PERTINI, Alessandro (Sandro)
Uomo politico e giornalista, nato a Stella Ligure (Savona) il 25 settembre 1896. Dottore in legge (Modena) e in scienze sociali (Firenze), partecipò giovanissimo alla prima guerra mondiale come tenente dei mitraglieri. Iscrittosi nel 1924 al Partito socialista unitario (PSU), svolse un'intensa attività organizzativa che proseguì anche dopo l'avvento del fascismo. All'esigenza di avversare l'egemonia del fascismo con la testimonianza di una presenza democratica e libertaria, il giovane socialista, al pari di altri giovani della sua generazione come i Rosselli, P. Gobetti e A. Gramsci, uniformò la sua attività negli anni del carcere, del confino e della Resistenza. L'intransigenza antifascista maturò come conseguenza al fallimento della politica dell'Aventino: il carcere costituiva l'unica forma di opposizione allora realizzabile. E con questo spirito P. affrontò nel 1925 il primo processo per aver redatto e diffuso un opuscolo antifascista.
Dopo la prima condanna e dopo aver subito numerose rappresaglie, nel 1926, dopo l'attentato Zaniboni, P. fu costretto a rifugiarsi a Milano presso C. Rosselli; qui venne informato del progetto di espatrio di Turati, al quale collaborò direttamente. Venne poi scelto quale compagno di viaggio del leader socialista anche perché si era ormai perfezionata la sua condanna a cinque anni di confino. Emigrato in Francia, fu processato due volte per attività politica.
Successivamente la necessità di mantenere il contatto diretto con l'opinione italiana e il frutto di trent'anni d'attività socialista tra le masse giovanili e operaie, determinò in P. la decisione di rientrare in Italia. Munito di passaporto falso, riconosciuto e arrestato nel 1929, venne condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello stato a undici anni di reclusione, scontandone sette. Nonostante l'iniziale duro regime di segregazione a Santo Stefano e le inevitabili conseguenze sulla salute fisica, P. mantenne coerentemente la propria linea di condotta fatta d'intransigente antifascismo e di rivendicazione dei pur pochi diritti riconosciuti ai carcerati. Nel 1931, a seguito della campagna di stampa internazionale, venne trasferito da Santo Stefano a Turi dove incontrò Gramsci e altri detenuti politici, tutti di matrice ideologica comunista: in quegli anni, caratterizzati dall'aspra polemica tra comunisti e socialisti, P., pur mantenendo fermamente le proprie posizioni, strinse amichevoli rapporti con Gramsci basati sulla reciproca stima. Sempre in questi anni, P. rifiutò la domanda di grazia, presentata dall'anziana madre dietro pressione degli amici di lui, preoccupati per lo stato della sua salute. Scarcerato da Pianosa nel 1935, dove aveva subito un ulteriore processo e relativa condanna, fu assegnato al confino di polizia a Ponza. Avendo perorato i diritti dei detenuti, fu sottoposto a Napoli a un altro processo. Al termine del periodo di confino, giudicato individuo pericolosissimo, fu assegnato nuovamente al confino, prima alle Tremiti quindi a Ventotene, dove erano riuniti quasi tutti i maggiori esponenti dell'antifascismo militante. Nel 1940, al termine di questo secondo periodo, venne di nuovo assegnato al confino dove rimase fino al 1943, quando con la caduta di Mussolini tutti i confinati vennero liberati.
Giunto a Roma nell'agosto 1943, con P. Nenni e G. Saragat costituì il primo comitato esecutivo del Partito socialista e partecipò alla costituzione d'una forza armata clandestina antitedesca. Il 30 agosto entrò, come rappresentante socialista, nel comitato militare interpartitico composto da R. Bauer per il Partito d'azione e L. Longo per il Partito comunista. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 prese parte alla difesa di Roma a Porta San Paolo e per l'eroico comportamento verrà poi (1958) insignito della medaglia d'oro al valor militare per meriti partigiani. Animatore e capo dell'organizzazione militare del Partito socialista per l'Italia centrale, rappresentò il partito nel Comitato di liberazione nazionale. Arrestato a Roma nell'ottobre 1943 e consegnato alle autorità germaniche venne condannato, insieme con G. Saragat, a morte. Liberato dai compagni di lotta da Regina Coeli, dopo una breve permanenza a Roma si spostò a Milano, dove assunse la carica di segretario del partito per l'Alta Italia e di rappresentante dello stesso nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI). Dopo numerosi viaggi tra Trieste, Venezia, Bologna e Genova per coordinare, stimolare e potenziare la stampa clandestina, venne richiamato a Roma da Nenni. A Firenze partecipò all'insurrezione contro i tedeschi e dopo una breve sosta a Roma rientrò avventurosamente al Nord dove, assieme a L. Valiani e L. Longo, fece parte del comitato insurrezionale costituito dal CLNAI (marzo 1944). Segretario del Partito socialista dall'aprile al dicembre 1945, fu membro della direzione fino al 1948. Eletto deputato alla Costituente (1946), fu direttore dell'Avanti! (1946-47, 1949-51) e del Lavoro nuovo di Genova (1947). Eletto in tutte le consultazioni elettorali, membro delle commissioni Interni e Affari Costituzionali, dopo le elezioni del maggio 1968 e del maggio 1972, fu eletto presidente della Camera dei deputati, tenendo l'alta carica sino al luglio 1976 con ammirevole fermezza e indipendenza di giudizio. Dimessosi G. Leone il 15 giugno 1978, il nome di P. è stato incluso dal Partito socialista nella rosa degli eleggibili: dopo nove giorni di scrutini e di trattative fra i partiti, è stato eletto (8 luglio 1978) settimo presidente della Repubblica con 832 voti su 995.
Bibl.: S. Pertini, La fuga di Filippo Turati, in Trent'anni di storia italiana, Torino 1961, p. 195; V. Faggi, Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni, pref. di G. Saragat, Milano 1970.