SCAPPI, Alessandro. –
Nacque a Bologna fra il 1571 e il 1572, figlio di Mario e di Isabella Sampieri. La famiglia apparteneva alla nobiltà senatoria, provenendo peraltro da una lucrosa attività nel commercio e nel credito.
Alessandro completò gli studi giuridici a Bologna, conseguendo la laurea il 29 gennaio 1590, e fu ammesso al Collegio cittadino dei dottori e giudici. Le relazioni romane della famiglia gli favorirono l’accesso agli uffici della Curia pontificia, fra cui il ruolo di abbreviatore ‘di parco maggiore’ al servizio della Cancelleria. Fu inoltre scelto dal cugino cardinal Antonio Facchinetti come suo auditore, e in tal veste prese parte ai conclavi del 1605 da cui furono eletti Leone XI e Paolo V.
Impegnatosi nella carriera diplomatica, nel settembre del 1607 accompagnò in Francia il nunzio Roberto Ubaldini, e vi rimase sino al 1617 al servizio del suo successore Guido Bentivoglio. A Parigi Scappi ebbe ripetuti abboccamenti riguardo a questioni cerimoniali con Richelieu, il quale lamentava il fatto che nella Nunziatura i francesi fossero trattati «con manco onore di quelli di Spagna»; fu coinvolto altresì in questioni di politica sia interna, come documenta la sollecitazione al papa di un monitorio contro i principi «malcontenti», sia internazionale, ottenendo da Richelieu la confidenza che l’alleanza fra Venezia e Grigioni «non era ben sentita» in Francia. Nel suo impegno in favore della causa romana, «infiammò» Maria de’ Medici, che in un colloquio con lui si ripromise di realizzare «qualche gran colpo» per la confessione cattolica e di «voltare le armi contro Ugonotti» (La Nunziatura..., a cura di L. De Stefani, 1863, pp. 28, 56, 161, 167). Lasciò Parigi fra marzo e aprile del 1617 con attestati di elogio («ha messo l’ufficio in reputatione [...] con la fatica et merito suo», Le istruzioni..., a cura di S. Giordano, II, 2003, p. 1046) e con l’esortazione della vedova di Enrico IV a premiarne l’attività.
Il 12 febbraio 1618 fu nominato vescovo della diocesi di Campagna e Satriano nel Regno di Napoli (la rendita annua ammontava a 1500 ducati) e ne conservò il titolo sino al 24 gennaio 1628, pur mantenendo un significativo ruolo nella politica internazionale. Gregorio XV lo nominò nunzio presso gli svizzeri, giudicandolo «in affari grandi di principi lungamente esercitato e savio [...] oltre all’usato» (Die Hauptinstruktionen..., a cura di K. Jaitner, II, 1997, p. 670). Si insediò a Lucerna nel 1621 con una retribuzione di 230 scudi mensili, più un rimborso spese una tantum di 500 scudi, e vi restò sino al 1628, spostandosi nei diversi cantoni a seconda delle esigenze.
Erano anni cruciali per la politica italiana, e la questione del controllo del corridoio di Valtellina, specialmente dopo il ‘sacro macello’ del 1620, era al cuore dello scontro ideologico e militare. Scappi tentò di ottenere accordi mediante contatti con il governatore di Milano Gómez Suárez duca di Feria, e si impegnò nell’applicazione del trattato di Lindau (30 settembre 1622) fra le Tre Leghe e l’arciduca Leopoldo d’Asburgo, e nella ricostituzione dei diritti vescovili di signoria, fondiari ed ecclesiastici della diocesi di Coira, sanzionati dai 18 articoli del 21 dicembre 1623 che recano il suo nome. Le vicende successive della guerra di Valtellina limitarono la sua attività diplomatica, ma la sua energia emerse anche nei dettagli, come risulta dalle pressioni esercitate sui cantoni cattolici perché non definissero «évangeliques» i cantoni protestanti (Forclaz, 2013), e venne ampiamente riconosciuta in una relazione del segretario della Congregazione de Propaganda Fide.
Nel 1627 il nunzio ottenne la nomina al ricco vescovado di Piacenza (la cui rendita ascendeva a 10.000 scudi). Dopo una missione a Mantova nel luglio del 1628 su incarico del papa per ottenere una tregua d’armi prima della caduta della città nelle mani degli imperiali, fece il suo ingresso a Piacenza il 25 dicembre. Gli anni a venire furono quasi interamente segnati dagli impegni di governo spirituale della diocesi.
La transizione fra la carriera diplomatica e il governo spirituale emerge anche nella dedica a Scappi (4 maggio 1628) dell’Essercitio politico del minorita Evangelista Sartonio, che vide nell’attività del prelato il simbolo vivente di un «essercitio continuo» che abbraccia il mondo secolare e quello ecclesiastico, contemplando anche le arti della simulazione e della dissimulazione (Bologna 1628, cc. A2r-[A4]r, pp. 108-112).
Durante il lungo episcopato nella città farnesiana Scappi convocò due sinodi, nel 1634 e nel 1646; le tematiche trattate spaziavano dal controllo sugli eretici e sulla stampa alle punizioni per i bestemmiatori e alla vigilanza sulla vita dei preti, con i consueti divieti di frequentare donne e di portare armi, non senza un’attenzione ai dettagli nel comportamento quotidiano («per le strade vadino con humile modestia, non curiosamente con gli occhi vagando», Synodus..., 1648, p. XIV). La vocazione diplomatica di Scappi riemerse nell’estate del 1629, quando fu incaricato da Urbano VIII di una missione a Milano nell’intento di appianare le divergenze fra le potenze europee e gli Stati italiani.
Nel 1630 Piacenza fu colpita da una violenta epidemia di peste, durante la quale Scappi perseguì un modello borromaico d’impegno religioso e civile, dimostrato anche nel corso di una processione, da lui gestita «con discretezza d’ordine e di tempo» (Poggiali, 1763, 1932, p. 61). Malgrado le frizioni fra potere laico ed ecclesiastico, il vescovo partecipò alle tappe tradizionali della vita di corte, come i battesimi amministrati ai nuovi nati di casa Farnese o anche a ebrei e turchi convertiti. Sotto il suo governo le iscrizioni al seminario passarono da 28 nel 1625 a 36 nel 1633. Le relationes ad limina non seguirono però la richiesta frequenza triennale: solo quattro sono documentate fra il 1627 e il 1653. Un tratto caratterizzante della pietà controriformistica si manifestò con la traslazione e il culto delle reliquie: venti corpi di presunti santi furono trasferiti da Cagliari fra il 1643 e il 1647, e poi riconosciuti come tali da Scappi, unitamente ad altre novanta reliquie, che incontrarono la perplessità dell’erudizione locale settecentesca.
La residenza a Piacenza fu interrotta da un soggiorno obbligato «con grande scommodo suo [...] ma sopportando ogni cosa con pazienza» (p. 162) a Broni (diocesi di Piacenza, ma fuori dallo Stato farnesiano) della durata di oltre due anni (febbraio 1642-aprile 1644), a seguito dei contrasti insorti fra i Farnese, Urbano VIII e i Barberini, di cui Scappi era ritenuto un naturale alleato. La sua residenza a Piacenza non comportò un’interruzione dei rapporti con la città d’origine e con la famiglia, come dimostrano le ricevute degli affitti riscossi negli anni Trenta e Quaranta del Seicento sui possedimenti nelle campagne bolognesi.
Morì a Piacenza il 20 giugno 1653 e fu sepolto nel duomo cittadino.
Pochi mesi dopo fu stampato un Omen et encomium di Pietro Francesco Passerini, professore di teologia morale a Piacenza, che si apriva con l’anagramma del nome (Alexander Scappius = Sal, Iudex ac Parens) e tesseva l’elogio delle sue qualità politiche e religiose, ripercorrendo la storia della famiglia e soprattutto le tappe principali della vita e dell’opera del personaggio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Scappi-Ariosti, b. 375; G.N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile dal principio di essi per tutto l’anno 1619, Bologna 1620, p. 33; Synodus dioecesana Placentiae ab illustriss. et reverendissim. DD. Alexandro Scappio, Placentiae 1648; P.M. Campi, Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, I-II, Piacenza 1651, I, pp. 181-183, 295, II, pp. 53, 207 s.; P.F. Passerini, Alexander Scappius episcopus placentinus sibi ipse ex nomine omen et encomium, Placentiae 1653; C. Poggiali, Memorie storiche di Piacenza (1763), XI, Piacenza 1932; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 346-348; La Nunziatura di Francia del cardinale Guido Bentivoglio. Lettere a Scipione Borghese, a cura di L. De Steffani, I, Firenze 1863, ad ind.; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, II, Bologna 1869, p. 143, III, 1870, pp. 220 s.; Id., I riformatori dello stato di libertà della città di Bologna dal 1394 al 1797, II, Bologna 1877, p. 17; G. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato (1628-1631), I-II, Mantova 1926, ad ind.; G. Bentivoglio, Memorie e lettere, a cura di C. Panigada, Bari 1934, p. 309; Die Hauptinstruktionen Clemens’ VIII. für die Nuntien und Legaten..., a cura di K. Jaitner, I-II, Tübingen 1984, I, p. CLXXXIII; Die Hauptinstruktionen Gregor XV. für die Nuntien und Gesandten..., a cura di K. Jaitner, I-II, Tübingen 1997, I, pp. 225 s., 230 s., 318-320; F. Ingoli, Relazione delle quattro parti del mondo, a cura di F. Tosi, Città del Vaticano 1999, p. 45; Le istruzioni generali di Paolo V ai diplomatici pontifici, 1606-1621, a cura di S. Giordano, II, Tübingen 2003, p. 1046 nota 17.
L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, XIII, Roma 1931, ad ind.; E. Ottolenghi, Storia di Piacenza dalle origini sino all’anno 1918, II, Piacenza [1947], pp. 149, 152, 164; A. Wendland, Der Nutzen der Pässe und die Gefährdung der Seelen. Spanien, Mailand und der Kampf ums Veltin (1620-1641), Zürich 1995, p. 129; U. Fink, Die Luzerner Nuntiatur, 1586-1873..., Luzern-Stuttgart 1997, pp. 359, 387; G. Pizzorusso, “Per servitio della Sacra Congregatione De Propaganda Fide”..., in Cheiron, XV (1998), 30, pp. 201-227; U. Pfister, Chiese confessionali e pratica religiosa, in Storia dei Grigioni, II, L’età moderna, Coira-Bellinzona 2000, p. 231; M. Fornasari, Istituzioni, professionisti, privati: le reti del credito nella Bologna dell’età moderna, in Bologna nell’età moderna (secoli XVI-XVIII), I, a cura di A. Prosperi, Bologna 2008, p. 822; D. Zardin, Il Seicento, in Storia della diocesi di Piacenza, III, Brescia 2010, pp. 85, 95, 97 s.; B. Forclaz, Frontières confessionnelles et politiques: la papauté et le Corps helvétique au XVIIe siècle, in Papato e politica internazionale nella prima età moderna, a cura di M.A. Visceglia, Roma 2013, p. 247.