RIBERI, Alessandro
RIBERI, Alessandro. – Nacque a Stroppo, nell’alta Val Maira, in provincia di Cuneo, il 10 aprile 1794, da Francesco Antonio, agrimensore e commerciante, e da Elisabetta Giordana.
Secondogenito, rimasto orfano della madre all’età di cinque anni, Alessandro, assieme ai fratelli Pietro Agostino, Martino e Pietro Secondo, venne affidato alle cure della nonna paterna madonna Anna Abello, sposa del notaio Petrino. I primi insegnamenti in materia di religione e morale li ricevette da uno zio sacerdote, suo omonimo. Ben presto però, assieme al fratello maggiore Pietro, destinato a una brillante carriera ecclesiastica, fu avviato agli studi superiori presso il collegio di Saluzzo.
Iscrittosi nel 1810 alla scuola medico-chirurgica dell’Università di Torino, grazie all’intervento del chirurgo saluzzese Giovanni Maria Scavini, docente alla facoltà, nel 1813 Riberi ottenne un posto gratuito al pritaneo imperiale, ex collegio delle Province, diventando allievo interno dell’ospedale maggiore S. Giovanni di Torino. Fu grazie alle esercitazioni e alle autopsie condotte nell’anfiteatro anatomico che Riberi divenne padrone delle tecniche della dissezione, impratichendosi della chirurgia.
Con il ritorno dei Savoia a Torino venne reintrodotta nell’Ateneo subalpino la separazione tra i collegi di medicina e di chirurgia, che i francesi avevano invece provveduto a riunire in un’unica scuola. Riberi optò dunque per la chirurgia, conseguendo nel 1815 la laurea, e ottenendo dopo solo un anno, per il talento dimostrato, l’aggregazione al relativo collegio. La sua netta presa di posizione a favore della riunificazione dei collegi di medicina e chirurgia, materia di discussione, furono il probabile motivo del conseguimento, nel 1817, della laurea in medicina presso l’Università di Genova.
Nominato ripetitore di chirurgia presso il collegio delle Province di Torino, nel 1820 Riberi ottenne un posto retribuito di settore anatomico e assistente presso la clinica operativa dell’ospedale S. Giovanni a fianco di Lorenzo Geri. Fu di quell’epoca la pubblicazione del suo primo trattato scientifico, dal titolo Sulla cancrena contagiosa o nosocomiale con alcuni cenni sopra una risipola contagiosa (Torino 1820). Tra i Federati, nonostante non fosse implicato nei moti del 1821, che videro protagonisti anche studenti universitari e ripetitori del collegio delle Province, aiutò diversi compromessi a fuggire in Francia attraverso le valli Stura, Maira e Varaita. Questa condotta, conosciuta alle autorità, sebbene gli alienasse le simpatie degli organi accademici, non gli impedì di proseguire nella carriera ospedaliera, con la nomina, nel 1821, a chirurgo capo assistente e incisore anatomico nell’ospedale S. Giovanni, sempre alle dipendenze di Geri.
Il 2 marzo 1825 Riberi venne nominato da Carlo Felice di Savoia chirurgo maggiore della IV compagnia delle guardie del corpo del re. All’ambita nomina, che spalancava al giovane le porte della corte, leggenda vuole che avessero contribuito i buoni uffici del ministro dell’Interno Gaspard-Jerôme Roget de Cholex, grato per i primi soccorsi che Riberi aveva prestato al figlio di questi, caduto rovinosamente da cavallo in piazza S. Carlo.
Assurto il 4 ottobre 1825 a professore sostituto di chirurgia presso l’Università di Torino, a seguito delle dimissioni di Geri, Riberi raggiunse il culmine della carriera accademica, con la nomina, il 26 settembre 1826, a professore di chirurgia operativa e di ostetricia presso l’Università di Torino. Gli anni Trenta lo videro impegnato sul fronte della didattica con la pubblicazione di diversi manuali destinati agli studenti, come le Lezioni di ostetricia (Torino 1836), il Trattato di blefarottalmo-terapia operativa (Torino 1836), gli Elementi di chirurgia operativa. Amputazioni, resecazioni e trapanazioni di ossa (Torino 1836). Ma quello fu anche il tempo degli onori tributatigli dal nuovo sovrano di Sardegna, Carlo Alberto di Savoia-Carignano, dapprima con la nomina a consulente onorario dell’ospedale Mauriziano il 28 settembre 1832, poi con il conferimento della croce di cavaliere dell’Ordine mauriziano il 20 ottobre 1837.
Con gli anni Quaranta, il legame di Riberi con Carlo Alberto e la corte si fece ancora più stretto: insignito l’8 maggio 1841 della croce di cavaliere dell’Ordine civile di Savoia ed entrato a far parte, il 23 gennaio 1842, come socio residente, della prestigiosa Accademia delle scienze di Torino, il 20 giugno 1842 Riberi divenne chirurgo della Real persona e famiglia. A quel punto, obiettivo del sovrano fu di investire il proprio medico personale di altre responsabilità, con la nomina a consigliere effettivo del Protomedicato il 27 settembre 1842 e a presidente del Consiglio superiore militare di sanità, carica equiparata al grado di generale assunta il 18 luglio 1843, allo scopo di riordinare e potenziare il corpo medico dell’esercito. ‘Eminenza grigia’ in Università e a corte, nel 1844 Riberi riuscì a favorire la riunione dei due collegi di chirurgia e medicina in un’unica facoltà, e a ottenere da Carlo Alberto, il 10 febbraio 1846, la trasformazione della privata società medico-chirurgica di Torino, di cui deteneva la presidenza, in Reale Accademia medico-chirurgica. Nel 1847 fu il primo a praticare in Italia l’anestesia del paziente con l’etere, preludio a ulteriori promozioni: la nomina a membro del Consiglio universitario di Torino (30 ottobre 1848) e a consigliere del re in seno al Consiglio superiore della pubblica istruzione (13 novembre 1848), ove sarebbe arrivato a ricoprire la carica di vicepresidente.
Eletto deputato il 27 aprile 1848 nella prima Camera subalpina per il collegio di Dronero, come medico personale del sovrano seguì da vicino le vicende della prima guerra d’indipendenza. Dopo la sconfitta di Novara, il nuovo re Vittorio Emanuele II decise di inviare Riberi a Oporto per tentare di curare l’esule e ammalato Carlo Alberto. Rimase al fianco del Savoia fino alla fine dei suoi giorni, raccogliendone sul letto di morte, il 28 luglio 1849, una grande attestazione di stima.
Nella relazione spedita a Torino sul trapasso reale, il segretario della Real casa Giovanni Michele Canna testimoniava come le ultime parole di Carlo Alberto fossero state rivolte al medico, impegnato a salvargli la vita: «Le voglio tanto bene, caro Riberi, ma muoio» (Archivio di Stato di Torino, Corte, Leg. Umberto II, I versamento, m. 46, f. 4).
La stima nei confronti di Riberi venne confermata da Vittorio Emanuele II che, il 16 ottobre 1849, lo nominò commendatore dell’Ordine mauriziano per le cure prestate al re magnanimo e poi senatore per meriti eminenti, il 20 ottobre successivo.
Sotto i governi d’Azeglio e Cavour, continuò la sua opera di riforma nei campi della sanità militare e civile: confermato alla carica di presidente del Consiglio superiore militare di sanità, fondò nel 1851 il Giornale di medicina militare, con lo scopo di migliorare l’istruzione del corpo sanitario in forza all’esercito; favorì la diffusione di gabinetti di lettura per la formazione del personale medico in divisa; istituì il laboratorio chimico-farmaceutico militare; si spese affinché i servizi veterinari e farmaceutici dell’armata fossero messi alle strette dipendenze del Consiglio medesimo. Fece altresì parte, in veste di membro straordinario, del Consiglio superiore di sanità, autore di quel codice sanitario che regolamentava non solo l’esercizio della professione medico-chirurgica, ma anche tutti i rami della pubblica igiene.
Nel 1855, sebbene si fosse prodigato invano per la salute della regina madre Maria Teresa, della regina Maria Adelaide, del duca di Genova Ferdinando – i decessi reali lo esposero a qualche critica – mantenne la fiducia di Vittorio Emanuele II che lo volle con sé nel viaggio a Parigi e Londra. Nel 1858 fondò a Torino il laboratorio-museo di anatomia patologica, primo nucleo del laboratorio Baldi e Riberi ancor oggi operativo presso l’ospedale Molinette di Torino.
Lieto per la nomina a grande ufficiale dell’Ordine mauriziano giuntagli il 2 febbraio 1860, ma amareggiato per le critiche piovutegli addosso per la morte del conte di Cavour che aveva avuto in cura – lo si accusava fin dalla lontana Inghilterra di aver ecceduto con la terapia dei salassi, sintomo dell’adesione del medico alle teorie ‘vitalistiche’ contrarie al ‘neoippocraticismo’ – Riberi si spense a Torino per ‘entero-peritonite acuta’ la sera del 18 novembre 1861.
Morto celibe, aveva nominato erede universale il nipote Antonio – avvocato e deputato, figlio del fratello Martino – devolvendo però parte delle sue cospicue sostanze in opere di beneficenza. Gli vennero tributati a Torino grandi onori, con l’apposizione di una lapide commemorativa sull’abitazione in via Po, e con l’erezione di statue e busti presso l’ospedale di S. Giovanni, il Palazzo dell’Università, l’Accademia di medicina e l’ospedale militare, intitolato al suo nome. Il 1° ottobre 1911, a cura del Corpo sanitario militare, venne inaugurato un monumento nella natia Stroppo.
Fonti e Bibl.: Sulla dispersione del carteggio e sul mito del personaggio, cfr. S. Montaldo, Un medico riformatore e innovatore: A. R., in L’Ospedale militare. Una risorsa per Torino, a cura di P.L. Bassignana, Torino 2006, pp. 47-73. Sempre utili le informazioni riportate nelle commemorazioni: tra le numerose, P. Marchiandi, Elogio necrologico del commendatore A. R., Torino 1862; G. Menonna, Nel centenario della morte di A. R., fondatore del Corpo sanitario militare, supplemento al Giornale di medicina militare, 1961, n. 3, pp. 1-43. Notizie sulle cariche si trovano in F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, Repertorio biografico dei senatori dell’Italia liberale. Senato subalpino, Napoli 2005, ad nomen. Sulla malattia di Carlo Alberto e le cure di R.: P. Gentile, Dopo la sconfitta. L’esilio portoghese di Carlo Alberto, re di Sardegna, e Umberto II, re d’Italia, in Portogallo e Piemonte. Nove secoli (XII-XX) di relazioni dinastiche e politiche, a cura di M.A. Lopes - B.A. Raviola, Roma 2014, pp. 229-242. Fondamentale per fonti e bibliografia è il profilo biografico tracciato da M.U. Dianzani, A. R.: un mito nella medicina torinese dell’800, Torino 2007.