VALLEBONA, Alessandro
Nacque a Genova il 2 marzo 1899. Le fonti non riportano i nomi dei genitori.
Si laureò in medicina nel 1923 presso l'Università di Genova e ottenne la specializzazione in radiologia nel 1930. Direttore del dipartimento di radiologia dell’ospedale cittadino dal 1938, fu docente di radiologia medica all’Università di Genova dal 1944 al 1969 (Webb, 1990, pp. 11-12).
Dal 1960 al 1963 ricoprì la carica di presidente della Società italiana di radiologia medica. Fece parte della seconda generazione di studiosi di radiologia: fu infatti allievo di Vittorio Maragliano, che dal 1913 tenne a Genova una delle prime tre cattedre di radiologia ed elettroterapia in Italia, insieme a Francesco Ghilarducci a Roma e a Francesco Paolo Sgobbo a Napoli.
Vallebona è ricordato per l’invenzione della stratigrafia. Per comprenderne le caratteristiche è utile ripercorrere con le sue parole il cammino che condusse a tale risultato: «Tutti sanno che l’immagine Roentgen è costituita dalle ombre di diverse parti sovrapposte, immagine in cui predominano le rappresentazioni dei vari organi ed apparati più opachi, ma sempre, anche in questa condizione, a tali ombre se ne sovrappongono altre di parti più trasparenti e quindi essa risulta una immagine complessa nella quale non sempre si riesce a differenziare le rappresentazioni radiografiche di un determinato organo o strato. […] Se noi immaginiamo di avere un libro stampato su carta trasparente e se osserviamo questo libro chiuso per trasparenza di fronte ad una sorgente luminosa, l’immagine che risulterà dalla sovrapposizione di tutti i caratteri di stampa costituirà un’ombra molto confusa, nella quale non potranno essere riconosciuti i caratteri della stampa. Queste condizioni di osservazione rappresentano quelle della indagine Roentgen abituale» (A. Vallebona, Stratigrafia, metodo rӧntgenologico per la esplorazione analitica dei singoli strati sovrapposti, Milano 1938; cit. in Reggio, 2013, p. 53).
L’attività di ricerca di Vallebona si indirizzò subito verso il superamento dei limiti dati dalle due dimensioni della radiologia tradizionale, cercando di recuperare la terza dimensione (Hill, 2009). «Sarebbe molto vantaggioso – scrisse – avere un’immagine, per così dire, distinta da quella di tutti i vari piani e senza che l’immagine di essi si sovrapponga a quella che ci interessa. In altre parole, sarebbe un vantaggio fare con i raggi X quello che facciamo con il microscopio» (A. Vallebona - V. Maragliano, Radiography with great enlarement (micro-radiography) and a technical method for the radiographic dissociation of the shadow, in Radiology, XVII (1931), 2, pp. 340-341).
Ancora giovane, a soli 26 anni, propose un innovativo metodo di studio dello stomaco con il procedimento combinato a doppio contrasto bario-gassoso. Questa scoperta ebbe subito enorme diffusione e fu applicata anche allo studio del colon. In questo modo Vallebona riuscì ad analizzare in maniera analitica le pliche mucose e particolarmente il disegno mucoso costituito dalle piccole areole gastriche, fino ad allora non dimostrabili (Bistolfi, 2005, p. 115). Nel 1928 giunse a un altro importante risultato: la microradiografia, una nuova metodica per l’ingrandimento diretto dell’immagine radiologica.
Il suo successo più importante arrivò nel 1930 quando, il 26 febbraio, al Congresso sanitario degli ospedali civili di Genova, presentò una comunicazione dal titolo Una modalità di tecnica per la dissociazione radiografica delle ombre, riproposta al IX Congresso nazionale di radiologia, tenutosi a Torino il 20-22 maggio (A. Vallebona, Una modalità di tecnica per la dissociazione radiografica delle ombre applicata allo studio del cranio, in La radiologia medica, VII (1930), pp. 1090-1097). In quello stesso congresso tale tecnica fu denominata 'stratigrafia' dal professor Aristide Busi, che nel 1913 aveva fondato con Maragliano la Società italiana di radiologia medica. Si trattava di una metodica radiodiagnostica che, a differenza della radiografia convenzionale, era in grado di produrre immagini di singoli strati di un organo o regione anatomica, attraverso il movimento del tubo radiogeno e della lastra impressionabile o del paziente.
All’epoca erano due le tecniche con le quali Vallebona realizzava la stratigrafia. In un caso, mantenendo immobile il paziente, imprimeva un movimento di rotazione al sistema tubo-lastra su di un fulcro il cui prolungamento ideale coincideva con l’asse dello strato. Sfruttando principi di geometria proiettiva, con la pendolazione del tubo radiogeno, venivano eliminati tutti i piani al di sopra e al di sotto dello strato d’interesse. La seconda tecnica prevedeva invece che il paziente, spinto dalla mano del radiologo debitamente protetto dalle radiazioni, ruotasse intorno all’asse medesimo, mantenendo fissi il tubo radiogeno e la lastra. La stratigrafia aveva alla base complessi elementi di ottica geometrica che furono al tempo evidenziati da Stefano Bistolfi, stretto collaboratore di Vallebona (S. Bistolfi, Studio geometrico dell’immagine Rӧntgen, Bologna 1934).
Vallebona continuò i suoi studi fino a giungere nel 1947 alla realizzazione di un nuovo metodo radiografico, la radiostratigrafia assiale con radiazioni perpendicolari all’asse, che ebbe una straordinaria applicazione nella radiologia polmonare (A. Vallebona, Recents progres dans le domaine de la stratigraphie, in Acta radiologica, XLI (1954), 116, pp. 175-183). Con la stratigrafia assiale trasversa (SAT), Vallebona risolse il problema dello studio del corpo umano nella terza dimensione dello spazio e, attraverso ulteriori perfezionamenti, pose le basi per lo sviluppo della tomografia assiale computerizzata.
Le scoperte di Vallebona ebbero sin dall’inizio ampia eco a livello internazionale e nella letteratura medica, a iniziare da quella della stratigrafia nel 1930. Negli anni immediatamente successivi a tale sua scoperta, furono presentate tecniche radiologiche simili, tra le quali la planigrafia, proposta dallo studioso olandese Bernard George Ziedses des Plantes, che nel 1932 pubblicò uno scritto dal titolo Eine neue Methode zur Differenzierung in der Röntgenographie (Planigraphie) (in Acta radiologica, XIII (1932), 2, pp. 182-192). La volontà di Ziedses des Plantes di definire ‘nuova’ la sua tecnica suscitò la reazione di Vallebona, che indirizzò una lettera al direttore della rivista Radiologia medica, evidenziando come lo studioso olandese non avesse né ricordato né citato la sua scoperta, nonostante fosse stata pubblicata e recensita anche da riviste tedesche (A. Vallebona, A proposito di un nuovo metodo radiografico chiamato 'planigrafia', in Radiologia medica, XIX (1932), 8, pp. 12-13).
Oggi la paternità delle prime tecniche rivolte alla terza dimensione in radiologia è universalmente riconosciuta ad Alessandro Vallebona. La sua scoperta della stratigrafia ha però subito un cambio di denominazione quando nel 1962 fu deciso che il termine tomografia fosse il più adatto a descrivere tutti i tipi di tecniche stratigrafiche. Di fronte a tale decisione Vallebona rispose: «Non nascondo il mio rincrescimento a sacrificare il nome di stratigrafia per due ragioni: 1) perché stratigrafia è la denominazione risultata e riconosciuta più esatta e precisa, 2) perché essa è stata proposta da un nostro grande Maestro. Aristide Busi» (A. Vallebona, Lettera al direttore, in Radiologia medica, XLVIII (1962), 9, p. 926).
Morì a Genova il 1° dicembre 1987.
S. Webb, From the watching of shadows: the origins of radiological tomography, Bristol-New York 1990; F. Bistolfi, A. V. (1899-1987). Ricordo di un grande radiologo e del suo contributo allo sviluppo delle scienze radiologiche, in Fisica in medicina, II (2005), pp. 115-123; G. Cittadini, Corsi e ricorsi: dalla tomografia di V. alla tomosintesi, in Fisica in medicina, I-2 (2007), pp. 28-33; C. R. Hill, Early days of scanning: pioneers and sleepwalkers, in Radiography, XV (2009), p. e16; B. Kevles, Naked to the bone: medical imaging in the Twentieth Century, New Brunswick 1997, pp. 108-109; M. Reggio, Il controverso e tortuoso percorso verso la terza dimensione in radiologia, in Fisica in medicina, I-II (2013), pp. 53-64.