STROZZI, Alessandro
– Nacque a Firenze nel 1516 da Matteo di Lorenzo e da Maddalena di Alemanno Salviati.
Laureato in utroque allo Studio fiorentino nel 1536, dal 1526 fu canonico della cattedrale fiorentina, dal 1542 vicario capitolare e dal 1552 preposito. Inoltre, nel 1528 era stato nominato arcidiacono della Chiesa di Pisa e più tardi di quella di Pistoia. Cosimo I, la cui successione al duca Alessandro, assassinato il 6 gennaio 1537, era stata favorita da alcuni autorevoli ottimati fiorentini, tra cui Matteo Strozzi, mostrò la sua fiducia affidando al figlio numerosi incarichi, tra cui quello delicatissimo, svolto tra gennaio e giugno del 1537, di inviato a Roma per ottenere l’appoggio di Paolo III alla restaurazione del ducato e il ritiro del suo sostegno al raduno di fuorusciti fiorentini, tra cui alcuni cardinali, a Bologna, pronti a invadere la Toscana. Inizialmente fiducioso in un atteggiamento positivo del papa, avvedutosi presto dell’ambiguità della sua politica, tesa a creare uno Stato farnesiano nell’Italia centrale, e di essere in una «terra copiosa di bugie» (Archivio di Stato di Firenze, Med. del Principato, 3260, cc. 129r-130r), chiese ripetutamente di essere richiamato non volendo stare a Roma «in questo modo con sì poco mio honore» (ibid., 21 aprile 1537, c. 79r).
Nel 1549 fu conclavista del cardinale fiorentino Niccolò Gaddi; nel 1552 e di nuovo nel 1555 fu inviato insieme con Nofri Camaiani come ambasciatore presso Giulio III, ora per condolersi della morte del nipote Giovanni Battista del Monte alla Mirandola, ora per convincerlo a rafforzare la sua alleanza con l’Impero. Mantenne con lui anche un rapporto di amicizia se trascorrevano ore a giocare a ‘cent’uno’.
Fu, tuttavia, soprattutto nel difficile compito di sorvegliare e contenere l’ondata repressiva dell’Inquisizione negli anni 1551-52, a seguito delle delazioni di Pietro Manelfi (17 ottobre 1551), contro i gruppi ereticali attivi a Firenze, nei quali militavano suoi protetti, come Bartolomeo Panciatichi, che Cosimo si servì della sua collaborazione, ottenendo da Giulio III un breve del 24 dicembre 1551 che lo designava commissario inquisitoriale per il Ducato mediceo insieme con il vicario arcivescovile Niccolò Duranti e il benedettino Isidoro da Montauto, con l’incarico di affiancare l’inquisitore locale. La nomina nasceva dalla necessità del duca, da un canto, di opporsi alle accuse mosse dall’Inquisizione romana, fin dalla primavera del 1549 durante il pontificato dell’ostile Paolo III, contro le sue posizioni ereticali, nonchè quelle del suo confessore francescano Raffaele Sannini e dell’agostiniano Andrea da Volterra, le cui prediche a Firenze nel 1544 avevano suscitato non pochi sospetti, e, dall’altro, di contrastare le ingerenze romane in materie ecclesiastiche in difesa dei diritti del sovrano. La scelta di Strozzi non dipese solo dalla fiducia in lui riposta dal duca, ma anche da una condivisa ambiguità nei confronti dell’eterodossia serpeggiante in città. Ne è prova la pubblicazione a opera dello stesso Strozzi con dedica a Cosimo I nel 1544 presso i Giunti del Trattato utile... sopra la disputa della gratia et delle opere, ossia del sermone incriminato tenuto nella chiesa di S. Spirito da Andrea da Volterra, definito «uno ragionamento cristiano e utile» che magnificava i «benefizii» elargiti al cristiano dalla «grande bontà, liberalità e grazia» divine (Firpo - Marcatto, 2011, p. 167), e che procurò all’agostianiano, «huomo molto dabene et buono», stando a Strozzi, molte calunnie e fece correre voci – non si sa quanto fondate – che lo stesso Strozzi fosse stato «messo [...] alla Inquisitione per suspetto de cose de heresia» (Firpo, 1997, pp. 231 s., 234).
Poteva, quindi, contare su una certa complicità e indulgenza del commissario nei confronti dei problemi legati all’eresia, come avvenne in occasione della pubblicazione dell’indice dei libri proibiti del dicembre del 1558, la cui esecuzione fu da lui ritardata, secondo la testimonianza del gesuita Fulvio Androzzi: «qua per ancora non è publicato niente, e non vi è anco commissario sopra ciò, et m. Alessandro Strozzi, che è Inquisitore, ne ha resposto che non si impaccia di ciò» (a Giacomo Laínez, Firenze 4 febbraio 1559, in Archivum Romanum Societatis Iesu, Epist. Italiae, 1558/I, filza 111, cc. 185r-186r). Pubblicato finalmente il 15 marzo 1559, per salvare il patrimonio librario cittadino, fingendo di sottomettersi alle pretese curiali, Cosimo diede ordini che «si facesse più dimostratione che effetti» con un bel «falò per ostentatione» (Panella, 1929, pp. 13-15). La cautela del duca trovava il pieno consenso di Strozzi il quale, convinto che «l’obbedire sia bene et il moderare le indiscretioni loro sia il medesimo» (Firpo, 1997, p. 391), riteneva inopportuno imporre che «le persone in un tratto si accomodino a levare e’ libri già tanto tempo letti», che si privassero le donne delle Bibbie volgari e dei lezionari, che si rovinassero «tanti cartolari» e danneggiassero professionisti e studenti (p. 392).
Strozzi favorì nel 1547 la fondazione di un collegio della Compagnia di Gesù a Firenze, ciò che apparirebbe in contraddizione con le sue posizioni religiose solo che non si consideri che i gesuiti erano ancora lungi dall’aver assunto il ruolo di tetragoni difensori dell’ortodossia cattolica. Alle attività inquisitoriali il canonico associò dal 1541 un’intensa presenza nell’Accademia Fiorentina e la sua vasta cultura indusse Cosimo ad affidargli l’istruzione del figlio Giovanni, creato cardinale nel 1560, che accompagnò a Roma a ricevere la berretta cardinalizia. Fu forse indotto dalla propria spiritualità e dal desiderio di improntarne la religiosità del giovane che nel 1561 pubblicò a Firenze la traduzione dell’opera di Johann Tauler, Meditationi pie et divote sopra la vita et passione di Giesu Christo... Appresso alcuni essercitii di messer Nicolò Eschio [Nikolaus van Ess], ristampata a Venezia nel 1584, testi connotati dall’indeterminatezza dei contorni dottrinali e dallo slancio mistico-ascetico verso l’unione con Dio.
Il 3 aprile 1566 fu nominato vescovo della diocesi di Volterra, di cui prese possesso l’8 settembre ed ebbe particolare cura. Gli fu concesso di mantenere per sei mesi la prepositura della cattedrale di Firenze e ad vitam i benefici compatibili, che aveva accumulato in numero rilevante, mentre Pio V riservò a persona di propria scelta una pensione di 200 scudi, purché ne restassero 1000 al vescovo secondo le disposizioni tridentine.
È possibile vedere in questa promozione, da una parte, una testimonianza del riavvicinamento di Cosimo al papato in funzione dell’ottenimento del titolo granducale, dall’altra la rimozione di chi, rivestendo ancora la carica di inquisitore, non avrebbe certo approvato la concessione dell’estradizione a Roma per l’ultimo processo (26 giugno1566) di Pietro Carnesecchi, accanto al quale solo pochi anni prima Giorgio Vasari lo aveva effigiato in Palazzo Vecchio nell’affresco Clemente VII nomina cardinale il nipote Ippolito de’ Medici (Firpo, 1997, p. 378).
Morì a Firenze il 4 aprile 1568 e fu sepolto in S. Maria Novella, dove aveva edificato la cappella di S. Giacinto affidandone la decorazione ad Alessandro Allori e dove sarebbe stato ricordato con una lapide del 6 gennaio 1570 dal fratello Camillo e dai nipoti.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Med. del Principato, 3260, cc. 13r-145v (sue lettere frammiste a quelle di altri corrispondenti); S. Ammirato, Vescovi di Fiesole, di Volterra et d’Arezzo, Firenze 1637, pp. 187-189; Notizie letterarie, ed istoriche intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, Firenze 1700, pp. 143-145; F. Ughelli, Italia sacra sive de Episcopis Italiae, I, Venetiis 1717, p. 1461; G. Negri, Istoria de’ fiorentini scrittori, Ferrara 1722, pp. 24 s.; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano 1839-1846, tav. XIX; G. van Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, III, Monasterii 1923, p. 337; M. Battistini, Padre Andrea Ghetti da Volterra O.S.A., teologo oratore pedagogista. Notizie biografiche con i suoi due trattati «Sull’educazione dei figliuoli» e «Della grazia e delle opere», Firenze 1928, pp. 107 s.; A. Panella, L’introduzione a Firenze dell’Indice di Paolo IV, in Rivista storica degli archivi toscani, I (1929), pp. 11-25; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani nel principato (1537-1737), in Notizie degli archivi di Stato, XII (1952), pp. 57-106 (in partic. p. 58); Id., Gli ambasciatori toscani nel principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 6-9; A. D’Addario, Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma 1972, p. 450; A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996, p. 79; M. Firpo, Gli affreschi di Pontormo a San Lorenzo. Eresia, politica e cultura nella Firenze di Cosimo I, Torino 1997, passim; M. Firpo - D. Marcatto, Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone. Nuova edizione critica, I, Il processo d’accusa, Roma 2011, pp. 166 s., 385-387.