PIERONI, Alessandro
– Nacque il 18 aprile 1550 a Impruneta (Firenze), secondo quanto emerso da recenti ricerche; benché la sua nascita sia ignorata dalle fonti, è citato fin dai primi documenti come «Lessando dalla Improneta» e risulta figlio primogenito di Monna Gostanza, morta a Firenze nel 1588, e del legnaiolo Benedetto di Girolamo dall’Impruneta, morto a Firenze nel 1591 (Bastogi, 2012, pp. 28, 49 nota 7).
Privo di una biografia antica, Pieroni, che fu pittore, disegnatore di arredi e apparati effimeri, architetto, ingegnere e, infine, responsabile di importanti cantieri toscani per il granduca Ferdinando I de’ Medici, deve probabilmente la scarsa fortuna critica anche alla sua attività in campi diversi e al ruolo di stretto collaboratore di personalità di primo piano come Alessandro Allori, Bernardo Buontalenti, don Giovanni de’ Medici, svolto per gran parte della sua vita. Se si deve a Colnaghi (1928, pp. 214 s.) il primo regesto documentario, è merito della storiografia recente, a partire da Simona Lecchini Giovannoni (1991b), una ricostruzione più completa della sua opera e della poliedrica personalità, e una riconsiderazione critica del suo ruolo.
Pieroni giunse presto a Firenze a seguito del padre, che ebbe in San Felice in piazza la sua bottega di legnaiolo, nella quale continuarono a essere operosi i fratelli di Alessandro, Girolamo e Camillo (Bastogi, 2012, p. 29). Se lì poté acquisire elementi utili ai ruoli di direzione tecnica che rivestì in seguito, Pieroni ebbe una formazione come pittore nella bottega di Agnolo Tori detto il Bronzino, dove si trovava già nel 1570, al tempo della sua immatricolazione all’Accademia del Disegno, documentata il 21 maggio di quell’anno (Zangheri, 2000, p. 256). Tra il 1570 e il 1573, con altri collaboratori del Bronzino fra cui Giovanni Bizzelli, del quale risulta «compagno», eseguì i decori a fresco, perduti, della cappella e della 'stufa' nella villa di Alamanno e Jacopo Salviati al Ponte alla Badia (Archivio Salviati 1987, pp. 38, 50; Lusoli, 2013, p. 198). Nella bottega del maestro frequentò altri giovani allievi, fra i quali Alessandro Allori, di cui divenne uno dei più fidati collaboratori quando, alla morte del Bronzino nel 1572, Allori stesso ne ereditò la bottega, all’interno della quale Pieroni è documentato per tutti gli anni Settanta e Ottanta del Cinquecento (Supino, 1908), quando partecipò alle maggiori imprese decorative e rivestì un ruolo organizzativo importante quale uomo di fiducia di Allori. Nel 1574 lavorò agli apparati funebri per Cosimo I de’ Medici in San Lorenzo (Borsook, 1965-1966, p. 45 nota 7) e dal 1573 al 1582 collaborò alla decorazione ad affresco del Palazzo Salviati di città, intervenendo in diversi fregi, fra cui quello, perduto, della grotta, dove nel 1576 dipinse a monocromo «più animali» (Gregori, 1982, pp. 249-280; 294-299). Risulta, inoltre, impegnato negli affreschi del salone della Villa Medicea di Poggio a Caiano (1578-1581); nelle decorazioni a grottesca del corridoio di Levante degli Uffizi (1581); nei cartoni per gli arazzi, fra cui quelli per Santa Maria Maggiore a Bergamo (Supino, 1919, pp. 14, 27, 30-31; Lecchini Giovannoni, 1991a, pp. 248-250, 256 s., 263 s.); negli affreschi dell’ospedale di Santa Maria Nuova (1575-1586), per i quali la critica ha ipotizzato un intervento del solo Pieroni nell’esecuzione nel 1577 delle figure dell’affresco, ora staccato, con Cristo e la Samaritana per il chiostro (Lecchini Giovannoni, 1991a, p. 240).
Degli stessi anni dovette essere anche la formazione di Pieroni come ingegnere e architetto, probabilmente sia tramite lo stesso Allori, sia in relazione con Bernardo Buontalenti. Nell’ambito dei lavori di ampliamento di Palazzo Salviati eseguì, nel 1578, un disegno con la pianta dei condotti che alimentavano la grotta e il giardino, per il quale fu pagato autonomamente (Karwaka Codini - Sbrilli, 1993, pp. 6 s.), e già in un documento del 1580 si cita Alessandro Pieroni, a Livorno col Buontalenti, come «giovane bravo che [Bernardo] si tira su per ingegnere» (Ferretti, 2012, pp. 74, 91 nota 15).
Se assai arduo è circoscrivere il contributo di Pieroni in queste grandi imprese, rare sono anche le sue opere pittoriche autonome, anch’esse nate per lo più sotto l’egida di Allori. Del 1581 è il primo dipinto pervenuto, eseguito per la cappella di S. Giovanni Gualberto nella Badia di S. Michele a Passignano: la tela con San Giovanni Gualberto perdona e converte l’uccisore di suo fratello, sulla parete sinistra (Supino, 1908, pp. 14, 25).
La pala si distingue per un intento di devota semplificazione compositiva e formale, dai toni di ingenuo arcaismo e dalla vivace cromia, non esente dall’influenza della pittura controriformistica di Santi di Tito ma ancora di rimando bronzinesco nella meticolosa attenzione ai particolari e alla resa ottica delle superfici, e nelle tipologie delle figure aggiornate sui modelli di Allori, responsabile della decorazione della cappella (Lecchini Giovannoni, 1991b, pp. 323 s.; Bastogi, 2012, pp. 34-36).
Nel 1585 Pieroni eseguì uno dei ritratti medicei della serie aulica: la copia del Cosimo de’ Medici Pater Patriae del Pontormo, agli Uffizi (L. Goldenberg Stoppato, in Alessandro Pieroni, 2012, pp. 108-110, n. 2). Nel 1588 è, infine, documentata (A. Matteoli, in Livorno e Pisa, 1980, pp. 340 s.) l’esecuzione di una delle tele a monocromo per l’apparato allestito nella chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano a Pisa per la visita del granduca Ferdinando I, da identificare con Santo Stefano papa distribuisce la comunione nelle catacombe di Lucina, ancora in loco (R. Contini, in Pittura a Pisa, 1992, pp. 165-167). Alla fine degli anni Ottanta Pieroni lavorò ad altri apparati effimeri e scenografie teatrali, genere a cui si era dedicato nel 1582 con l’allestimento di una commedia per i Salviati. Per le nozze granducali del 1589 eseguì una tela a monocromo per l’apparato di Porta al Prato, progettato da Allori, con La rotta di Mantova di Gian Galezzo Visconti, documentata da un’incisione nel volume della Descrizione degli archi di Raffaello Gualterotti (1589). Nella stessa occasione collaborò con Buontalenti alla messa in scena della commedia La Pellegrina, dipingendo una Prospettiva, mentre nel 1600 prese parte agli allestimenti della commedia Il rapimento di Cefalo per le nozze di Maria de’ Medici (Saslow, 1996, pp. 182, 290 nota 15; Bastogi, 2012, p. 39, 136-138, n. 12). Fra le opere attribuite a Pieroni (Lecchini Giovannoni, 1991b) vi è la decorazione ad affresco dell’abside del Cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella, del 1592, con la Battaglia di Re Ramiro, Santi, e Storie di san Giacomo; ciclo, tuttavia, recentemente ricondotto all’intervento di più artisti sotto la guida di Allori, che eseguì la pala d’altare, nel quale a Pieroni spetterebbero alcune figure di Santi (Bastogi, 2012, pp. 41-45). D’altro canto è proprio tra il 1589 e il 1590, che sembrano diradare la collaborazione di Pieroni con Allori e il suo impegno nella pittura, in parallelo al consolidarsi della sua attività in campo architettonico con l’inizio di uno stretto rapporto con don Giovanni de’ Medici, figura poliedrica di uomo d’arme e 'intendente d’architettura' implicato nei maggiori progetti architettonici promossi dal nuovo granduca Ferdinando I.
Risulta difficile definire il contributo dell’una o dell’altra personalità nell’ambito di uno stretto sodalizio: gli ultimi studi riconoscono a Pieroni un ruolo di traduzione grafica di idee e indirizzi maturati grazie alle competenze tecniche e militari di don Giovanni (Ferretti, 2012). Il tipo di collaborazione fra i due personaggi – l’uomo d’arme e l’artista esperto nell’arte prospettica e nel disegno di architettura – è molto diffusa nell’Italia del Cinquecento (Brunetti, 2006) ed è stata ben illustrata da Vasari a proposito del legame tra Ferrante Gonzaga e il pittore architetto Domenico Giunti da Prato: «Essendo poi fatto don Ferrante Gonzaga vicerè di Sicilia, e desiderando per fortificare i luoghi di quel regno d’avere appresso di sé un uomo che disegnasse e gli mettesse in carta tutto ciò che giornalmente andava pensando; scrisse a don Martino che gli provvedesse un giovane che in ciò sapesse e potesse servirlo [Domenico Giunti]» (1881, VI, p. 27).
Dal 1590 partecipò con Giovanni de' Medici al concorso per la nuova facciata della cattedrale di Santa Maria del Fiore, per il cui progetto rimangono un modello ligneo e alcuni disegni attribuiti a Pieroni (Morrogh, 1994, p. 581, n. 250; Bevilacqua, 2015, pp. 190 s.). Nello stesso anno fu a fianco di don Giovanni nei cantieri della Fortezza Nuova di Livorno e della Fortezza del Belvedere a Firenze (cfr. Mazzanti, 2006). Alcuni fogli conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna documentano i sopralluoghi di Pieroni, tra il 1594 e il 1595, su alcune fortezze dello stato mediceo (Ferretti, 2012, pp. 75 s.). Tra il 1592 e il 1594 aveva partecipato alle prime fasi del progetto della cappella dei Principi, con la redazione di alcuni disegni. Dopo l’incendio del 1595 nella Cattedrale di Pisa, fu protagonista al fianco di don Giovanni di numerosi interventi, documentati anche da un importante corpus grafico da cui emerge una vicinanza all’espressività del primo Dosio, ovvero a quel peculiare linearismo con cui già Vasari aveva interpretato la lezione michelangiolesca (Ferretti, 2012, p. 84).
Questo intervento preannunciava un ruolo maggiormente autonomo di Pieroni come architetto e un avanzamento nell’organigramma della corte granducale, nei cui ruoli Pieroni appare come stipendiato dal 1599, fra i «diversi uomini d’architettura, Pittura e altri Magisteri», con un compenso maggiore per «quando va fuori» (Bastogi, 2012, p. 47) e culmina con la nomina dal 1597 fino alla morte, ad 'architetto della Fabbrica di Livorno'.
Si trattò di un incarico estremamente importante, creato dal granduca per governare in modo organico e unitario le decine di cantieri – civili e religiosi – aperti nella nuova città. L’ascesa di Pieroni sembra legata anche al ridimensionamento del ruolo di Buontalenti alla corte di Ferdinando I: dopo aver dominato incontrastato in ogni angolo del Granducato con Francesco I, Bernardo non costruì lo stesso rapporto fiduciario con il suo successore.
A Pisa Pieroni assunse la guida del cantiere della chiesa vasariana dei Cavalieri di Santo Stefano, progettando con don Giovanni la facciata. Elaborò, inoltre, soluzioni per il 'coro dei militi' e progettò, tra il 1602 e il 1603, il grandioso soffitto ligneo per il quale rimangono anche numerosi disegni di grande qualità grafica ed eleganza ornamentale (cfr. Henneberg, 1991 e 1996; Paliaga, 1989, pp. 82 s.). Nel 1603 si colloca anche il progetto per la cappella Corsini al Carmine di Firenze e, nel 1606, la cappella Inghirami nel Duomo di Volterra, completata da Giovanni Caccini dopo la sua morte. In più occasioni, Pieroni dispiegò la sua abilità di disegnatore anche su scala territoriale (Ferretti, 2012). Nell’ambito delle sue mansioni di architetto della Fabbrica di Livorno, Pieroni ebbe un ruolo determinante nel completamento del grandioso Duomo e nel disegno delle logge della Piazza d’Armi.
Nel grande cantiere della Cattedrale livornese torna la questione del ruolo avuto da don Giovanni in rapporto alla figura di Pieroni (Frattarelli Fischer, 2007, pp. 15-16): la facciata del Duomo di Livorno richiama il linearismo del fronte della chiesa stefaniana, in una versione che esplora esiti ancora più astratti e ambisce a valorizzare le valenze materiche del marmo bianco. Del resto, la soluzione del portico d’ingresso, caratterizzato in questo caso da contratte serliane, e l’estrema sobrietà decorativa rimandano a una serie di chiese costruite per volontà di Ferdinando I in varie parti della Toscana, quasi un contraltare ‘religioso’ rispetto alla koinè architettonica diffusa nel territorio con le ville medicee, nell’ottica di un sentito e ricercato neo-quattrocentismo (Ferretti, 2003).
Proprio a Livorno Pieroni morì il 24 luglio 1607. Dei figli Giovanni, Pellegrino e Francesco, solo il primogenito, oltre a ereditarne la casa in via Maggio, ne proseguì la professione di architetto.
Fonti e Bibl.: C. Pini - G. Milanesi, La scrittura di artisti italiani dei secoli XIV-XVI, III, Roma 1876, n. 230; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte da documenti pisani, Pisa 1898, pp. 11-20; I.B. Supino, I ricordi di Alessandro Allori (1579-1584), Firenze 1908, pp. 14, 16, 23, 25, 27, 31; D.E. Colnaghi, A dictionary of Florentine Painters from the 13th to the 17th Centuries, London 1928 (Firenze 1986), pp. 214 s.; E. Borsook, Art and politics at the Medici Court, I, The funeral of Cosimo I de' Medici, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XII (1965-1966), 1-2, p. 45, nota 77; A. Matteoli - F. Paliaga, I cicli pittorici della chiesa dei Cavalieri di S. Stefano, in Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici (catal., Pisa-Livorno), Pisa 1980, pp. 327-341; M. Gregori, Il Palazzo Portinari Salviati, in Banca Toscana. Storia e collezione, Firenze 1982, pp. 247-280, 294-299; Disegni di architetti fiorentini, 1540-1640 (catal., Firenze), a cura di A. Morrogh, Firenze 1985, ad ind.; Archivio Salviati: documenti sui beni immobiliari dei Salviati; palazzi, ville, feudi; piante del territorio (catal., Pisa), a cura di E. Karwacka Codini - M. Sbrilli, Pisa 1987, p. 16; S. Mamone, Firenze e Parigi: due capitali dello spettacolo per una regina, Maria de’ Medici, Cinisello Balsamo, Milano 1987, pp. 24, 81, 83; F. Paliaga, Maestri legnaioli al servizio dell'Ordine dei cavalieri di Santo Stefano 1562-1737, in Quaderni Stefaniani, VIII (1989), pp. 82 s.; S. Lecchini Giovannoni, Alessandro Allori, Torino 1991a; Ead., Per Alessandro Pieroni: una proposta per la decorazione cinquecentesca dell’abside del cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella a Firenze, in Studi di Storia dell’Arte, II, 1991b, pp. 321-338; J. von Henneberg, The Church of Santo Stefano dei Cavalieri in Pisa: new drawings, in Antichità viva, XXX (1991), 1-2, pp. 33-42; F. Paliaga, La produzione dei soffitti lignei a Pisa nel Seicento, ibid., 4-5, pp. 24-32; R. Contini, Pisa e i non pisani: un’antologia pittorica, in R.P. Ciardi - R. Contini - G. Papi, Pittura a Pisa tra manierismo e barocco, Pisa 1992, pp. 165-167; J. von Henneberg - F. Paliaga, I restauri del duomo di Pisa fra Cinque e Seicento, in Bollettino d’Arte, LXXVII (1992), 76, pp. 31-52; E. Karwaka Codini - M. Sbrilli, Piante e disegni dell’Archivio Salviati, Pisa 1993, pp. 6 s.; A. Morrogh, in Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo (cat.), a cura di H. Millon - V. Magnano Lampugnani, Milano 1994, pp. 581 s., nn. 250-252; J. von Henneberg, Architetural drawings of the late italian Renaissance: the collection of Pier Leone Ghezzi in the Vaticn Library (Cod. Ottob. Lat. 3110), Città del Vaticano 1996; J.M. Saslow, The Medici wedding of 1589: Florentine festival as Theatrum Mundi, New Haven 1996, pp. 182, 290 nota 15; L. Zangheri, Gli Accademici del disegno. Elenco alfabetico, Firenze 2000, p. 256; M.C. Fabbri, Alessandro Allori e la sua bottega per lo Spedale di Santa Maria Nuova, in Il patrimonio artistico dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, a cura di C. De Benedictis, Firenze 2002, pp. 165-179; A. Padoa Rizzo, Iconografia di san Giovanni Gualberto: la pittura in Toscana, Vallombrosa 2002, p. 118; E. Ferretti, Per un itinerario dei santuari mariani nella Toscana di primo Seicento, in Il popolo di Dio e le sue paure, presentazione di A. Benvenuti - I. Moretti, a cura di E. Ferretti, Firenze 2003, pp. 7-22; O. Brunetti, A difesa dell'impero. Pratica architettonica e dibattito teorico nel Viceregno di Napoli nel Cinquecento, Galatina 2006; B. Mazzanti, La difesa di Firenze nel secondo Cinquecento e la «nova fortezza di Belvedere», in Castellum, XLVIII (2006), pp. 53-72; L. Frattarelli - Fischer, La costruzione, in Duomo di Livorno. Arte e devozione, a cura di M.T. Lazzarini - F. Paliaga, Pisa 2007, pp. 9-18; Alessandro Pieroni dall’Impruneta e i pittori della Loggia degli Uffizi (catal., Impruneta), a cura di A. Bernacchioni, Firenze 2012; N. Bastogi, Per una ricostruzione della biografia e dell’attività pittorica di Alessandro Pieroni, ibid., pp. 27-50; E. Ferretti, Alessandro Pieroni, don Giovanni de’ Medici e Ferdinando I: architettura e città in Toscana fra Cinquecento e Seicento, ibid., pp. 71-93; M. Lusoli, Villa Salviati del Ponte alla Badia, tesi di dottorato, Università di Firenze, XXIII ciclo, 2013; M. Bevilacqua, I progetti per la facciata di Santa Maria del Fiore (1585-1645). Architettura a Firenze tra Rinascimento e Barocco, Firenze 2015.