POGGIO, Alessandro
POGGIO, Alessandro. – Nacque a Nikolaev (oggi Mykolaïv, in Ucraina) il 14/25 (data giuliana/data gregoriana) aprile 1798 da Vittorio Amedeo e da Maddalena Dadié (o Quattrocchi, dal registro battesimale della locale chiesa cattolica).
Il padre, piemontese, divenuto funzionario dello Stato russo nel 1783 come assistente medico, aveva partecipato alla guerra contro i turchi sotto il comando del generale Aleksandr Vasil´evič Suvorov e raggiunto così un rango sufficiente ad assicurargli la nobiltà ereditaria e l’acquisto di una tenuta di quasi quattrocento servi a Janovka, nel governatorato di Kiev.
Alessandro Poggio frequentò fino a tredici anni il collegio di Odessa, cui seguirono studi domestici. Nel marzo del 1814, sedicenne, prese servizio a San Pietroburgo nella riserva della guardia e pochi mesi più tardi entrò nel reggimento Preobraženskij, uno dei corpi d’élite dell’Impero, dove iniziò una rapida carriera: sottotenente nel 1818, tenente nel 1820, capitano di stato maggiore nel marzo del 1823. Troppo giovane per aver combattuto nella campagna antinapoleonica, a differenza del fratello maggiore Giuseppe che si era distinto a Borodino e poi in Europa centrale, non ebbe neanche l’esperienza dell’occupazione dell’Europa occidentale, così influente per i suoi futuri compagni di congiura. Fu comunque nell’esercito, nell’ambiente della più brillante nobiltà dell’Impero, che avvenne la sua vera formazione.
Fra il 1819 e il 1820 nacquero in lui le prime convinzioni rivoluzionarie, frutto della più tipica mescolanza politico-intellettuale di quegli anni: forti sentimenti patriottici e imbarazzo per la superiorità dei Paesi occidentali, nuova coscienza nazionale seguita all’epopea popolare del 1812, vergogna per le ambiguità della politica di Alessandro I, offesa per le concessioni liberali fatte ai soli polacchi, fascino delle idee di libertà, di cui aveva trovato conferma nella lettura dei più classici testi illuministi. A completare questo quadro, giunse infine una crescente identificazione politica con i pronunciamenti militari euromediterranei e iberoamericani.
Nella primavera del 1821 lasciò la capitale per partecipare alle grandi manovre al confine occidentale dell’Impero, esplicita minaccia russa all’Europa rivoluzionaria, e in estate accettò di entrare nel Severnoe obščestvo (Società del Nord), uno degli organismi settari sorti proprio allora dallo scioglimento di precedenti e meno operativi gruppi clandestini, che insieme allo Južnoe obščestvo (Società del Sud) costituiva il nucleo principale di quella complessa nebulosa politica solitamente chiamata movimento decabrista. Nell’estate 1822 Poggio fece ritorno con l’esercito a San Pietroburgo, dove continuò a partecipare alle riunioni della Società del Nord, per la quale nell’ottobre del 1823 presentò anche un progetto di statuto e in cui cominciò a sostenere la necessità di un’immediata eliminazione di tutta la famiglia dello zar subito dopo la presa del potere. Nominato al reggimento di fanteria del Dnepr con il grado di maggiore, a fine 1823 lasciò definitivamente la capitale e all’inizio dell’anno successivo entrò a far parte della Società del Sud, più rigidamente strutturata, più conseguentemente repubblicana e più direttamente portata all’azione.
Figura originale nel movimento decabrista per la sua provenienza da famiglia italiana e non particolarmente ricca (in quegli anni la tenuta di Janovka era già coperta di ipoteche), allo stesso tempo Poggio incarnava bene, invece, il carattere medio dei partecipanti alla congiura. Fu infatti soprattutto un elemento di raccordo tra le due principali Società e una sorta di funzionario itinerante di quella del Sud, prima che un infuocato sostenitore dell’uccisione dell’imperatore, la caratteristica che più avrebbe attirato su di lui l’attenzione degli inquirenti.
Di fronte all’inconcludenza e alle divisioni di cui era testimone, nel 1824 perse ogni fiducia nelle possibilità di successo dell’azione settaria. A riportarlo all’azione fu uno dei personaggi più noti del movimento, suo diretto superiore tanto nell’esercito di stanza in Ucraina quanto nella Società del Sud, il principe e generale Sergej Grigor′evič Volkonskij. Le loro vite si sarebbero da allora sempre più strettamente intrecciate, ma già in quella fase sotto la sua guida Poggio fu attivo nella giunta rivoluzionaria di Kamenka, nell’Ucraina meridionale, impegnata a suscitare la rivolta dei soldati della vicina colonia militare. Volkonskij gli presentò allora il colonnello Pavel Ivanovič Pestel′, il membro più radicale e conseguente di tutto il decabrismo, medaglia d’oro dopo Borodino e uno dei cinque impiccati al termine della rivolta, che nel settembre 1824 sottopose per alcuni giorni Poggio a un attento esame e lo convinse delle sue idee: dittatura del governo rivoluzionario provvisorio, spartizione delle terre, liberazione dei contadini, creazione di organi di autogoverno locale nelle campagne. Su incarico di Pestel′ egli si recò allora in varie località della Russia meridionale per sondare lo stato d’animo delle truppe e le opinioni degli ufficiali. Nuovamente sfiduciato da questa esperienza, all’inizio del 1825 cominciò a pensare di lasciare la Russia e il 31 marzo/12 aprile di quell’anno si congedò dall’esercito, con il grado di tenente colonnello. Ma a novembre morì Alessandro I, aprendo il confuso mese di interregno in cui sarebbe scoppiata la rivolta militare, inizialmente nella capitale, poi in Ucraina. Prima che ciò avvenisse, il 13/25 dicembre Pestel′ venne arrestato per delazione, indebolendo così il tentativo di pronunciamento militare che si svolse il giorno seguente sulla piazza del Senato di San Pietroburgo. Il 23 dicembre 1825/4 gennaio 1826 si riunì la giunta rivoluzionaria di Kamenka e Poggio cercò di riprendere le fila della congiura e di rilanciare l’azione della Società proponendo azioni militari che portassero alla presa di Kiev, dove intendeva porre il quartier generale degli insorti, e ancora una volta si offrì come esecutore materiale dell’assassinio dello zar. Una vera mobilitazione delle truppe non si realizzò però neanche qui, sebbene proprio in quei giorni si formasse nella zona a sud di Kiev una colonna di militari in rivolta del reggimento di fanteria di Černigov, che impegnò vari combattimenti e cercò di sollevare i contadini, ma venne definitivamente dispersa il 3/15 gennaio 1826. Negli ultimi giorni dell’anno furono prese le prime misure contro Poggio, che quello stesso 3/15 gennaio 1826 venne arrestato nella sua tenuta di Janovka e una settimana più tardi rinchiuso nella fortezza di Pietro e Paolo della capitale.
Gli interrogatori e in genere l’azione della polizia furono estremamente efficaci. Umiliati, minacciati, messi gli uni contro gli altri, tutti gli arrestati confessarono ampiamente. Anche Poggio fornì dettagliate informazioni ai suoi inquisitori (e agli storici futuri), addentrandosi come tutti nel difficile gioco del pentimento nella speranza di mostrare la diffusione e il radicamento del movimento. Al di sotto dei cinque impiccati del 13/25 luglio 1826, nel cui nome un trentennio più tardi Aleksandr Ivanovič Herzen avrebbe avviato la secolare costruzione della tradizione del movimento rivoluzionario russo, i condannati vennero suddivisi dalla commissione d’inchiesta in undici livelli, a scalare dalla maggiore alla minore pericolosità, e Poggio venne compreso nel primo di essi. Fu così condannato a morte per decapitazione, pena immediatamente commutata nei lavori forzati a vita e subito dopo, al momento dell’incoronazione di Nicola I (22 agosto/3 settembre 1826), ridotta a venti anni di lavori forzati e deportazione in Siberia. L’anno successivo venne quindi trasferito oltre il lago Bajkal, non lontano dalla Mongolia, in un apposito reclusorio per deportati a Petrovskij zavod (oggi Petrovsk-Zabajkal′skij), dove lavorò per tutti gli anni Trenta, vivendo in baracche e coltivando il proprio orto assieme a una settantina di altri condannati, tra cui lo stesso Volkonskij, anch’egli inserito nel primo livello. Redasse in quegli anni lo statuto di quel campo di detenzione parzialmente autogestito, al cui interno diede, tra l’altro, lezioni di italiano, la lingua in cui il maresciallo Suvorov parlava con sua madre, quando all’inizio del secolo veniva in visita alla famiglia a Odessa. Nel corso del decennio la condanna venne ridotta prima a quindici, poi a tredici anni, con obbligo di residenza a vita in Siberia.
Terminato di scontare la pena, nel 1839 si trasferì dunque nel villaggio di Ust′-Kuda, nel governatorato di Irkutsk, dove ritrovò anche il fratello, condannato di quarto livello, che qui sarebbe morto nel 1848 in casa Volkonskij. Trasferitosi anch’egli a Irkutsk, Alessandro Poggio si inserì attivamente nella vita della città, divenne il precettore dei figli di alcune personalità locali e fu in buoni rapporti anche con il nuovo governatore generale della regione Murav′ëv-Amurskij. Nel 1850 sposò Larisa Andreevna Smirnova (1823-1892), educatrice dell’istituto per ragazze nobili della città, con la quale ebbe una figlia, Varvara (1854-1922). Il 26 agosto/7 settembre 1856, in occasione dell’incoronazione di Alessandro II, fu infine amnistiato e gli vennero restituiti i diritti civili. Dopo essersi dedicato per due anni alla ricerca dell’oro, il 2/14 maggio 1858, a un trentennio di distanza dalla condanna, lasciò infine la Siberia per la Russia nord-occidentale e si stabilì nella tenuta di Znamenskoe del nipote, Aleksandr Osipovič Podžio, dal quale con molta difficoltà – e sostanzialmente solo grazie alla pubblicità data al caso dal Kolokol di Herzen – riuscì a ottenere anche la parte di eredità che gli spettava.
La grande svolta riformatrice di quegli anni gli diede fiducia nel nuovo zar. Convinto della necessità di liberare i contadini con la terra, si impegnò allora nella messa in pratica della legge del 1861, che comunque giudicò insufficiente. Dal settembre di quell’anno diresse la tenuta di Šukolovo, nel governatorato di Mosca, di proprietà del nipote di Volkonskij, e dal giugno 1862 all’autunno 1863 quella di Voronki, nel governatorato ucraino di Černigov, dove vivevano la moglie e la figlia del vecchio principe. Trascorso un inverno in Italia, ottenne quindi un più lungo permesso di soggiorno all’estero per motivi di salute e per fare studiare la figlia, e dalla fine del 1864 si trasferì in Svizzera. A Ginevra l’anno successivo incontrò così Herzen, con cui ebbe inizialmente buoni rapporti, presto oscurati però dai dissensi legati sia alla pubblicazione da parte del Kolokol di uno sgradevole necrologio di Volkonskij, sia più sostanzialmente allo scetticismo di Poggio verso il ‘socialismo russo’ che Herzen stava diffondendo. Critico anche verso il movimento studentesco russo di quegli anni, fino a ritenere poco serio il tentativo di attentato allo zar del 1866, dopo un breve ritorno in Russia, Poggio trascorse infine gli ultimi anni della sua vita a Firenze, dove tra il 1870 e il 1873 continuò a scrivere le sue riflessioni memorialistiche (Zapiski), rimaste incompiute.
Simpatia per la nuova Italia liberale e avversione per la Francia di Napoleone III e la Germania di Bismarck si intrecciavano in lui, in questi anni, con una visione estremamente pessimistica della storia russa. Per quanto dalle sue ultime lettere emergesse l’aspirazione alla trasformazione dell’Impero in uno Stato industriale moderno, indipendente e originale, la Russia gli appariva infatti immobile, immersa nel conservatorismo contadino, vera base dell’autocrazia.
Malato, tornò in patria e il 6/18 giugno 1873 morì nella tenuta di Voronki, dove per sua volontà testamentaria venne sepolto accanto al principe Volkonskij.
Fonti e Bibl.: L’intero fascicolo processuale di Alessandro Poggio è stato pubblicato in Central′nyj gosudarstvennyj istoričeskij archiv SSSR, Vosstanie dekabristov, Dokumenty, XI, a cura di M.V. Nečkina, Moskva 1954. I suoi Zapiski hanno avuto quattro edizioni a partire dal 1913, ma la prima a essere basata sul manoscritto originale e non sulla trascrizione fattane dalla figlia è in A.V. Podžio, Zapiski, Pis′ma, Irkutsk 1989, che pubblica anche per la prima volta un’ampia scelta delle sue lettere.
F. Venturi, Il moto decabrista e i fratelli Poggio, Torino 1956; N.P. Matchanova, Dekabrist A.V. Podžio v 50-60-e gg. XIX v., in L.M. Goriuškin, Političeskie ssyl′nye v Sibirii (XVIII - načalo XX v.), Novosibirsk 1983, pp. 123-136; N.P. Matchanova, Dekabrist Aleksandr Viktorovič Podžio, in A.V. Podžio, Zapiski, cit., pp. 3-64.