tramandino i nomi dei suoi maestri, ma già nelle sue prime opere si scorgono influssi di Domenico Veneziano e di fra, Angelico. Con quest'ultimo il B. era certamente associato intorno al 1449, dato che collaborò alla decorazione degli sportelli dell'armadio delle argenterie della SS. Annunziata con tre scene: Le Nozze di Cana, Battesimo di Cristo, Trasfigurazione (Firenze, Museo di S. Marco). Nel 1449 cominciò un Libro di Ricordi ("Libro A"), pubblicato frammentariamente e ora perduto; in esso la prima annotazione di cui è restata notizia si riferiva a un contratto riguardante una impronta in zolfo di un niello di Maso Finiguerra. Ciò è importante non solo perche è il primo riferimento conosciuto a una impronta di zolfo, ma anche perché è la prima indicazione degli stretti contatti che il B. mantenne poi per tutta la vita con artigiani oltre che con pittori: vale a dire con incisori, vetrai, intarsiatori e mosaicisti. Infatti negli anni successivi le prime opere documentate sono due mosaici (1453, 1455) negli archi sopra le porte del Ghiberti nel battistero di Firenze. Nel 1454 il B. lavorava per Andrea del Castagno nella SS. Annunziata a un Giudizio universale ora perduto. Probabilmente in questi anni eseguì la pala d'altare, commissionata direttamente a lui, per la cappella della villa Medici a Cafaggiolo (Firenze, Uffizi), opera in cui è rintracciabile l'influsso del Castagno. Nello stesso decennio si possono collocare l'incantevole Madonna su tela nel Museo Jaquemart-André a Parigi, la graziosa Annunciazione proveniente da S. Giorgio sulla Costa (Firenze, Uffizi) e il disegno per la bellissima cornice in terracotta invetriata della tomba del vescovo Federighi di Luca della Robbia a S. Pancrazio (1459, ora in S. Trinita, Firenze). Nel 1460-61 il B. finiva gli affreschi nella cappella maggiore di S. Egidio che erano stati iniziati da Domenico Veneziano e da Piero della Francesca nel 1439-1445 e continuati da Andrea del Castagno nel 1451 (oggi di questo famoso ciclo non restano che una sinopia di Domenico e i piedi della maggior parte delle figure).
Tra l'aprile 1461 e il settembre 1462 il B. dipingeva sulla parete interna del chiostro piccolo della SS. Annunziata la sua opera più nota, la grande lunetta con la Natività. Egli sperimentò una nuova tecnica che risultò dannosa per parte della scena, senza per altro obliterare la particolare grazia del suo stile e l'incanto del paesaggio toscano sullo sfondo.
Altra opera importante fu (1467) la decorazione della cappella del cardinale di Portogallo in S. Miniato al Monte per cui il B. dipinse, sperimentando anche qui nuove combinazioni di tecniche, la bella Annunciazione (parte su tavola e parte a "fresco") e i Profeti, evangelisti e dottori della Chiesa (parte a "fresco" e parte a "secco") dalla fisionomia fortemente caratterizzata. A S. Miniato lavorarono con lui l'architetto Antonio Manetti, gli scultori Luca della Robbia e A. e B. Rossellino, e come pittori Antonio e Piero Pollaiolo, i quali si cimentarono anch'essi in nuove tecniche usando la pittura ad olio tanto su tavola quanto su parete.
Altre opere importanti del B. in questo periodo sono: la deliziosa Madonna in adorazione del Louvre e l'affascinante Ritratto di dama alla National Gallery di Londra. Il "Libro A" del B. ricordava numerosi contatti nel 1463-64 con l'architetto legnaiolo Giuliano da Maiano, il più importante dei quali si riferiva alle tarsie nella sacrestia nord del duomo di Firenze, per le quali il B. disegnò la Natività e "colorò" le teste di varie "figure intarsiate" disegnate da Finiguerra. In questo periodo (1462-68) il B. era anche saltuariamente occupato alla lunetta in mosaico col S. Giovanni Battista sopra la porta destra della facciata del duomo di Pisa; fu in rapporto (1465, 1466) anche con Benozzo Gozzoli, Domenico di Michelino e Neri di Bicci.
La prima documentazione di un lavoro del B. a vetrate proviene dal suo Libro di Ricordi alla data febbraio 1466, quando egli fornì il Lastra e Giovanni d'Andrea di un cartone per la vetrata ora perduta della cappella Gianfigliazzi a S. Trinita; probabilmente però già nel 1449 il B. aveva disegnato e dipinto la finestra della cappella Medici in S. Croce. Le vetrate documentate che furono disegnate per questi stessi vetrari, per Lucca ed Arezzo, sono andate perdute; ma si possono attribuire quasi con certezza al B. le due stupende e ben conservate vetrate della cappella dei Pazzi con il Padre Eterno e S.Andrea,nonché quella, mal ricomposta, con l'Annunciazione per la cappella Inghirami nel duomo di Prato. È stato recentemente scoperto (Salmi) che un socio anonimo del B. usò di nuovo il suo cartone per il tondo con il Padre Eterno per una vetrata già nel transetto di S. Croce (ora Museo di S. Croce).
Il B. cominciò a scrivere un secondo Libro di Ricordi (anch'esso perduto) quando, nel marzo 1469, ricevette la sua commissione più importante: la pala d'altare e la decorazione della cappella maggiore di S. Trinita per Bongianni Gianfigliazzi, che aveva già pagato la vetrata della cappella. La pala d'altare con la Trinità siconserva, alquanto deperita, nell'Accademia di Firenze, mentre nella chiesa sono leggibili solo le pitture del soffitto. Stilisticamente, le pitture Gianfigliazzi sono molto inferiori alle decorazioni di S. Miniato e insieme con la pala d'altare in S. Ambrogio (1472-73) documentano il declino della capacità d'immaginazione dell'artista.
Il B., che era sempre vissuto modestamente, nel 1479 sposò una vedova di origine patrizia e provvista di redditi cospicui: Daria de' Guadagni. Nel 1483 gli fu assicurato un provento a vita come conservatore dei mosaici del battistero fiorentino e di S. Miniato al Monte, che erano affidati in custodia all'Arte della Mercanzia, ed egli trascorse i suoi ultimi anni a restaurare questi mosaici. Morì nell'ospedale di San Paolo il 29 agosto 1499 e lasciò in eredità alle monache quanto restava dei suoi averi.
Il B. si rivela nelle sue opere migliori artista dotato e originale, nonché esecutore attento e coscienzioso. L'innocenza poetica delle figure e la gioiosa serenità dei paesaggi sono degne dei suoi contemporanei più famosi. Molti elementi del suo stile lo rendono vicino al gusto moderno. Era un ardito sperimentatore di nuovi mezzi, quali nuove preparazioni di fondi per pitture (muro secco, tavola o tela leggermente preparati), e anche, pare, di nuovi procedimenti per la doratura e per i mosaici. Tentò nuove vie anche nella concezione figurativa: preferiva schemi e forme semplicemente tridimensionali alle rappresentazioni più fedeli all'apparenza preferite dai suoi contemporanei. Contorni incisivi racchiudono masse segnate da un modellato minimo, la linea segue cadenze ritiniche ripetute dai contrasti e dagli accenti del colore: elementi di linguaggio pittorico che si coordinano in un tutto armonico e molto ben organizzato.
Alla stessa famiglia appartenne un altro pittore suo omonimo: Alesso di Francesco d'Alesso (Francesco era primo cugino del B., essendo figlio di un fratello di Baldovinetto), che fu immatricolato pittore nel 1483 e la cui moglie morì nello stesso anno (1497) di Daria moglie dei B. (v. R. W. Kennedy, 1938, p. 200 n. 4).
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